Pelle di carta e cuore di pietra

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Rimasi pietrificata per tutto il resto della canzone. Cameron continuava a gettare occhiate incuriosite nella mia direzione, mentre nella mia testa sparivo inghiottita dalla folla, cancellando quello che era appena successo. Com'era possibile che tra tanti pub a Chicago, band musicali di artisti emergenti e chitarristi, fossi appena capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato?

Mi sentivo morire.

Intorno a me, le persone esplosero in un boato di acclamazione e presero a saltare sudate, urlando a gran voce il nome della band. Cameron ed il cantante si esibirono in un elegante inchino, sorridenti e madidi di sudore, e si tolsero in contemporanea le canotte nere, per poi sventolarle in aria.

«Oh, madre di Dio» mormorò Alex, con gli occhi fissi sul corpo magro e scolpito di Cameron.

Fu allora che mi riscossi dal mio torpore. Dovevo agire e subito, prima che fosse troppo tardi. Diedi una rapida occhiata all'ora e calcolai che mi restavano all'incirca dieci minuti prima che Jared si presentasse a casa mia.

Afferrai Alex per un polso, saldamente «andiamo!» urlai, per farmi sentire.

Continuò a fissare Cameron, rapita.

«Forza, muoviti!» gridai, per poi fare un cenno anche ad Austin.

Riuscii a trascinarli fuori per pura fortuna. La folla di persone che sino a poco prima aveva accerchiato il palco, ora si disperdeva lentamente all'interno del locale, anche se le "fan" più ostinate si erano incollate alle costole della band. Meglio, Cameron sarebbe rimasto bloccato in tutto quel casino. Alex si ribellò alla mia presa e riuscì a liberarsi dopo un'imprecazione. Sentii i loro sguardi perplessi perforarmi la nuca. Presi una grossa boccata d'aria e scossi la testa, voltandomi di scatto mentre i piedi grattavano sul brecciolino.

«Puoi riaccompagnarmi a casa adesso?» chiesi ad Austin, disperata.

Il ragazzo si accigliò e vidi Alex scuotere la testa «no!» esclamò, contrariata «Ma che cavolo ti prende?»

Mi portai le mani sul viso, sull'orlo di una crisi isterica «per favore, ti racconto tutto dopo!»

«Madison?» chiese lei, ammorbidendo il tono di voce.

Intervenne anche Austin, che sino ad allora era rimasto in silenzio «no, si tratta di Harvey, non è così?»

Mi morsi il labbro, mortificata e piena di sensi di colpa.

Annuii «sì, è proprio così».

Sentii Alex sbuffare «avresti potuto avvertirci prima, invece che darci buca proprio quando la serata cominciava a movimentarsi!»

Ero sul punto di ribattere alla sua affermazione, quando qualcuno, alle nostre spalle, ci chiamò. Cameron.

«Ehi, Scarlett!» gridò il ragazzo sorridente, ancora a torso nudo, venendo verso di noi.

Lo guardai terrificata, mentre i miei due amici si voltavano contemporaneamente. Cameron continuò a camminare con quella sua aria spensierata, mostrando i muscoli sodi e gli innumerevoli tatuaggi, tutto sudato. Ci raggiunse ed ignorò completamente Austin, soffermandosi invece ad osservare Alex.

«Sei una sua amica?» chiese affannato, con la voce più grave del solito.

La bionda annuì, schiarendosi la voce «mi chiamo Alex, e tu devi essere Cameron» si presentò, cercando di sfoggiare tutta la sicurezza di cui disponeva.

Cameron fece un grande sorriso mozzafiato, e gli porse la mano «è un vero piacere conoscerti».

Sollevai gli occhi al cielo, scuotendo la testa. Quei due si mangiavano con gli occhi e di quel passo non saremmo mai riusciti a tornare in tempo. L'ansia sopraggiunse a violente ondate che si ritorcevano sul mio povero stomaco.

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