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Pov.James

Potevo leggergli nel volto un'espressione confusa, come se fossi un' enigma troppo difficile da capire e risolvere.
Aveva ragione ero un'enigma, come un cubo di Rubik voltavo e cambiavo diverse volte la posizione senza mai trovare la soluzione.

Sbruffò spostandosi da una gamba all'altra spazientita, aumentando in me l'agitazione alle stelle.

"Puoi smettere di ballare con la gamba?" Le chiesi passandomi una mano tra i capelli.

La vidi incrociare le braccia sul petto ed annuire, fermandosi sul posto.
Tirai un sospiro e le tesi la mano.
La guardò per una manciata di secondi quando l'afferrò rassegnata.

"Andiamo a parlare in un posto tranquillo, casa tua andrà più che bene" affermai sicuro, ero agitato, gli avrei dovuto spiegare tutto dal principio, non sarebbe stato semplice, non l'avevo previsto all'inizio, non era questo il punto cruciale, non dovevo invaghirmi di lei, ma la sua dolcezza ed innocenza mi avevano ammaliato.

Camminai svelto, assicurandomi che Cindy mantenesse il mio passo. Era calato un silenzio tombale finché non arrivammo davanti al porticato di casa sua.

Aprì la porta e la feci passare, chiudendola alle mie spalle.
Buttò la borsa sul divano e si sistemò a sedere, facendomi segno di seguirla sulla poltrona davanti.

"Beh, inizia" sospirò brusca, anche se vedevo come si torturava i polpastrelli con le unghie.

Presi un respiro profondo, poggiando i gomiti su i ginocchi, chinandomi in avanti per guardarla negli occhi. Un vero uomo affrontava i discorsi guardando negli occhi, me lo ripeteva spesso mio padre, lui era un codardo infatti.

"Vedi, non ho avuto un'adolescenza rose e fiori come puoi pensare, certo la mia infanzia è stata felice fin quando mio padre non lasciò mia madre quando avevo 14 anni, da lì è stato un precipizio" mi fermai per riprendere fiato, la gola mi si stava seccando. Vidi Cindy fissarmi rapita, si alzò dirigendosi verso la cucina, quando la vidi tornare con un bicchiere d'acqua poggiandolo sul tavolino difronte a me, riprendendo posizione sul divano.

Presi un sorso e continuai incitato da un lieve sorriso da parte sua.
"All'età di 15 anni inizia a frequentare compagnie poco raccomandabili, gente che spacciava e si drogava, molti erano più grandi di me, mi sentivo figo ad essere uno di loro, e decisi d'iniziare a spacciare droga di contrabbando, me ne fregavo della legge, sopratutto quando venni a sapere che mio padre aveva adottato insieme ad un'altra donna, Rudy" mi fermai al pronunciare quel nome quasi con ribrezzo. Vidi Cindy sgranare gli occhi lucidi, portandosi una mano alla bocca che tremava, m'incitò di continuare facendo cenno con la testa. Mi posizionai meglio sulla poltrona divenuta troppo piccola e scomoda.

"Lui era divenuto il cocco di papà, era quello bravo a scuola, era quello educato che rispettava le regole, io ero la pecora nera. Mi guardava con un ghigno malefico perché sapevo che spacciava e faceva uso di droga alle spalle di mio padre, e quando tentai di dirglielo mi picchiò, credeva che fossi invidioso perché lui era migliore di me, ed io sarei stato sempre un disgraziato senza un futuro ed una carriera brillante" sospesi un attimo, il dolore era troppo grande, non ero abituato a piangere, cazzo ero un uomo, ma certe volte abbiamo anche noi dei limiti e dei talloni d'Achille.
Mi sentii gli occhi offuscarsi, sentendo una lacrima scorrere giù lungo il viso fino alla ricrescita della barba, fermandosi.
Guardai Cindy piangere, portandosi una mano al cuore, mi faceva male vederla così, piangeva per il mio dolore e dentro quel dolore c'era anche il suo.

"Ogni mattina mi svegliavo e mi domandavo, cosa ci fosse di tanto sbagliato in me, perché preferiva lui, cristo...io ero sangue del suo sangue, io avrei dato l'anima per lui" mi bloccai di nuovo, ormai le lacrime che scorrevano lungo il mio viso erano troppe, vedevo appannarsi tutto davanti a me, Cindy appariva come uno schizzo.
La vidi alzarsi, ma le feci cenno di stare sul posto, non avrei saputo continuare, e non sarei arrivato alla parte più difficile che avrebbe spaccato il suo cuore a metà.

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