Capitolo Ventuno

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Louis era steso sul soffice materasso del suo letto, raggomitolato in una piccola palla. Fissava immobile la sua stanza, non vedendo niente se non ricordi tormentati del passato, e l'incubo che era il presente.

"Sapevo che Tomlinson fosse un completo frocio. Era troppo femminuccia per essere etero."

Quelle furono le parole con cui il ragazzo dagli occhi blu fu accolto dopo essere venuto allo scoperto ai suoi compagni di classe quando aveva quattordici anni. Lo avevano provocato senza sosta quando si era rifiutato di prendere in giro un personaggio gay di uno show televisivo. Aveva pregato loro di lasciarlo in pace se gli avesse detto la verità. Le sue preghiere non furono ascoltate, tuttavia; scoprì poi che quello era solo l'inizio.

"Quel perdente è disgustoso. Il frocio mi ha davvero baciato ed ora non posso nemmeno guardarlo senza rischiare di vomitare."

Quella fu la frase che Louis sentì dire dal suo migliore amico al gruppo di ragazzi che lo avevano poi umiliato alla festa. Il tono di scherno e le parole crudeli che sputò Stan lasciarono l'amaro in bocca a Louis. Il suo cuore andò completamente in pezzi quando sentì il ragazzo prendersi gioco di lui. Lacrime salate bruciarono i suoi occhi mentre correva tra i ragazzi ubriachi e poi fuori da quella casa; lontano dalla festa, lontano da Stan, e lontano dalle risate derisorie che non accennavano ad abbandonare le sue orecchie.

Nonostante avesse corso il più velocemente possibile, considerando le sue gambe corte, non riusciva a togliersi dalla testa quelle risate. Aveva rallentato di botto; le gambe brucianti per lo sforzo ed i polmoni a protestare. Fu in quel momento che capì perché riusciva a sentire ancora le sonore risate dei suoi bulli; lo avevano seguito. Louis si voltò impaurito, notando Stan e le persone con cui aveva parlato.

Si permise di prendere un respiro profondo per prepararsi a ciò che era sicuro sarebbe accaduto di lì a poco; parole d'odio e colpi dolorosi. Ma quando il ragazzo osservò i loro occhi e li vide davvero, sentì un brivido percorrergli l'intero corpo. Non lo stavano guardando come facevano di solito. Lo fissavano come se fosse stata la loro preda.

Louis non sarebbe mai stato capace di cancellare il ricordo di quella notte dalla sua mente. Ogni volta che chiudeva gli occhi riusciva ancora a vedere i ghigni malvagi stampati sulle loro facce mentre lo circondavano, opprimendolo. Riusciva ancora a sentire ogni singolo colpo inflittogli. Quei suoni erano un mormorio costante che semplicemente gli impedivano di dimenticare.

"Dillo, non sei altro che un frocio."

Queste furono le prime parole che i suoi crudeli tormentatori lo costrinsero a dire mentre continuavano ad assestare pugni su quella che pareva essere ogni singola parte del suo corpo.

"Dicci che ti piace prenderlo in culo."

Quella fu la seconda frase che gli comandarono di dire. A quel punto Louis cominciava già a perdere conoscenza. Il monto attorno a lui girava vorticosamente ed iniziò a non riuscire più a pensare. Finché non sentì un freddo, affilato coltello sfiorargli la gola ed il terrore sopraffò completamente la sua mente confusa inducendolo finalmente a pensare. Si ritrovò a singhiozzare mentre cercava di pronunciare quelle parole terribili.

Il piccolo ragazzo trovava difficile ricordare ciò che successe dopo. Riusciva a rammentare solo altro dolore e parole viscide mischiati insieme rendendogli impossibile decifrare gli avvenimenti. Ricordava il suono di passi che correvano via da lui sul terreno duro e freddo; e poi, il mondo diventare buio.

Si era svegliato grazie al suono ritmico di un bip. Le luci accecanti e le mura bianche gli ferirono gli occhi. Gli servì del tempo prima di capire di essere in una stanza d'ospedale; i macchinari davano un'idea. Nessuno era lì a salutarlo. Fu solo ore dopo quando il padre fece la sua comparsa. Invece di mostrare amore e preoccupazione, chiese spiegazioni. Voleva sapere perché suo figlio era stato lasciato a morire su un marciapiede. Così Louis scoppiò a piangere e gli disse tutto. Gli raccontò della sua sessualità, dei bulli a scuola, tutto ciò che era successo con Stan, e dell'attacco subito che lo aveva lasciato incosciente per due settimane.

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