1. Sei un eroe!

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Cyran

Fino a qualche mese fa gironzolavo di taverna in taverna, come uno di quegli astuti ma affascinanti scansafatiche, che adescano donne per rompere i loro cuori e derubano uomini giusto per il gusto di farlo.

Se ero uno scansafatiche? Sì, la definizione mi calzava a pennello.

Avrei potuto iniziare da qualunque punto della mia oziosa e mediocre vita per provarlo, come quando mi ero fatto buttare fuori dall'esercito perché avevo sedotto la moglie del generale e poi sua figlia. Oppure quando durante una battaglia navale avevo causato l'incidente col cannone. Non volevo mica colpire la flotta alleata, ma mi cacciarono lo stesso. Insomma, cose come quelle avevano determinato il mio esilio dal regno di Akra. Non era solo per la mia indole che ero stato cacciato, ma soprattutto perché mi dimostravo sempre incline ai guai. 

Dicevano che possedere un potere non significava saperlo controllare. E io lo possedevo un potere, un potere pericoloso. Per questo, la mia vita era noiosa e rocambolesca al tempo stesso. Ma le cose iniziarono a prendere davvero una strana piega quando alle mie orecchie arrivò la notizia: il re aveva indetto una gara per trovare l'uomo migliore. E l'uomo migliore per cosa? Per arrivare a lei, la principessa, la figlia del re che era stata rapita anni prima ed era scomparsa nel nulla, si diceva in terre remote e ostili.

E allora c'era da chiedersi: cosa ci faceva, fra quei prodi partecipanti alla gara, un mercenario buttato fuori dall'esercito, esiliato dal regno, considerato come feccia della peggior specie? La risposta era semplice. 

Forse guadagnare ricchezze poteva essere importante, ma tutto ruotava intorno all'orgoglio. Ad una sorta di personalissimo piacere perverso. Non vedevo l'ora di portare la ragazza fra le braccia del sovrano, solo per leggergli l'espressione sgomenta sul viso, solo per vederlo prostrarsi a terra per ringraziarmi, magari pure per baciarmi i piedi. E poi sentirgli dire a gran voce: "Sei un eroe!" o "Come ho potuto esiliarti?". Quello sì, che sarebbe stato divertente.

Quella mattina, le mura di cinta seghettate del castello, simili a grossi dentoni grigi, mordevano il cielo tinto d'azzurro. Io, con il mio pesante spadone a tracolla sulla schiena, un nome falso così orrido da far rabbrividire gli Dei e un sorriso da bello e dannato capace di far sciogliere centinaia di cuori, spiccavo come un perfetto intruso in mezzo a tanti lord ben pettinati. 

Immediatamente, i cancelli della sala d'allenamento del palazzo reale si aprirono ai partecipanti che, nervosi, si guardavano intorno e si chiedevano in cosa consistesse quella gara. La palestra reale era adibita come un'arena: c'era un grande piazzale circondato da gradinate, per quella volta usate come spalti dove far accomodare gli spettatori. Non c'era soffitto, così il sole era alto e ben visibile, e il suo tepore mi bruciava il viso.

Feci fatica a non gongolare quando la maggior parte degli uomini fuggì a gambe levate verso i cancelli, davanti allo spettacolo che ci si parava davanti. Portai la mano allo spadone, sentendo l'elsa dell'arma bollente, come se non vedesse l'ora di guizzare fra i corpi per far spargere sangue alla lama. Le guardie reali si misero vicino alle gabbie, le leve pronte a far scattare l'apertura metallica.

«Miei stimati cavalieri!» 

Il re si alzò in piedi dalla sua postazione strategica sugli spalti. Abbassò gli occhi su ogni povero sventurato che quella mattina si era svegliato con la luna storta e aveva preso la brutta decisione di partecipare alla gara. «Vi sono grato per aver risposto alla mia chiamata!» Sollevò le braccia, rendendo il suo discorso più enfatico. «Questa gara servirà a valutarvi e stabilirà chi di voi avrà l'onore di intraprendere la missione per salvare la mia amata figliola.» 

L'onore. Probabilmente quella sarebbe stata una missione suicida, e lui parlava d'onore. Trattenni a stento un ghigno colmo di disprezzo. Molto divertente, sire. «Non sarà un'impresa facile. Le probabilità di morire sono alte.» Il re non era un uomo particolare. Il fisico robusto, i capelli grigiastri, la barba incolta. Rughe colme di apprensione gli solcavano molti punti del viso. «Tuttavia, io confido in voi.» Eppure, al suo fianco sedeva qualcuno che catturò la mia completa attenzione.

Ad una prima occhiata poteva benissimo passare per una ragazza: le ciglia lunghe, le labbra rosate a forma di cuore, il nasino all'insù; i vaporosi capelli erano di una lieve sfumatura fra il biondo e l'arancio, mi ricordarono il caramello fuso e mi fecero desiderare di respirare il loro profumo, giusto per assicurarmi che fossero dolci come all'apparenza. Ma era chiaramente un ragazzo: il farsetto color peltro gli fasciava le spalle piccole, le stringhe si allineavano sul petto magro, i pantaloni chiari e gli stivali al ginocchio mettevano in mostra il fisico esile ma asciutto, la spada gli ricadeva mollemente su un fianco. 

Lui guardava il pavimento con un cipiglio corrucciato, come se odiasse l'idea di trovarsi lì, quasi quanto il fatto di avere davanti una manica di idioti che si mandavano a morire per salvare una tizia di cui conoscevano appena il nome. Continuò a fissare perentorio verso il basso, fin quando, per un meraviglioso momento, i nostri occhi non si incrociarono. Nubi temporalesche, mari in tempesta, tornado devastanti: i suoi occhi mi lasciarono senza fiato.

Lui assottigliò lo sguardo, ed io non lasciai trapelare nulla dalla mia espressione. Anzi, gli sorrisi malizioso e mi leccai le labbra, un gesto provocatorio che sperai lo mandasse in bestia. Ma lui sbatté le palpebre e strabuzzò appena gli occhi, stupito, per poi fissarmi come si fissa un insetto caduto nel tuo piatto durante il pranzo. Dopo, distolse rapidamente lo sguardo, ancora più irritato di prima.

Stavo quasi per darmi ad una risata sguaiata, ma mi bloccai, quando mi accorsi che il re aveva concluso il suo discorso e che le guardie avevano le mani sulle leve. Sguainai la spada, che produsse un sibilo metallico contro il fodero e la sbattei al suolo, creando una minuscola crepa nel pavimento di pietra. Le gabbie si aprirono e mostri della peggior specie si riversarono in quell'improvvisata arena. Inalai l'aria fresca del mattino e, con un senso di irrefrenabile gioia, mi tuffai in battaglia.







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*Note dell'autrice - Aggiornato al 2022*


Hola a tutti!

Grazie per aver iniziato questa storia! Narra un viaggio avventuroso, comico, romantico, ma anche con tanti momenti di tensione e un pizzico di angst che in ciò che scrivo non manca mai. E' una mia rivisitazione un po' buffa e decisamente yaoi del classico topos della "ricerca" (di un tesoro o di una fanciulla) che è cardine di tanti poemi cavallereschi. Si tratta di un romanzo corale, quindi i protagonisti sono quattro e hanno tutti il loro personale punto di vista.
Inoltre, questa storia è legata all'universo de "Le Cronache dell'Assassino" ma potete benissimo leggere "Per Arrivare a Lei" senza aver letto la saga sopracitata.
Buona lettura 

Per arrivare a Lei | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora