Ho sempre pensato che la vita fosse come una candela: sempre pronta a spegnersi. Fino ad ora sapevo che erano solo parole vuote, ma ora inizio a capire cosa significhi davvero. La mia vita è sempre stata piena di incertezze... e io odio con tutta me stessa avere paura dell'ignoto, avere paura della paura stessa. La mia storia non è molto piacevole, ma spesso mi capita di rivivere tutti i momenti più tristi e tormentati, soprattutto quando ascolto la musica e mi immergo nei meandri della mia mente.
Sto tornando a casa, ma decido di chiamare Sophie e avvisarla di non aspettarmi perché preferisco fare un giro. Fatto questo, cambio direzione e mi dirigo verso il centro città. Martinsburg, nel West Virginia, è una piccola cittadina con pochi incroci. Non che mi stia lamentando! Tutto il contrario, io adoro questa città perché è interamente circondata dal bosco. Oggi riesco perfino a sentire il suo odore. Cammino sul marciapiede e guardo le vetrine dei negozi che sono state allestite per Halloween. Il cielo è oscurato da nuvoloni neri e tira un leggero vento freddo che fa muovere il tappeto di foglie morte sotto gli alberi. Continuo a camminare con gli auricolari, incurante di tutte le persone attorno a me.
All'improvviso un odore dolciastro si avventa nelle mie marci. È borotalco. Sento che sto per avere un attacco di panico e devo trovare una panchina all'istante. Ne trovo una di legno sistemata sul prato di un parco giochi deserto. Mi siedo e tento di calmarmi inspirando ed espirando. Come dicevo prima, la mia vita non è stata per niente piacevole. Ci sono delle cose, anche dei dettagli, che si sono impressi nella mia mente traumatizzandomi. Il passato ritorna come un intruso: i miei ricordi iniziano quando avevo 5 anni. Ero in orfanotrofio nella stanza dei giochi e me ne stavo sola con la mia "matita speciale" disegnando ( più che altro scarabocchiando), quando Rufus, un bullo di 8 anni che puzzava di borotalco, me la prese e la spezzò. Era l'unica cosa che mi apparteneva e non l'avevo più quindi mi misi a piangere e ad urlare. L'ultima cosa che sentii fu un tonfo. Mi guardai attorno e vidi con orrore che Rufus aveva gli occhi chiusi ed era sul pavimento in una posizione innaturale mentre una chiazza rossa iniziava ad allargarsi dalla sua testa. Avevo la nausea ma riuscii a gridare. Sentii che qualcuno mi spingeva e poi l'oscurità mi invase.
Mi ritrovai nel mio letto, nella camerata per le ragazze con molte persone che mi guardavano con occhi pieni di orrore. Allora ero solo una bambina ma capii subito che pensavano fossi stata io ad uccidere Rufus. Venni mandata in una clinica psichiatrica per un anno. Non voglio descrivere il terrore che provai lì dentro e la brutalità degli psichiatri che mi seguivano. Dopo che mi ebbero rilasciata, tornai in orfanotrofio ma la mia vita andò di male in peggio. Tutti mi stavano alla larga e così divenni un'emarginata, ma il problema non era quello perché capivo la loro paura di avvicinarsi. Il vero problema erano gli incubi che mi tormentavano la notte: il sangue, le urla disperate e poi l'oscurità. Pensavo che non sarei più sopravvissuta. C'è una grossa differenza tra il vivere e il sopravvivere. Fin da quando ne ho memoria ho cercato di sopravvivere. Ma tutto è cambiato quando Sophie e Paul mi hanno portata via da quell'inferno. È da allora che ho iniziato a vivere.Gli incubi non mi torturano più come prima e nessuno, ad esclusione di Sophie e Paul, conosce me e la mia storia.
Mi accorgo adesso che ho pianto... e che un'anziana signora con la pelliccia mi sta guardando con gli occhi pieni di compassione. Mi asciugo le lacrime e corro via, diretta a casa. Odio essere compatita quindi corro come non l'ho mai fatto in vita mia. Arrivo a casa dopo appena 3 minuti. Sono sbalordita non pensavo che sapessi sfrecciare così veloce. Apro la porta e vado in camera mia, lanciando lo zaino sul letto. Controllo l'ora e mi accorgo che sono soltanto le 18:00. Ho ancora due ore prima di cena quindi tolgo gli auricolari e spengo il cellulare. Nel posto in cui sto per andare non ho bisogno della musica quindi decido di lasciare il cellulare a casa. Metto le scarpe da ginnastica e, arrivata all'uscio di casa grido: 《 Vado a fare un giro nel bosco, sarò qui prima di cena》
Sento la voce di Sophie attutita dai muri 《Okay ma resta nei confini》mi ammonisce.
《 Contaci》dico mentre chiudo la porta dietro di me e dirigendomi verso il bosco. Finalmente!
Gli alberi secolari riescono a coprire il cielo e riesco a sentire il terriccio morbido anche attraverso le scarpe. Adoro ogni singola parte del bosco: i suoi odori, le ombre create dalla chioma dei maestosi alberi, il vento che soffia tra di essi creando una dolce melodia ormai dimenticata dell'umanità. Qui ogni cosa è al suo posto, anche i rametti spezzati sul terreno sembrano che siano stati creati per stare lì e il muschio che cresce alla base dei tronchi d'albero. Quando sono qui mi dimentico di tutto. Ci sono soltanto io e il bosco, il mio rifugio. Non ho bisogno della musica per estraniarmi dal mondo perché qui ci sono soltanto io e il mio bosco magico. Quando decido di stendermi sotto un albero, delle grosse gocce di acqua gelide cominciano a bagnarmi. Alzo lo sguardo e la pioggia inizia a scendere violentemente su di me diventando all'istante fradicia e infreddolita. Mi guardo attorno e solo ora noto che mi sono allontanata troppo da casa. Merda! Comincio a correre nella speranza di tornare in fretta a casa e farmi una bella doccia bollente, il problema è che non riesco a vedere nulla se non ad un palmo dal mio naso. Improvvisamente mi investe una strana sensazione, seguita subito dopo da una fitta lancinante alla testa. Cado sul tappeto di foglie e grido. Cosa mi sta succedendo? Sento un dolore molto forte alla schiena e calde lacrime mi bagnano ulteriormente il viso. Sono ancora distesa per terra e so che nessuno potrà salvarmi. È proprio questo pensiero che mi fa rialzare nonostante il dolore. Inspiro rumorosamente e ricomincio a correre, ma oggi la fortuna non è dalla mia parte perché sento che qualcuno mi afferra da dietro. Mi giro cercando di divincolarmi e poi...
Alzo gli occhi e caccio un urlo perché quello che ho qui davanti non appartiene al mondo reale.
Piume nere come inchiostro ricoprono due ampie ali.
Il predatore mi fissa con un sorriso sadico.
《 Eccoti finalmente. È da tanto che ti stavamo aspettando Cassiel》
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Angels in the dark
ParanormalA volte l'oblio è l'unica soluzione. Cassiel Lux vive a Martinsburg, nel West Virginia, con i suoi genitori adottivi. Una vita normale, ordinaria, che si destreggia tra scuola e libri... almeno fino a quando alcuni avvenimenti non la faranno ricrede...