Io e Luke ci scambiammo un ultimo sguardo nel silenzio assordante di un intero condominio. Il ragazzo teneva tra le mani l'ultima scatola, ma sebbene fosse abbastanza forte per poterla trasportare con facilità, notai il tremolio degli avambracci e dei bicipiti. Aveva gli occhi che parevano essere sul punto di prendere fuoco, d'incendiarsi a forza di bucare quella calma piatta, nel tentativo di scorgermi limpida dietro di essa.
«Grazie» mormorai, sorridendo, con un filo di voce.
Presi la scatola tra le mani e l'adagiai rapidamente oltre la soglia dell'appartamento.
«Ci penso io» trillò una voce dall'interno.
E lo guardai di nuovo, imbarazzata, stranamente distante dal ragazzo con il quale avevo vissuto per quasi due settimane. Una convivenza che all'inizio era parsa un completo disastro, per via del legame instauratosi tra di noi, ma alla quale avevo fatto l'abitudine; non c'era stata una singola notte in cui avessi dormito da sola. Luke m'avvolgeva tra le sue braccia, mi scaldava con la sua pelle, e mi faceva sentire protetta da incubi e mostri che al mattino si sarebbero ridestati.
«Sei sicura?» chiese ancora una volta, sfiorandomi una guancia.
Presi la sua mano nella mia «non possiamo sperare di avere una relazione equilibrata se tutti e due viviamo sotto lo stesso tetto e ci comportiamo come marito e moglie», sorrisi.
Luke ridacchiò ed annuì «sì, credo che tu abbia ragione. Hai bisogno dei tuoi spazi, lo capisco».
Circondai il collo del ragazzo e lo baciai, assaporando la calma e la delicatezza con la quale le nostre labbra si sfiorarono e lentamente riuscirono a tranquillizzarmi.
«A stasera, allora» lo salutai, sorridendo.
«A stasera».
La camera che Alex mi aveva gentilmente offerto era decisamente più spaziosa di quella nell'appartamento di Madison ed Austin. L'armadio risultò essere troppo grande per i pochi vestiti di cui disponevo, considerando quelli che avevo momentaneamente abbandonato da mia cugina, e sapevo pure che il letto matrimoniale, riempito solo della mia gracile persona, mi sarebbe costato intere notti insonni, non più abituata al mio solo calore corporeo. Sospirai, osservando la stanza tristemente spoglia, e mi sedetti sul bordo del letto con le mani tra i capelli.
Alex entrò, senza preoccuparsi di bussare, munita di una tazza di caffè ed il suo solito sorriso entusiasta.
«Per me?» chiesi, sollevando gli occhi sul contenuto tra le sue mani.
«Certo, coinquilina!» rispose, gongolando per la soddisfazione.
Bevvi un sorso del liquido scuro e tentai invano di ricompormi. I miei pensieri, aggrovigliati l'uno all'altro, m'impedivano d'essere raggiante come lei sperava che fossi. Alex mi cinse le spalle con un braccio e mi accarezzò i capelli, in attesa che parlassi.
«Hai rivisto Harvey» disse lei infine.
Trasalii al suono di quel nome e per poco non rischiai di strozzarmi.
«Sono stata a casa sua ieri e...non pensavo che avrebbe fatto così male stargli vicino».
«Hai ancora il cuore spezzato, piccola S, che ti aspettavi?»
Sospirai, scuotendo la testa «ha coperto il risarcimento di Rebecca al posto mio».
«Sul serio?» chiese la bionda, incredula.
«Sì, e...mi ha stretto tra le sue braccia, Alex, ed è stato come se mi fossi rotta sotto il suo peso ed una parte di me fosse rimasta lì» confessai, con voce tremante.
«Ogni fibra del mio corpo lo desiderava, ma il mio cuore....»
«Non è riuscito a perdonarlo» concluse la ragazza al posto mio.
«Già».
«Vieni qui» mi disse Alex, con la stessa dolcezza e premura di una sorella maggiore.
Mi strinse a sé e cominciai a singhiozzare sull'incavo della sua spalla.
«Se non te la senti, possiamo rimandare la festa di questa sera» mi sussurrò, accarezzandomi i capelli.
Tirai su col naso e mi scostai «no, ho bisogno di distrarmi e di parlare con Madison, e poi l'ho già detto a Luke».
Lei sorrise «e allora va' a prepararti, perché ci divertiremo un casino!»
Alle 21.00 in punto, il campanello suonò per la prima volta. Ero agitata, nervosa, ma anche entusiasta nonostante tutto quello che mi frullava per la testa. Da brava padrona di casa, Alex accolse il primo ospite, che si rivelò essere mia cugina.
Madison salutò dapprima l'amica, poi mi guardò, in imbarazzo, e mormorò un tiepido «ehi».
«Ehi» ribattei a mia volta.
Sollevò una busta bianca «ho portato le birre».
Madison ed io ci accomodammo sul divano in salotto, l'una di fianco l'altra, ma comunque troppo distanti. Mi sentivo come pietrificata, goffa ed in imbarazzo. Quando guardavo mia cugina con la coda dell'occhio, la trovavo a giocherellare agitata con le mani. Era evidente che le cose tra di noi non andassero per niente bene, soprattutto dopo la nostra ultima conversazione, ma una parte di me mi supplicava di riavvicinarmi a lei, perché restava sangue del mio sangue.
«Madison» esordii, voltandomi nella sua direzione.
«Mh?»
Feci un grande sospiro «voglio solo che tu sappia che non sono più arrabbiata e che non m'importa più niente di quello che è successo».
Lei inarcò un sopracciglio, i capelli corti ciondolarono dietro le orecchie «oh, grazie Scarlett, dopo quello che mi hai detto, questo sistema certamente le cose».
Sbuffai, avvicinandomi ancora di più a lei «quello che...quello che cerco di dirti è che credo che abbiamo sbagliato entrambe, okay? Abbiamo due caratteri forti, cosa tipica della famiglia Summers, ed io avevo le mie ragioni mentre tu avevi le tue».
«Già» soffiò lei, spostando lo sguardo altrove «e le mie sono quelle di una puttana...o non è quello che ho sentito uscire dalla tua bocca?»
«Ero arrabbiata!» esclamai in mia difesa «Mi hai tenuta all'oscuro di tutto, e non erano affari tuoi. Come pensi che avrei dovuto prenderla? Mi sono ritrovata messa all'angolo dal mio ex, che dopo avermi tradita, è sparito per mesi in California senza lasciare più sue notizie».
Madison parve addolcirsi e si avvicinò a sua volta, sfiorandomi un braccio «volevo solo proteggerti...lo volevamo tutti, Scarlett, ma credo che tu sia grande abbastanza per poterlo fare da sola».
Rimasi a bocca aperta per una manciata di secondi, stupita di sentir pronunciare quelle parole da mia cugina. Ci guardammo, i suoi occhi blu nei miei castani, e alla fine scoppiammo a ridere e ci abbracciammo.
«Testa bacata di una Summers» mi prese in giro lei, sfregandomi le nocche sulla testa.
E ci ritrovammo improvvisamente schiacciate sotto il peso di Alex, che si era lanciata su di noi, e che pretendeva di far parte dell'abbraccio. Per la prima volta dopo tanto tempo, quella sera mi sentii sollevata e felice di aver ritrovato un altro pezzo della mia vita imprescindibile.
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Paper Skin
RomanceScarlett Summers è una ragazza di provincia dalle grandi ambizioni e un debole per le metropoli piene di caos, ma anche di possibilità. Ottenuta una borsa di studio per la più prestigiosa università di Chicago, non ci pensa due volte prima di abband...