Alleati

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Non avevo realizzato quanto fosse tardi, sino a che non mi cadde lo sguardo sull'orologio in cucina. Avrei avuto un rientro straziante, dopo un inizio ancora più straziante. La prima settimana di università si apprestava a finire, ed io avrei saputo raccontare poco, visto che dopo il primo giorno mi ero ritrovata a lottare con un'inspiegabile febbre micidiale ed un misterioso principe azzurro. Ci pensavo ininterrottamente da quasi cinque giorni e non riuscivo a togliermelo dalla testa. Gli occhi di Luke, deliziosamente magnetici, i suoi capelli perfetti e tutte le sue premure, e poi Jared, che compariva ancora nei miei sogni in stile "Edward Cullen". Non che il pensiero dell'uno riuscisse a scacciare l'altro, sia chiaro, ma anzi l'esatto contrario. I due sembravano coesistere dentro la testa, sotto la pelle, in ogni battito del cuore. Il secondo più radicato del primo che si era volatilizzato dopo quell'innocente bacio della buonanotte. Quella mattina Austin era nel pieno di un'intensissima sessione di studio, e per questo mi ritrovai a correre per la tromba delle scale e a lanciarmi nella fredda aria di Chicago con i battiti a mille. Quando vidi una delle vetture gialle accostare lungo la strada per far scendere un cliente, ringraziai mentalmente i taxi per la loro efficienza e tempestività. Per tutto il tragitto non feci altro che pensare a Luke, e se mai l'avrei rivisto, e poi a Rebecca e alla seconda lezione che avremmo trascorso insieme mio malgrado. Avrei pranzato sola come un cane ora che avevo perso il mio appiglio per colpa dello studio, ma sapevo pure che l'orgoglio non mi avrebbe permesso di unirmi al tavolo di quei quattro cretini vestiti di pelle nera.

«Sono quindici dollari, signorina».

«Oh, sì...mi scusi» trasalii, lasciando le banconote nel palmo dell'uomo.

Tornai a respirare l'aria di Chicago piena d'aspettativa come non ne avevo più da tempo. La rottura con Jared mi aveva lasciata disillusa nei confronti di tutti i misteri che quella grande città aveva ancora da svelare.

La mia prima lezione cominciò il più tardi del previsto, il che mi permise di prendere posto dopo un'incredibile corsa a perdifiato senza dare troppo nell'occhio. Presi posto verso le ultime file ; lo sguardo, più in là, ricadde sulla chioma dorata di Miss Vanità. Beh, poco meglio! Mi sarei tolta il dente marcio prima del previsto e per il resto della giornata avrei potuto aggirarmi tranquillamente per il campus, senza più dover temere d'incontrarla. Avevo perso diverse lezioni, vista la mia improvvisa malattia, ma quando il signor Frederich si schiarì la voce ed iniziò il suo discorso sugli autori dei primi anni del settecento, scattai in modalità ascolto e mi lasciai trasportare dal fascino delle sue parole. Epoche lontane, storie di dame gelose e poeti maledetti. Ben presto, il taccuino che avevo disposto sulla mia porzione di banco si riempì di appunti presi con estremo interesse. Restai talmente catturata dalla lezione, che quando questa finì e le prime teste si sollevarono disordinatamente, mi resi conto di essere sprofondata in una sorta di trance. Tra le pagine dei miei appunti, un nome si ripeteva seguito da un punto di domanda. Luke. Chiusi il taccuino alla bell'e meglio e lo lanciai dentro lo zaino. Nella frazione di secondo che impiegai per sollevare lo sguardo, qualcuno si stagliò davanti la mia persona, ostacolandomi il passaggio.

«Buongiorno, Summers» cinguettò la voce più fastidiosa della persona più odiosa sulla faccia del pianeta «credevo avessi abbandonato il corso, ma a quanto pare eccoti qui».

Sorrisi velenosa, nonostante sentissi i muscoli della faccia completamente paralizzati.

«Purtroppo per te, eccomi qui» le feci eco, sprezzando odio puro da ogni singolo poro.

Rebecca mi squadrò, alta sui suoi tacchi dodici, e mise le mani sul colletto della mia camicia. Sussultai quando quelle sue dita d'arpia si stamparono sulla stoffa candida e ne lisciarono una piega sul colletto.

«Ti hanno mai detto che vesti come un uomo che cerca di essere una donna?»

«Intendi dire un trans?» sorrisi, fingendo indifferenza «O forse non conosci il significato della parola? No, aspetta...tu sei una scrittrice, non è così?»

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