Perdita

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Le prime luci della mattina mi svegliarono dolcemente. Tra le coperte aggrovigliate attorno alle gambe, mi girai e rigirai sino a che non mi accorsi di un corpo estraneo adagiato all'altezza del mio ventre. Aprii gli occhi di scatto e mi voltai, poi tirai un sospiro di sollievo : era Luke, e per un istante avevo dimenticato di non essere più nel mio letto e nel mio appartamento. Riaffiorarono le parole di Madison, e con esse tutta la mia rabbia e la mia frustrazione. Decisi di non pensarci e mi avvicinai alle labbra del ragazzo ancora addormentato per lasciargli un tiepido bacio sulle labbra.

«Buongiorno» sussurrai, letteralmente catturata dalla visione della sua beatitudine e di quei suoi capelli biondi spettinati.

La sera prima mi era stato impossibile prendere sonno, ed ero così arrabbiata con mia cugina e me stessa, che avevo iniziato a piangere. In silenzio, Luke aveva aperto a poco a poco la porta della mia nuova stanza e mi aveva chiesto se avessi bisogno di compagnia. Non ci eravamo baciati, né avevamo parlato. Mi aveva cinto la vita con un braccio ed insieme avevamo chiuso gli occhi. Era stato bello sentirsi di nuovo voluti da qualcuno, curati, come una ferita trascurata troppo a lungo.

Le iridi grigie di Luke avevano assunto uno strano colore metallico per via della luce e lentamente, con estrema dolcezza, avevo iniziato a lasciargli dei piccoli baci all'angolo della bocca.

«Non avrebbe potuto esserci un risveglio migliore» ammise sorridendo, con la voce roca.

Sorrisi a mia volta, lasciandomi catturare ancora dalle sue labbra e cedendo ad un bacio più esigente e passionale. Le dita snelle del ragazzo s'infilarono tra le ciocche disordinate dei miei capelli e, contemporaneamente, l'altra mano s'adagiò lungo la mia schiena. Io, che sovrastavo il ragazzo ancora disteso, standomene inginocchiata sopra il letto, mi ritrovai tutt'un tratto a cavalcioni su di lui. Cominciavo a perdere il controllo del mio stesso corpo, ed in quella posizione riuscivo a sentire tutta la sua eccitazione crescere contro di me. Luke si scostò dalle mie labbra per quel poco che mi bastò ad intercettare il suo sguardo acceso di desiderio ; poi, in men che non si dica, riuscì ad afferrarmi per i glutei e ad adagiarmi sotto il suo corpo. Sentivo caldo al basso ventre e all'altezza del petto ; ondate di calore che mi toglievano il respiro per via dell'impatto che quel nostro contatto cominciava a sortire su di me. Ma il punto era che mi mancava sentirmi toccata in quel modo da qualcuno, sentirmi desiderata e soddisfatta come lo ero stata sino a poco tempo prima. Luke si lanciò ferocemente lungo il collo e lasciò baci lungo la mandibola, costringendomi a mandare indietro il capo e a gemere di piacere. Allora mi sollevai, allontanandolo da me, ed afferrai un lembo della sua maglietta che volò via e scoprì un fisico più robusto di quello che avessi immaginato ed una bella pelle chiara ed invitante. Per un attimo, fui quasi convinta che fosse quello di cui avevo bisogno ; poi sentii quella fitta alla bocca dello stomaco, quel groppo alla gola...i miei occhi vagarono su quella pelle candida, liscia come quella di un bambino, e non vi trovarono nient'altro.

Jared. Mi mancavano persino quei suoi stupidi tatuaggi.

Scossi la testa, amareggiata e quasi sul punto di vomitare «non posso» annaspai «non posso farlo, non posso».

Scivolai via dal suo corpo, sconvolta e uscii dalla camera per poi rintanarmi in bagno. Scoppiai in lacrime non appena mi richiusi la porta alle spalle.

Lentamente e priva di forze, scivolai lungo lo stipite sino a ritrovarmi seduta a terra, raggomitolata come un feto bisognoso di cure e protezione. Qualcosa non andava, lo sapevo. Un mostro dalle unghie affilate mi squarciava il petto da dentro, ed io, soffocando tra i singhiozzi, mi sentivo piccola e violata dalle cose che avrei dovuto dimenticare.

Mi mancava come se non avessi mai conosciuto un solo giorno della mia vita senza di lui, come manca chi se ne va di colpo, senza preavviso, e ti toglie la soddisfazione di lanciargli un insulto dopo l'altro. Mi mancava da dentro le ossa, come linfa che scorre nelle venature di giganti secolari. Mi mancava come l'abitudine strappata via di colpo al mattino. E tutto quello non aveva senso, e mi sentivo svuotata, divenuta la carcassa di una orribile me stessa.

Ma più di ogni altra cosa, non capivo perché chi ci fa del male riesce a penetrare così in profondità nei nostri cuori, a radicarsi così a fondo da diventare parte di noi stessi. Forse, pensai, siamo soltanto dei pessimi bugiardi masochisti.

Dei timidi colpi contro la porta mi fecero trasalire «Scarlett, va tutto bene?»

Soffocai un singhiozzo e mi sfregai con forza i pugni contro il viso. Ero tremendamente arrabbiata con me stessa.

«Ti prego, lascia che ti parli».

In silenzio e scuotendo la testa, mi sollevai da terra. Aprii un minuscolo spiraglio dal quale mi affacciai mortificata.

La mia voce risuonò più roca di quanto avessi immaginato «non è niente, davvero» mugolai.

Gli occhi di Luke, umidi, si assottigliarono nel tentativo di capire «posso entrare?»

Soffocai una risata amara «è casa tua, io non ne ho più una».

Lasciai che il ragazzo entrasse, cautamente, richiudendo poi la porta alle sue spalle. Se ne stava ancora a torso nudo, spaventato dalla mia improvvisa reazione, e al tempo stesso confuso. Tentò di accarezzarmi una guancia, scostandomi i capelli dalla fronte, ma io mi irrigidii. Lessi sul suo viso lo sconforto ed il rifiuto che un ragazzo meraviglioso come lui non meritava.

Ci guardammo per qualche istante negli occhi, poi lui si accomodò sul ciglio della vasca, affranto.

«Avrei dovuto fermarmi prima, mi dispiace».

Scossi la testa, bloccandolo con un gesto della mano «non...non è questo».

«Sono io? Non vuoi stare con me?» chiese, rimpicciolendosi difronte alla portata delle sue domande.

Scossi la testa di nuovo «non è neppure questo. Io...ho sbagliato a venire qui».

Ma Luke si protese in avanti, afferrandomi le mani «no, non hai sbagliato Scarlett» disse, con la voce punta dalla disperazione «possiamo andarci piano, possiamo comunque convivere sotto lo stesso tetto».

Fu allora che scoppiai di nuovo in lacrime «ho distrutto ogni cosa, Luke : i miei sogni, le mie amicizie...tutto quello che avevo faticato per costruire».

Il ragazzo, intenerito dalla mia confessione, fece l'unica cosa che avrebbe potuto fare : si alzò e mi abbracciò, e mi strinse forte senza alcuna pretesa. Eppure, sentivo che i pezzi di quel puzzle che a lungo avevo osservato, cercando di vedervi qualcosa di più grande, erano andati perduti. Mi sentivo persa e terribilmente stanca da quel mio continuo affannarmi per cercare di afferrare l'unica cosa che si nascondeva ai miei occhi.

Avevo voglia di sparire. E forse, per la prima volta, capii perché lui vi avesse trovato da sempre l'unica soluzione. A poco a poco avevo inconsapevolmente cominciato a perdonarlo per il male che mi aveva fatto.

*

Ragazzi, mi rendo conto che forse questi ultimi capitoli non sono quello che vi aspettate; sono più brevi e non c'è Jared. Sì, so che fremete affinché torni a far parte della storia, ma vi prego di fidarvi, anche perché non ho intenzione di accennarvi niente (mi odio persino io).

Abbiate fede, cari amici!

Per quanto riguarda la dimensione dei capitoli, non preoccupatevene perché aggiornerò sempre più spesso. Voglio porvi una domanda prima di lasciarvi : chi di voi sarebbe disposto a seguire un eventuale sequel?

Mi raccomando, commentate e votate se anche questo capitolo vi è piaciuto. 

Un bacione a tutti voi!

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