La tempesta

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I giorni si susseguirono rapidi e dolorosi come scariche di vento durante una tempesta. Ed in fondo, non c'era similitudine migliore per definire il putiferio che si era scatenato. Ma dopo una settimana esatta dall'accaduto, centinaia di telefonate prive di risposta, e lacrime inutilmente versate, riuscii ad aggrapparmi ad una delle poche cose rimaste intatte.

«Austin» lo chiamai, per l'ennesima volta.

Il chiasso all'interno del locale era un elemento di distrazione e fastidio che neppure io riuscivo a sopportare. Fuori la pioggia si schiantava al suolo come schegge impazzite, ed il vento fischiava contro la vetrata, grazie alla quale assistevamo alla scena.

«Scusa, ma comincio a pensare che presto l'intera università si trasferirà qui dentro e che rimarremo schiacciati per terra come scarafaggi».

Sospirai «possiamo tornare al nostro discorso? Per favore?» chiesi infine, con voce supplicante.

Austin captò la mia disperazione e tornò a concentrarsi sul mio viso. All'esterno, la tempesta imperversava e, le scariche di fulmini che s'alternavano in lontananza, coloravano il cielo di una strana luce viola.

«Scarlett,» iniziò il ragazzo «sono tuo amico, lo sai, ma non voglio essere coinvolto in questa storia».

Mi sporsi sul tavolo con il busto e presi le sue mani tra le mie «soltanto qualche parola, ti prego» lo supplicai ancora, pronta a mettere la dignità sotto i piedi, il pavimento e la terra «ti giuro che tra me e Jared non c'è stato assolutamente niente e non esiste al mondo che tornerà ad esserci qualcosa».

Austin sospirò, si passò apparentemente esausto le mani sulla faccia e tornò a guardarmi «e va bene» rispose arreso, cosa che suscitò in me un piccolo urlo di gioia «ma non garantisco niente...Luke è un tipo testardo ed orgoglioso».

Mi agitai sulla sedia con un sorriso a trentadue denti «è già sufficiente che tu faccia questo, e sì, ho sbagliato a non parlargli del ritorno di Jared, ma soltanto perché non volevo che si preoccupasse inutilmente».

«Ok, ok» intervenne Austin «ho afferrato il concetto. Possiamo tornare a concentrarci sul fatto che siamo bloccati qui dentro, con altre trenta persone, e che ho la sensazione di stare per trasformarmi in un prodotto da scatolame?»

Per tutto quel tempo, il mio unico pensiero era stato convincere il mio migliore amico di quanto avessi bisogno del suo aiuto per farmi perdonare da Luke. La confusione, quella sottospecie di tempesta tropicale, e le decine di persone rifugiatesi lì dentro, avevano soltanto sfiorato la parte conscia della mia persona. Ma ben presto, divenne impossibile riuscire ad ignorare quel baccano. La corrente saltò, al seguire di un fulmine scagliatosi non troppo lontano, ed il vociare delle persone divenne una costante incredibilmente fastidiosa; il B&B era ufficialmente in pieno stato di agitazione.

Fu allora che una voce tentò di richiamare l'attenzione «ragazzi, per favore, restate calmi! E' tutto sotto controllo e non appena il vento e la pioggia si calmeranno, sarete liberi di andare. Questione di minuti, ve lo garantisco».

La mia intuizione si rivelò giusta : si trattava di Emily che, disperata, cercava di porre in freno a quella situazione che cominciava a sfuggirle di mano.

«Perfetto» borbottai tra me e me.

«Scarlett» mi richiamò Austin, improvvisamente allarmato.

«Mh?»

«Non ti girare, okay?»

Ma ovviamente, dopo una simile richiesta, feci la cosa più naturale che potessi fare, e così mi voltai. Camilla Harvey era proprio lì, ad un soffio da me, e tra le braccia del tipo che faceva da cantante nella stessa band di Cameron. Quando si staccò dall'abbraccio e tornò a guardarsi intorno, fui il primo volto che vide e mi si gelò il sangue nelle vene.

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