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Aprii la finestra usurata e venni investita da una folata di caldo, tipico qui in Tennessee. Mi recai in bagno per una doccia rigenerante,l'acqua era ghiacciata al contatto con il mio corpo accaldato; Non potevo più usufruire di quella calda, ma data la stagione in pieno Agosto, mi adattavo benissimo.

Avvolsi in un telo il mio esile corpo, guardai il mio viso attraverso il tondo dello specchio scheggiato. Avevo appena compiuto diciotto anni ma dentro mi sentivo come una centenaria. I capelli castani lunghi mi ricadevano fino al fondoschiena e gli occhi verdi non vibravano certo di felicità ingannevole.

Ero sola, abbandonata al mondo. Mio padre da quando mia madre se n'andò iniziò ad alcolizzarsi, non era più lo stesso uomo dolce e gioioso che mi portava sulle spalle e mi prendeva in braccio. Era un vegetale, che restava lì impassibile, fino a quando non lo convinsi ad andare in una comunità di alcolisti e tossicodipendenti.

Era stata dura fargli capire che aveva bisogno di una mano. Non se ne rendeva conto.

Quando bevi per vizio e non riesci a smettere non vuoi sentirti dire che sei un alcolizzato, perché per te diventa un'abitudine, ma vedere il proprio padre autodistruggersi per undici anni non lo avrei mai augurato a nessuno.

Mi recai in camera per vestirmi con qualche straccio che avevo, un jeans consumato che mi andava strettissimo, enfatizzando le mie curve, e un top sbracciato nero.
Presi dal comò la spazzola per pettinarmi i capelli. Come sempre mi soffermai a guardare la foto di quella donna,mi facevo schifo allo specchio, le somigliavo così tanto che certe volte era dura guardarmi senza provare un senso di nausea.

"Sto arrivando, e giuro su dio che ti farò vedere che la bambina rompiscatole è diventata una donna FORTE".

Infilai la foto sbiadita dentro il borsone blu. Era arrivato il momento di andarla a cercare, nessuno me lo poteva impedire.

Andai a trovare mio padre per salutarlo, non gli avrei rivelato che stavo andando a rovinare la famigliola che si era creata a Miami. Non gli avrei detto che avrei rovinato la sua vita come lei la rovinò a noi.

Arrivai a piedi, non avevo un mezzo.

Varcai la soglia di quella clinica, l'odore nauseabondo di alcol e medicinali mi schiaffò in pieno viso. Una ragazza dai capelli neri a caschetto, al banco accoglienza, mi rivolse un sorriso cordiale.

"Salve in cosa posso esserle utile?" Il sorriso spensierato di chi nella vita non aveva reali problemi m'intimidì. Io non avevo neanche l'ombra di un sorriso sul volto, e non potevo ricambiare come avrei dovuto.

"Sto cercando mio padre, Maicol Foster" la informai. Mi squadri acconsentendo, guardò sul computer ed affermò...

"Stanza78, secondo piano, la penultima a destra" m'indicò l'ascensore con la mano e la ringraziai.

Quandole porte metalliche si aprirono, m'investì il panico. Ormai andavo atrovare mio padre tutte le settimane, da due mesi a questa parte. Ma oggi era diverso, la settimana prossima non mi avrebbe rivisto.

Afferrai la maniglia fredda della porta bianca e la buttai giù, aprendola piano.

Scorsi mio padre a sedere su una sedia bianca, che guardava fuori dalla vetrata. Quando si accorse che c'era qualcuno in stanza si voltò, i capelli erano bianchi e formavano una massa scomposta e gli occhi infossati contornati da due cerchi neri.
Mi avvicinai a lui, con il cuore in gola e la voglia di piangere.

"Papà ma non dormi? e poi dovresti mangiare qualcosa, sei tutto pelle ossa"m'inginocchiai ai suoi piedi, poggiando i palmi sulle sue ginocchia fragili, fissando i suoi occhi tristi.

"Cindy io sto bene, non dovresti preoccuparti di un povero vecchio pazzo come me" le parole erano un sussurro appena udibile e strascicato.
Il cuore mi si ridusse in brandelli piccoli come coriandoli.

"Tu sei mio padre, non un vecchio pazzo. Ti amo più della mia vita e ti prometto che ci sarò sempre anche quando non mi vedrai, io ci sarò,ti prometto che un giorno uscirai da questa clinica e tornerai a casa con me, saremo io e te per sempre insieme contro al mondo, te lo ricordi? Quando mi facevi volare in alto mi dicesti che saremmo stati sempre fianco a fianco combattendo i cattivi, noi lo combatteremo insieme papà, ce la farai, io lo so."

Mi sporsi in avanti baciandogli la fronte ruvida e calda, alzò losguardo su di me con gli occhi grigi velati, mi prese una mano e me la baciò. Sentii le sue labbra screpolate sulla mia pelle e mi alzai.

"Stai partendo vero?" Mi disse quando stavo per aprire la porta. Mi voltai e vidi un mezzo sorriso apparirgli sul volto.

Voleva che andassi avanti con la mia vita, che non mi focalizzassi solo su questo posto. Non avevo amici, non avevo potuto finire gli studi e arrancavo facendo la cameriera in un fast-food. Lui sognava una vita migliore per me.

"Starò via per poco tempo, sai ho fatto amicizia a lavoro, ma tornerò presto" mi sforzai di rivolgergli un sorriso.

Appena richiusi la porta, mi appoggiai al muro freddo sentendo una morsa dentro lo stomaco, per aver mentito all'unica persona che avevo al mondo.

       

Mi scese una lacrima ma non me ne curai, mi affrettai ad uscire da quel posto e lanciai un'ultima occhiata verso la sua finestra, dove era affacciato. Ci scambiammo un'occhiata e mi avviai a piedi, con la ghiaia del suolo che scricchiolava sotto ad ogni passo.

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