Capitolo 20.

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Samantha.

Riprendo tutti i vestiti da terra, permettendo alle lacrime di scorrere sul mio volto, bagnandolo.

Dopo aver raccolto ogni singolo vestito d'istinto li rigetto tutti in aria, facendoli di nuovo finire per terra.

A quel punto prendo il telefono, accendo il display, e noto tutte le chiamate perse di mia madre. Ma le ignoro e le elimino, non è un buon momento per riuscire a parlare con lei.

Sto avvampando dalla rabbia. Vorrei poter chiedere a Jason perché mi sta facendo tutto questo, perché si sta comportando così con me, e soprattutto cosa gli ho fatto.

Dannazione, ho bisogno di spiegazioni.

Mi sono lasciata trascinare nei suoi stupidi giochetti, ho lasciato che lui mi sottomettesse.

Al solo pensiero la rabbia aumenta sempre di più diffondendosi in ogni parte del mio corpo. Prendo il telefono e lo lancio il muro. Mille frantumi.

Non mi sento ancora del tutto libera, ma per il momento va meglio.

Mi sento come se non fossi a posto con me stessa, non avrei dovuto fare quello che ho fatto. Ma dopotutto lo sapevo sin dall'inizio, sapevo che me ne sarei pentita. Eppure eccomi qui, a scaraventare un cellulare contro il muro e sembrare una stupida, una perfettina del cazzo come sostiene lui.

Ma a quale scopo poi? Quello di farlo eccitare e poi lasciarmi qui, sola come un cane?

Decido che forse è meglio che mi faccia una doccia, forse riuscirò a scacciare via parte dei brutti pensieri che tormentano la mia mente.

Prendo dell'intimo dall'armadio e una tuta.

Mi dirigo verso il bagno e apro l'acqua, affinché si riscaldi.

Mi volto verso lo specchio, e mi guardo. Da una parte è come se non mi riconoscessi più. Insomma, ero così diversa prima. E ora... Ora sono una stupida. Continuo a ripeterlo, finché non mi stancherò.

Forse io sto bene con le persone perfettine, come me, e non con uno come lui.

Mi impongo di distogliere lo sguardo ed entro in doccia.

L'acqua brucia. Mi provoca un leggero fastidio e dolore, ma forse così riuscirò a liberarmi, a purificarmi da tutto quanto quello che ho fatto di sbagliato.

Forse persino io sono un fottuto sbaglio. È tutto così sbagliato, la mia esistenza, mia madre... Ma alla fine è sempre colpa mia. E quando è arrivato Jason ho pensato che... Beh... Che forse tutto sarebbe potuto essere Perfettamente Sbagliato, che avrei potuto subire tutto in modo più leggero, ma a quanto pare mi sbagliavo, come ogni volta.

Mi siedo sul tappetino della doccia, penso a tutto quello che potrei cambiare, a tutto quello che vorrei cambiare.

Mi addormento sperando cose che non succederanno mai.

Jason.

«Allora?» mi canzona Jenny.

«Allora cosa?» chiedo rigirando fra le mani la bottiglia ormai vuota di vodka.

«Eri da lei, vero?»

«Come fai a saperlo?» chiedo irritato.

Jenny è una grande troia che non sa mai farsi gli affari suoi, e che mi corre sempre dietro, ma non la biasimo.

«Le hai regalato il suo primo orgasmo?» ridacchia lei, chiaramente divertita.

Perfettamente sbagliatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora