capitolo 19

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Un rumore assordante mi fa svegliare di colpo.
Cado col sedere.


‹‹Ahi.›› - mi lamento.

Maledetti aggeggi mattutini.
Raggiungo il bagno e immediatamente mi pento di non essermi addormentata subito.
Due grosse occhiaie fanno da contorno agli occhi, le labbra sono gonfie e i capelli sono un cumulo di nodi.

‹‹E' arrivato il gran giorno, bunetta.›› -eclama di soppiatto quel fastidosio corpicino magro.

Ottimo, so che la giornata è iniziata nei peggiori dei modi.

‹‹Cosa vuoi?››

‹‹Dovresti andare dal medico, tutta questa antipatia potrebbe essere contagiosa.››

Lo ignoro e mi avvicino alla scala. Mi blocca per un braccio, poco prima di perdere l'equilibrio.

‹‹Non mi conosci affatto, ma sono fatto così. Mi diverto a tormentare le persone con il mio umorismo, ma capisco quando arrivo al limite.›› –borbotta, visibilmente dispiaciuto.

‹‹Scuse accettate.››

Con forza mi stacco dalla sua presa e raggiungo il resto del gruppo, allontanandomi dal suo continuo avvicinamento.

‹‹Salirete in due gruppi e vi porteremo verso il confine della Terra dell'Ovest. Ovviamente non sarete in pericolo, in quanto il luogo scelto per la prova è stato messo sotto controllo e riadattato per queste due settimane.›› -informa una delle sentinelle.

Gentil concessione.
Mi metto comoda su uno dei tanti sedili e attendo con ansia la partenza.
A volte, senza un apparente motivo arrivano nella nostra vita delle sensazioni spiacevoli: ansia, angoscia, paura, brutti pensieri... Sono sensazioni caotiche e confuse, e che non ci danno pace.
Il caos è venuto a trovarmi e cerco subito di dargli un ordine, di "normalizzarlo", di curarlo.
Una mano si appoggia sulla mia gamba e la stringe leggermente.

‹‹Non dovresti stare qui.›› -bisbiglio sottovoce. Non desidero altri bersagli.

‹‹Ho richiesto un permesso per poter accompagnare questo gruppo.››

‹‹Senti Matt, non riesco a trovare una spiegazione logica sul perchè tu continui a tenermi d'occhio. Ma so cavarmela.›› - dico esausta.

‹‹Lo so.››

‹‹E allora perchè sei qui?›› - chiedo insisitva.

‹‹Perché ne ho avuto il permesso.››

Scuoto la testa confusa.

‹‹Non è una risposta valida.››

Dopo un paio d'ore arriviamo vicino una piccola casa.
E' mal ridotta
Tra un asse di legno ed un altro, si intravedono segni di invecchiamento. Sembra abbandonata da molto tempo. La porta non possiede maniglia e quindi si può aprire solo con una spallata, o dall'interno.
La facciata è di un rosa pesca, su cui spiccano le persiane marrone scuro delle finestre dei due piani dell'abitazione.
La casa è sviluppata attorno ad un ambiente isolato e poco centrale.
Poco più distante, infatti, si riesce a vedere l'inizio di un folte bosco.

‹‹La prova non sarà divisa in serie.›› -iniziano ad informarci.

La gola rimane asciutta e le labbra che si sfiorano appena.

‹‹Avrete due settimane per trovare un modo per uscire fuori da questa casa, ma credo che ne bastino anche cinque. Non potete semplicemente allontanarvi e raggiungere il castello, non potete scavalcare il recinto appositivamente creato. L'uscita si trova all'interno di questa casa. Dovete proteggere la chiave per uscire e soprattutto voi stessi.››

Proteggerci è un fatto naturale, legato all'istinto più radicato.
Ci proteggiamo quando ci garantiamo almeno il necessario alla sussistenza da un punto di visa materiale e anche affettivo-relazionale.

‹‹Potete decidere di creare delle alleanze tra di voi e coalizzarvi, se preferite.››

‹‹Ma chi riesce a trovare per primo questa chiave, come farà il resto del gruppo a rubarla?›› -domanda uno dei presenti.

‹‹Astuzia e forza.›› -risponde freddamente la sentinella.

‹‹Quindi la morte non sarà invana?›› -urla un altro.

‹‹Senza sacrificio, l'uomo non rimane altro che un involucro vuoto.›› -vuole fare chiarezza su un qualcosa di così terribile.

Improvvisamente mi sento mancare l'aria.
Il cuore accelera i battiti a mille. Sudo, sudo da ogni singolo poro.
Mi sento mancare.

‹‹Vieni con me.›› -sussurra caldamente Matt.

Mi trascina lontano e istintivamente mi tira a sè con sicurezza improvvisa.
Le lacrime mi bagnano il viso senza un vero e proprio motivo. Oh...perché? Perché lascio che il pianto mi dia sollievo?

‹‹Tu lo sapevi?›› - domando tra un singhiozzo e un altro.

‹‹Sapevo che avevano in programma di cambiare qualche procedura, ma non avevo in mente un tale disastro. Non ti avrei fatta iscrivere se lo avessi saputo con anticipo.›› -mi accarezza la nuca.

‹‹Ho visto come mi guardano. Mi faranno subito fuori.›› -bofonchio.

Mi alza il viso e racchiude i nostri sguardi in un'ampolla di coraggio.

‹‹Ricorda che tu hai qualcosa che loro non hanno.›› -mi sussurra all'orecchio.

Gli sorrido grata.
Morire è tremendo, ma l'dea di morire senza aver vissuto è insopportabile.
L'ingresso è delimitato da muri vecchi e scrostati, ed è illuminato da una lampadina gialla. Il suo, però, non è un giallo vivo e intenso, è pallido, malato, freddo.
Di fronte sorge una rampa di scale, e deduco che sia poco sicuro, a destra si trova un ampio salone con divani sgualciti; mentre a sinistra si va verso quella che deve essere una cucina.
La libreria che circonda un'intera parete, è interamente colma di libri.
Ogni cosa, in questa casa, è al suo posto. Come se non avessero toccato nulla dalla partenza immediata dei proprietari.
Vengo spinta violentemente verso la parete alle mie spalle, e soffoco un urlo.

‹‹Sappi che ti teniamo d'occhio.›› -ricevo una prima minaccia.

Tra di loro noto il volto di Alex.

‹‹Non farli arrabbiare, brunetta.›› -mormora in modo tale che riesca a sentirlo solo io.

Devo uscire da questa casa.
Appena, però, metto piedi fuori, due mani forti mi tengono ferma.

‹‹Lasciami.›› -stillo.

Uno di loro mi si para davanti e inizia ad accarezzarmi il viso.
E' grosso, forte.

‹‹Non toccarmi.› -strido.

Mi coglie il panico.
La violenza è semplice, le alternative alla violenza sono complesse.

‹‹Hai già trovato qualche indizio?›› -si passa l'indice sopra il labbro inferiore.

Gli sputo dritto in un occhio.
Mi schiaffeggia scaraventadomi di lato. Le lacrime di dolore mi offuscano la vista e fatico a respirare. Sento la guancia bruciare mentre apro lentamente la bocca.
Il mio cervello non riesce a capacitarsene.

‹‹Dobbiamo osservarla, non ucciderla. Hai capito, Henry?›› -uno dei presenti chiede conferma dal presunto leader.

‹‹E' meglio per te che riesci a trovare un modo per uscirne.›› 

Batte un pugno di fianco l'orecchio e mi abbandona in quello stato offuscato.
Non finirà bene.


Angolo nostro 🎀

Avviso che il prossimo capitolo è abbastanza forte.

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Nashell: La Guardiana (#1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora