Pericoloso

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Era bello persino in quel modo. Sì, forse ero patetica a pensarlo, ma mentre gli medicavo le ferite sul volto, mi tremavano le mani. Ne ero come incantata, assuefatta da quell'immagine che aveva smesso di sembrarmi distante anni luce, e che finalmente pareva umana. Io ero umana. Lui era umano. E avevo appena fatto una scoperta che di sicuro mi sarebbe valsa il Nobel.

Poco dopo lo scontro con il gruppetto di teppisti, avevo aiutato Brody a tirarsi su e, udite udite, lui mi aveva chiamata per nome. Ovviamente non avevo ancora chiuso il locale, così avevo deciso di portarlo dentro con me, per poi correre a prendere il kit del pronto soccorso. Brody aveva un'occhio nero, diversi lividi scuri sul resto del volto, un graffio sul mento, e il sangue che gli colava dal naso. Disinfettai le ferite che perdevano sangue, e gli passai una busta di ghiaccio da mettere sull'occhio nero. Mi sedetti sul bordo di uno dei tavoli, e l'osservai stringere i denti per il dolore.

Alla fine, decisi che fosse giunto il momento di parlare «sei ferito anche altrove?» chiesi, cercando di modulare al meglio il tono della mia voce.

Annuì, con quel suo sguardo stanco e laconico «mi hanno colpito qui» rispose, portandosi una mano sul fianco «ma si tratterà giusto di qualche livido».

Fui sorpresa di sentire quella voce. Era la prima volta che sentivo Brody parlare, rivolto a me. Mi piaceva ; era dolce, giusto un accenno nasale, ma limpida.

Scossi la testa, contrariata «dai, fammi vedere. Se ti si fosse incrinata qualche costola?»

Brody si arrese al fatto che avessi ragione, si tolse il ghiaccio dall'occhio, e si alzò in piedi. Era alto, robusto, con una muscolatura da vero e proprio atleta, considerato il fatto che fosse entrato alla Chicago University grazie ad una borsa di studio per il football. Afferrò l'estremità della maglietta e la tirò su, scoprendo sia il fianco ammaccato, sia una serie di quadratini all'altezza dello stomaco che mi fecero mozzare il fiato. Spostai lo sguardo in fretta, troppo in fretta, ma il mio respiro accelerò, ed io divenni agitata e tremolante. Il fianco, in effetti, mostrava due grosse chiazze verdastre, poco distanti l'una dall'altra. Con un movimento lentissimo della mano, adagiai le dita sulla sua pelle. D'istinto, i nostri occhi s'incrociarono.

«T-ti fa male qui?»

Scosse la testa, continuando a fissarmi inespressivo «no. Sono a posto».

Annuii ed ingoiai il grumo di saliva che mi aveva inondato la bocca.

Brody era così bello, che ad ogni secondo in più dedicato ai nostri sguardi, io mi sentivo sciogliere e mancare il respiro. C'era il serio rischio che andassi in iperventilazione. Quando abbassai gli occhi, mi resi conto di avere ancora le dita sulla sua pelle. Era calda e liscia. Imbarazzata, ritrassi la mano e mi voltai con la scusa di dover rimettere a posto il kit. Richiusi la cassetta, e mi diressi nel ripostiglio. Tornata indietro, ci mancò poco che gridassi. Brody era fermo davanti a me, ed io dovetti riprendere fiato per lo spavento. Lui ridacchiò divertito, poi mi cinse il polso con le sue dita eleganti.

«Ti ringrazio, Scarlett» disse, con una voce così seducente che un brivido mi attraversò la schiena.

Il cuore fece un salto nella mia cassa toracica «F-figurati».

Sorrise, mostrando quelle sue meravigliose fossette e poi fece per andare via. Guardai la sua figura di spalle, sul punto di lasciare il locale. L'eccitazione fluiva frettolosamente nelle mie vene. Dovevo fare qualcosa, non potevo lasciarlo scappare via così!

«Un giorno di questi mi piacere sentirti raccontare il perché ti abbiano picchiato» dissi, alzando la voce quel tanto che bastava a farmi sentire.

Ma quanto sono idiota.

Lui si voltò con uno dei suoi sorrisi luminosi «passo a prenderti domani sera, non appena finisci il turno. Ma niente racconti di violenza» concluse, strizzandomi l'occhio sano.

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