pensando ad alta voce

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Mickey era passivamente seduto nel mezzo di una trafficata stazione di polizia di Chicago; agenti, detective, e criminali ammanettati che vagavano, telefoni che squillavano intorno a lui. Ma lui sentiva e vedeva il nulla; nulla veniva registrato nella sua testa.

Si sentiva come se stesse vivendo dentro un infernale incubo.

Non riusciva a togliersi l'immagine del corpo pallido, insanguinato e afflosciato di Ian che veniva legato con una cinghia su una barella e trasportato in un'ambulanza. Non sarebbe mai stato in grado di toglierselo dalla mente.

Non aveva idea di cosa stesse succedendo, non aveva idea di cosa Ian stesse facendo, non aveva idea nemmeno se stesse ancora respirando. Erano passate circa tre ore da quando era stato portato in commissariato per interrogarlo, e aveva già parlato a tre diversi agenti.

Stava uscendo fuori di testa per la preoccupazione, e si domandava quante cazzo di disposizione dovesse dare prima di poter finalmente uscire.

In quanti modi avrebbe potuto dire cos'era successo? Che suo padre era un diabolico, psicotico, omofobico coglione che aveva rapito il ragazzo con cui lui faceva sesso, e che l'altro suo figlio aveva sparato il bastardo mentre lui puntava la pistola sull'adolescente rapito per ucciderlo?

Tornò indietro a quella mattina quanto erano a letto; il bellissimo sorriso che Ian gli aveva regalato proprio prima di chinarsi per baciarlo sulla fronte per poi andare a fare la doccia. Ian era apparso così felice in quel momento, così speranzoso e contento.

Sentì un'unica lacrime scendere lentamente per la sua guancia mentre gli eventi della giornata scorrevano nella sua mente per la centesima volta.

Come avevano fatto le cose a diventare così completamente e terribilmente storte in una giornata?

La sua gamba rimbalzava furiosamente e mancavano due secondi perché scattasse fuori e gridasse con tutta l'aria che aveva nei polmoni, quando sentì qualcuno chiamare il suo nome. Ci volle un momento per registrare e balzò dalla sua sedia voltandosi per vedere Mandy proprio mentre lei gli gettava le braccia al collo. Istantaneamente si ritrovò a singhiozzare nella sua spalla mentre le si stringeva disperatamente.

Non riusciva neanche a ricordare l'ultima volta che aveva abbracciato sua sorella; non riusciva a ricordare l'ultima volta in cui aveva pianto di fronte a lei. Ma, al momento, ne aveva bisogno.

"Gesù, Mickey" singhiozzò Mandy afferrandolo dietro la testa. Poi si scostò e gli prese il viso fra le mani. "Stai bene? Cazzo"

Mickey non poteva parlare, riuscì solo a scuotere il capo.

"Sembra proprio che papà vivrà" disse lei cupa. "Hanno detto che la sua ferita non è mortale. Verrà operato per rimuovere il proiettile, e finirà in prigione per tanto, tanto tempo. Tentato omicidio e accusa di rapimento, più o meno. Non uscirà mai"

"Sarà meglio che non rivedrò quello stronzo, Mandy" disse, la voce tremante di emozione, "perché giuro, cazzo-"

"Lo so. Lo so" disse Mandy

"Iggy è in una qualche cazzo di stanza per l'interrogatorio, lo mettono sotto torchio" disse Mickey vacillante. "Starà dentro un po' visto che è stato complice del rapimento, anche se ha tentato di salvare la vita a Ian..."

Mandy sfregò la mano sulla sua spalla.

"Devo uscire da qui, cazzo. Devo assicurarmi che Ian stia bene. Merda, non so niente, non mi fanno uscire, cazzo!" gridò Mickey esasperato, facendo voltare alcuni agenti che lo guardarono stancamente.

"Okay, calmati. L'ultima cosa che ti serve adesso è essere arrestato. Parlerò con qualcuno e ti tirerò fuori da qui"

Ransom. || GallavichDove le storie prendono vita. Scoprilo ora