La macchina sfrecciò via ruggendo. Il fischio delle gomme che inchiodavano di colpo per assecondare la manovra folle del ragazzo, e il motore che pulsava da sotto il cofano. Ci lasciammo alle spalle la galleria d'arte, schizzando via a velocità folle nella notte di Chicago. Le stelle sopra di noi, il vento che entrava dai finestrini aperti, scompigliandomi i capelli.
Non riuscii a trattenere una risata. Fu una di quelle belle, liberatorie, come quando senti che la vita ti scivola nella pelle e guarisce le ferite più nascoste. E Dio, come mi sentii bene. Ti convinci che a te, microscopica particella in un universo fatto di atomi, cose del genere non potrebbero mai accadere, e a fatica te ne fai una ragione...e poi guardi te stessa, e ti ritrovi dentro un sogno.
Jared mi guardò, inclinando le labbra in un sorriso soddisfatto «che c'è, fiorellino? Ti fa ridere il fatto che sei appena fuggita da una pallosa inaugurazione con un tizio che a malapena conosci e che soltanto due settimane fa è stato arrestato?»
Schioccai la lingua «beh, se la metti così...»
Scosse la testa, divertito.
Jared guidava con imprudenza, esattamente come chi crede che sia praticamente impossibile ritrovarsi spiaccicati contro un palo o accartocciati nelle lamiere di una seconda vettura. Frenava in modo brusco e faceva altrettanto accelerando. Avevo le cinture allacciate e, spesso, quando inchiodava, ero sul punto di sputare fuori il cuore, ma non potevo negare che mi stessi divertendo. E non avevo idea di quale fosse la nostra meta.
«Mi piacerebbe conoscere chi diavolo ti ha dato la patente» dissi, aggrappata al bracciolo della portiera.
«Beh, tecnicamente è stato mio padre» ribatté lui, con tono ironico «deve essergli davvero costato oro quello stupido pezzo di carta».
Sgranai gli occhi e lo fissai «fai sul serio?»
Mi guardò a sua volta «fiorellino, guardami» inarcò le sopracciglia «secondo te sto scherzando?»
Portai gli occhi al cielo, e scossi la testa. Che razza di attraente sbruffone. Mi sorpresi a pensare che di rado avessi apprezzato ragazzi dall'aria sprezzante come la sua. Mi erano sempre sembrati così stupidi ed esageratamente sicuri di loro stessi... ma Jared era diverso ; in qualche modo mi divertiva e riusciva comunque a farmi sentire a mio agio. L'osservai di sottecchi, ammirando la presa salda sul volante e le vene in rilievo sulle mani. Il mio sguardo risalii poi lungo l'avambraccio robusto, e scorse i tatuaggi sparsi qua e là. Guardai il profilo del collo, l'accenno di barba sulle guance, le labbra, i capelli scuri scarmigliati dal vento. E proprio allora la sentii. La fitta. No, nessun articolo indeterminativo, perché quella a cui mi riferisco è così determinata da metterti paura. Sentii il caldo penetrarmi nelle ossa, e mandai giù un grumo di saliva a fatica. Dovetti frenare l'impulso di sfiorarlo, ma la tentazione divenne così forte, che improvvisamente trovarmi così vicina a lui cominciò ad essere uno strazio.
Mi schiarii la voce «mi dici dove andiamo?»
Sorrise senza voltarsi «da quant'è che sei a Chicago?»
Aggrottai la fronte «neppure un mese e mezzo, perché?»
Annuì «perfetto» si limitò a dire, con l'aria di chi sta pianificando qualcosa di vagamente malvagio.
Continuammo a girare per le strade di Chicago per un altro quarto d'ora. In un'altra occasione, forse, mi sarei spazientita. Ma lì...neppure giorni interi sarebbero bastati a stancarmi. Jared accese la radio, e risuonò nell'abitacolo della macchina "Lonely Boy" dei Black Keys. Senza accorgermene, iniziai a muovere la testa al ritmo della canzone. Jared teneva il tempo colpendo il volante con estrema disinvoltura. Lo guardai divertita, e lui staccò le mani da lì per imitare i colpi sulla batteria. Scoppiammo a ridere contemporaneamente.
STAI LEGGENDO
Paper Skin
RomanceScarlett Summers è una ragazza di provincia dalle grandi ambizioni e un debole per le metropoli piene di caos, ma anche di possibilità. Ottenuta una borsa di studio per la più prestigiosa università di Chicago, non ci pensa due volte prima di abband...