Non riuscivo ancora a crederci. Tutto quello che sarebbe potuto andare storto quella mattinata, andò non storto, ma assolutamente da schifo. Rivedevo ancora il sorrisetto soddisfatto di Rebecca stamparsi su quelle labbra lucide di rossetto magenta, e sentivo il frastuono delle risa ed il silenzio dello stupore. Non so come, ma ero riuscita a non piangere, seppur sentissi le lacrime spingere e farsi spazio nei condotti lacrimali per venire al mondo. La rabbia, la tristezza e lo sgomento mi consumavano, assieme alla vergogna. Pensavo a questo, mentre disperatamente mi aggiravo lungo il corridoio che secondo le indicazioni sbrigative di uno studente incontrato per strada, mi avrebbero condotto alla mensa. Il baccano confermò quasi subito che la direzione fosse giusta, eppure, dentro il petto, sentii un peso talmente opprimente che riflettei sulla possibilità di sparire il prima possibile da lì. Austin mi aspettava in mensa, così aveva scritto. Anche Madison con il suo nuovo gruppo di amici, e forse persino Alex. Soffocai un grido di frustrazione che sentivo pulsarmi in gola, e, sempre a testa bassa, varcai l'entrata della sala. Il baccano, assolutamente insopportabile, mi mandò nel panico. Tutte quelle persone, quei volti, quelle voci, ed io sentii di non aver alcun diritto di trovare posto tra di loro. Spostai lo sguardo su alcuni gruppi di persone, poi più in là, oltre le vetrate che ospitavano dei tavoli all'esterno, e in un angoletto, tutto solo alla fine della sala, individuai Austin intento a mangiare uno strano sandwich ripieno di salse dall'aspetto appetitoso seppure per niente salutari. Mi avviai con passo svelto, e quando passai di fianco a delle lunghe tavolate piene di tizi grandi quanto un armadio, circondati da delle belle bionde tinte in preda ai calori, sentii i loro occhi posarsi sulla mia gracile figura. Se possibile, abbassai ancora di più la testa, ed accelerai il passo.
Ma loro risero, ed io mi arrestai, mortificata dal suono del loro divertimento.
«E' lei?» chiese uno dei ragazzi.
Qualcuno, forse, annuì.
«Ehi, bellezza, perché non vieni a farti un giro con me stasera?» mi gridò, per sovrastare il chiasso tutt'intorno «non avrò dei tatuaggi, ma so come soddisfare una matricola desiderosa di trasgredire le regole».
Mi voltai, pietrificata, in direzione del ragazzo che scoppiò a ridere nell'osservare la mia espressione indecifrabile. Al suo fianco, sedeva Rebecca. Riuscivo a sentire i loro bisbiglii sfondarmi a suon di calci i timpani delle orecchie. Riuscivo a sentirli ridere, riuscivo a vedermi piangere. Non era giusto. Nessuno avrebbe mai meritato quelle cattiverie gratuite, quando l'unica colpa era stata quella di aver amato qualcuno.
«Fottiti» bofonchiai a denti stretti.
Il ragazzo ammiccò «selvaggia, proprio come piacciono ad Harvey. Saprei addomesticarti, credimi...perché non vieni a sederti qui con me? C'è spazio sulle mie gambe...»
Strinsi ancora di più i denti, furente e pronta a scattare, quando qualcuno mi sfiorò una spalla. Riconobbi subito la presa salda di Austin.
«Vatti a fare una doccia fredda, Weston» lo azzittì il ragazzo, fissando il suo sguardo truce nell'altro ancora divertito «oppure dovrò trovare un modo per calmare i tuoi bollenti spiriti».
«Oh, oh!» esclamò quel tipo, tornando a ridere e picchiando il palmo della mano contro il tavolino «bel colpo, Wren, non credevo che un verginello come te avrebbe mai avuto le palle per stare insieme ad una ragazza. Aspetta, per caso ha un pene?»
Il clamore che risuonò dopo quella battuta, fu indescrivibile. Offesa ed umiliata, feci per trascinare Austin via di lì, ma lui continuava a fissare l'altro come se avesse potuto incenerirlo con lo sguardo e non accennava a muoversi.
«Andiamo, forza!» lo incitai.
Si mosse da lì soltanto dopo averlo strattonato con violenza tre o quattro volte. Per tutto il tragitto che seguì a raggiungere il tavolo da lui occupato, Austin continuò a tenere gli occhi sul gruppo di ragazzi ancora in preda alle fragorose risa. Persino una volta seduti il suo umore non migliorò affatto. Prese tra le mani il sandwich lasciato a metà, lo guardò disgustato, e lo gettò sul vassoio evidentemente privo di appetito.
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Paper Skin
RomansaScarlett Summers è una ragazza di provincia dalle grandi ambizioni e un debole per le metropoli piene di caos, ma anche di possibilità. Ottenuta una borsa di studio per la più prestigiosa università di Chicago, non ci pensa due volte prima di abband...