la realtà brucia

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Ian si fermò appena fuori il cancelletto di casa Gallagher e guardò in su con un mix di emozioni.

Da una parte, non vedeva l'ora di correre dentro, sollevare tra le braccia ognuno dei suoi fratelli e abbracciarli finché non avessero più respirato. Cazzo, aveva sentito la loro mancanza.

Dall'altra, non era pronto per tutte le domande invasive e l'incessante trapanatura che avrebbe inevitabilmente seguito tutti gli abbracci, i baci, le pacche e le lacrime del caso.

Sotto a tutto ciò, essere tornato in questa casa, significava che la sua vita senza Mickey Milkovich sarebbe dovuta ricominciare. Stava per andare avanti e comportarsi come se Mickey non gli importasse...comportarsi come se tutto il suo mondo non fosse stato spostato dal suo asse nelle ultime settimane. Non sapeva come diavolo avrebbe potuto farlo.

Come puoi tornare a gattonare una volta che hai imparato a correre?

Mentre l'insieme di emozioni turbinava dentro di lui, in maniera esitante spinse il cancello e inspirando profondamente si diresse verso gli scalini e poi in casa.

"Ehilà?" chiamò quando entrò, togliendosi il berretto dalla testa e lisciandosi i capelli.

"Ehilà? Fiona, Lip? Debs?" quando non ricevette una risposta immediata, si accigliò e si scrollò il cappotto di dosso, lanciandolo sul divano. Si era aspettato di venire bombardato non appena avesse messo piede in casa, e scoprì di essere deluso poiché non accadde. Entrò nella cucina vuota e si guardò intorno, realizzando che nulla era cambiato; anche il lavandino pieno di piatti e la pila di panni sporchi sembravano esattamente gli stessi. Se n'era andato solo per tre settimane, ma sicuro come la morte sembrava essere passato molto più tempo.

Un pensiero gli venne in mente, rendendosi conto che la sua famiglia era più probabilmente da Kev e Veronica, dove lui aveva dato loro istruzione di non dare nell'occhio finché non fosse tornato. Si passò una mano fra i capelli, vagamente pensando a quanto avesse bisogno di dare una spuntatina, e si diresse verso le scale per la sua stanza, intenzionato almeno ad avere un po' di pace e quiete prima che venisse scatenato l'inferno.

Proprio come in cucina, ogni cosa era esattamente dove l'aveva lasciata; perfino il suo letto era rimasto disfatto. Si lanciò sul letto e inspirò profondamente sul cuscino. Cazzo, gli era mancato il suo letto. Si voltò sulla schiena e fissò con aria assente il soffitto, le familiari crepe e schegge nel tinteggio. Mentre lo guardava, la visione si appannò di lacrime che non voleva comunque far scorrere.

"Ian? Ian, cazzo!"

Ian si svegliò di soprassalto poco dopo e immediatamente ebbe di fronte Lip che incombeva su di lui. Senza esitare un secondo, saltò dal letto e ingolfò il fratello maggiore in un abbraccio soffocante. Esalò n respiro tremante contro la sua spalla e lo strinse disperatamente.

"Cazzo, bello, eravamo fottutamente preoccupati per te" disse Lip una volta che si separarono. "Dove cazzo sei stato?"

Ian sospirò. "Lunga storia"

"Fanculo, dimmi tutto. Non puoi semplicemente sparire per tre settimane e poi non dare una spiegazione. Dove cazzo eri, stronzo? Ci hai chiamato ogni tre giorni, non ci hai detto nulla"

Lentamente Ian tornò a sedersi sul letto, decidendo di dare a Lip qualche vago dettaglio. "Sono stato rapito"

"Rapito? Cazzo, amico...da chi?"

Ian sospirò e si passò una mano sul volto prima di immergersi in una rapida sintesi. "Frank doveva dei soldi a qualcuno, allora mi hanno rapito per avere il denaro, ma Frank -da stronzo senza cuore del cazzo qual è- se ne è fottuto, così uno dei miei rapitori mi ha aiutato a scappare, siamo fuggiti per qualche settimana per ottenere i soldi. Abbiamo fatto qualche casino, roba illegale, ottenuto il denaro, e siamo tornati a casa"

Ransom. || GallavichDove le storie prendono vita. Scoprilo ora