Capitolo 2

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Per pochi attimi siamo rimasti fermi l'uno davanti all'altra, impacciati. Nessuno dei due si è mosso. Vedendoci, chiunque avrebbe pensato che stessimo parlando, invece noi non dicevamo una parola.
Le conversazioni più significative della nostra vita avvengono in silenzio.
-Simon V.B.

"Ciao da quanto tempo!"
"Saranno un paio di ore." Dissi con una faccia un pò preoccupata.
"Non ti credevo capace di bere tanto."
"Perché?"
"Sembri la bimba tutta brava che prende bei voti a scuola; la cocca di mamma e papà."
A quelle sue parole un pò ci rimasi male, non sapeva dei miei genitori, ma non aveva il diritto di dire ciò.
"Se proprio lo vuoi sapere non parlo con i miei genitori da tempo."
Non gli dissi che erano morti, a lui non gliene poteva importare nulla.
"Non l'avrei mai detto! Vuoi un altro drink? Andiamo!"
Caddi a terra per l'alcool.
"Okay; è una cattiva idea." Disse dandomi la mano per farmi alzare.

Sentivo una sensazione strana, da un lato gli volevo togliere la mano; dall'altro sentivo un certo calore.

"Andiamo fuori." Disse prendendo me in braccio.
Arrivati fuori mi mise giù.
"Ma che ci fai qui?" Dissi cercando di capire.
"Conosco bene la festeggiata."
"Sei il suo ragazzo?" Vidi la sua faccia cambiare, come se gli desse fastidio quello detto.
"Nono, sono il suo fratellastro."
Glenda non mi aveva mai parlato di lui chissà perché...
"Non sapevo avesse un fratellastro."
"Diciamo che non scorre buon sangue. Invece tu? È una tua amica?"
"La migliore."
A quella risposta la sua espressione cambiò di nuovo, abbassò lo sguardo e con la mano si toccò il collo.
"Qualcosa ti turba?" Chiesi mettendogli una mano sulla spalla.
"No, solo un pò di freddo." Non mi convinse molto, ma lasciai stare.
Ci sedemmo su una panchina.
"Sei molto bella."
"Come dici?"
"Sei molto bella." Replicò guardandomi dritto negli occhi e sorridendo.
Risi anch'io.
"Hai un bel sorriso."
"Lo so, da come lo guardavi stamattina."
Come dire, avrei voluto evitare l'argomento, ma dovevo rispondere.
"Supponiamo che io ti guardassi, tu come facevi a sapere che ti guardavo?"
"Perché ti guardavo anch'io."
Mi accarezzò la guancia e le nostre labbra si stavano avvicinando sempre di più.

"Katy!" Disse mio fratello facendomi tornare nel mondo reale.
"Carlo."
"Entra che devi farti la foto."
"Arrivo." Dissi, così lui entrò di nuovo.
"È molto imbarazzante..." Disse Jackson.
"Ehm... io dovrei andare... a fare la foto." Dissi facendo mille pause.
"Ti va di uscire qualche volta insieme?"
"Hai un pensiero diverso del concetto amicizia."

JACKSON'S POV
Non sapevo che dirle, immaginavo la mia faccia. Era semplicemente perfetta, in ogni cosa che faceva. I suoi occhi verdi, i suoi ricci ribelli lunghi fino alla schiena. Mi sembrava una ragazza forte; ma già da come parlava era debole come un angelo.

Dopo 10 minuti...

"Di nuovo tu?"
"Non hai risposto alla mia domanda."
"Mi piacerebbe, ma sono già impegnata..."
Non sapevo più che dire o fare, ero molto imbarazzato così cambiai discorso.
"Secondo me hai una vena artistica."
"Sei diventato un indovino?"
"È la danza vero? Si vede."
"Da cosa?"
"Dal tuo corpo."
"Cosa ha il mio corpo?"
"Beh veramente dai tuoi piedi rovinati."
Abbassai lo sguardo e vidi i miei piedi. Avevo dimenticato di mettere la crema.
"Bravo ti sei guadagnato tre punti."
"Per cosa?"
"Lasciamo stare."
"Se stai pensando al gioco sappi che non mi piace, non sono un tipo che perde. Se mi metto in gioco quella cosa deve essere mia e basta."
"Cosa deve essere tuo?"
"Tutto ciò che desidero."
"E cosa desideri?"
"Vuoi la verità?"
"Si..." Dissi sospirando.
"Te."
"C-cosa?"
"Essere un tuo amico."
"Giusto."

KATY'S POV
Mi stavo divertendo troppo con lui. In fondo anche se lo conoscevo da un paio di ore mi trovavo bene, non so il perché.
"Jackson!"
"Dimmi."
"Devo andare; grazie della compagnia."
"Di nulla."
Mi si avvicinò a tal punto che ci separavano due cm e iniziai a sudare forse perché mi mancava l'aria o forse perchè c'era lui. Non mi succedeva con Angelo perché?! Mi lasciò un bacio vicino la bocca e il mio cuore smise di battere. Che mi stava succedendo? Non poteva succedere davvero; non poteva essere vero. Io non potevo farlo. Mi calmai e andai a salutare Glenda. Non aveva nemmeno tagliato la torta. Mi dispiaceva non poter restare, ma ero troppo stanca.
Erano appena le due di notte e andai a casa con Carlo e Antonella. Mi misi il pigiama e non riuscivo a dormire. Giravo tutta la stanza ma niente; allora chiamai Angelo.
"Rispondi, ti prego." Pensai.
Stavo per staccare quando rispose.
"Dimmi amore!"
"Manchi." dissi piangendo buttandomi sul letto.
"Anche tu, fra una settimana saremo di nuovo insieme. Come è stato il compleanno? Gente nuova?"
"No, tutto normale, i soliti compleanni di Glenda. Senti..." Mi interruppe.
"Amore è tardi e domani ho esame. Devo staccare, ti amo, ciao."
"Ciao."

Sempre lontano da me, volevo averlo vicino anche solo per un secondo. Dicevano le distanza uccideva le persone... era vero. Volevo poterla spezzare per essere vicina a lui. "Basta piangere ora. Lui mi ama, basta!" e mi addormentai con questo pensiero.









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