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Mi stavo perdendo in quel bacio così intenso, quando James lasciò le mie labbra lasciandomi priva di difese, appoggiò la fronte accaldata contro la mia, avevamo i respiri affannati e spezzati dalla foga, mi guardò negli occhi così intensamente che ero sicura che sarei sprofondata in quei pozzi che brillavano.
Si scostò da me sferzando un pugno contro la parete al lato della mia testa, facendomi sobbalzare, che gli era preso?!?.
Quando sentimmo un rintocco di nocche sulla porta, mi scansai e andai ad aprire ancora confusa, non avevamo parlato da quando mi aveva baciato.

"Cindy come v..." Si fermò non appena vide James di spalle che guardava oltre la vetrata, probabilmente pensieroso.
Gli feci cenno di non dire niente e sgranò gli occhi alquanto confusa.
"Katy vieni" cercai di mantenere la calma anche se dentro avevo una tempesta che si smuoveva.
James si voltò, aveva il viso serio e si mise le mani in tasca, salutò Katy con un sorriso e poi si soffermò sul mio orecchio alitando il suo sapore sul mio collo debole al suo contatto,
"Mi dispiace, è stato uno sbaglio...ci vediamo per le prove" un magone mi salì in gola, quelle parole sembrarono una coltellata dentro al petto, ma non mi sarei mostrata fragile, scossi la testa ed acconsentì sorridendogli falsamente, a quanto pare ultimamente mi riusciva bene.
"Si...ci vediamo" sussurrai convinta anche se il mio tono gracile smascherò un po' dell'amaro che mi aveva lasciato dentro, prima di scomparire dalla nostra visuale, sbattendo la porta alle sue spalle.

Katy si afflosciò sul divano, guardandomi come se avessi commesso un reato, odiavo sentirmi così.
"Beh parla" m'incitò vedendomi confusa, mi misi a sedere vicino a lei.
"In realtà non c'è molto da sapere" iniziai con il magone che ancora mi strozzava la gola, per quelle parole, si era pentito eppure l'avevo sentito quanto mi volesse, non potevo essermi immaginata tutto.
"Andiamo Cindy...ti vengo a trovare e vedo James e te sconvolti, di sicuro non è venuto a parlarti del lavoro...sono tua amica perciò" mi poggiò la mano sul ginocchio, mi guardava e poteva leggermi dentro. Presi un sospiro e lo rigettai.
"Quando sono tornata...io...beh l'ho trovato qui, e poi...non so, ha voluto sapere e imprecava...e mi ha baciata" ammisi sentendo gli occhi pizzicare e diventare gonfi.
Katy si fece più vicina allargando le braccia per accogliermi in un'abbraccio caloroso, mi lascia consolare e coccolare i capelli.
"Quindi?" Mi scostò per osservare il mio verde arrossato.
"Si è pentito...io..." Non riuscì a finire la frase che una goccia solcò la guancia bruciando.
"Non lo conosco abbastanza, ma sul suo viso non c'era traccia di pentimento" asserii, il tono di voce dolce mi tranquillizzò, non dovevo pensarci, avevo tanti pensieri troppe cose a cui pensare, e non aver ancora rivelato nulla a Katy mi faceva sentire sporca.
Si alzò dal divano porgendomi la mano e mi tirò su.
"Ora ci diamo una sistemata, abbiamo le prove" annuì sforzando un sorriso,
"Kevin come sta?" Gli domandai preoccupata,
"Sta bene, tra due giorni lo dimettono...ti prego non ti sentire in colpa...lui l'ha fatto perché ti vuole bene...siamo sue amiche l'avrebbe fatto anche per me" mi prese per le spalle guardandomi dritta negli occhi per assicurarsi che ciò che diceva l'avevo recepito.
"Katy lui non ti vede come un'amica" gli rivelai, a quelle parole la vidi arrossire e scuotere la testa, distogliendo lo sguardo.
"Prepariamoci" annunciò spingendomi da dietro verso la camera.

Pov.James

Ero andato a trovarla a casa, che cazzo mi era saltato in mente, non riuscivo proprio a stargli lontano ma dovevo farlo se non volevo che Rudy la colpisse ancora.
I suoi occhi, le sue labbra ora sapevo che sapore avessero, erano una droga che ti consumava lentamente.
'Coglione' mi ripetevo in testa, gli avevo detto che mi ero pentito, dovevo farlo per il suo bene, non ero il tipo di persona per lei così pura e indifesa, la mia perla.

Girai in macchina senza una meta, accendendomi una sigaretta.
Ogni boccata era una scarica di adrenalina, l'unico vizio che mi era rimasto negli anni, non potevo farne a meno.
Immagini di me di quando ero ragazzo, avevo poco più di 14 anni, mentre spacciavo, giravo in compagnie poco raccomandabili, erano diventati una famiglia, la mia si era distrutta ed avevo perso tutto, l'annuncio di mio padre quando adottò Rudy insieme ad Eleonor era stato il colpo di grazia ed iniziai a tirare cocaina, ero aggressivo e ciò che ho fatto ha l'età di 18 anni non ne vado fiero, ogni tanto il pensiero mi ritorna, 2 anni in carcere tirato fuori grazie alla cauzione che pagò il fidanzato di mia Madre.
Lo stronzo di mio Padre non si era preoccupato minimamente, aveva occhi solo per Rudy, l'odio era mio amico, la rabbia la mia alleata.

Mi fermai davanti ad un Pub, dove andavo spesso da ragazzo, avanzai quasi intimorito, troppi ricordi, logoravano il cervello.
"Guardate chi si vede" esclamò Alexander, il proprietario del Pub, un'uomo intrigante, aveva 40 anni portati bene, era rasato con tatuaggi sparsi in tutto il corpo e dei baffi castani ad incorniciare il tutto.
Era stato un secondo padre per me, vedeva la mia distruzione insieme ad altri ragazzi, ma me ne fregavo.
"Ciao Alex" feci un cenno con la testa sedendomi sullo sgabello di legno davanti al bancone, appoggiando i gomiti.
"Come te la passi" mi squadrò osservandomi, annuendo.
"Bene" l'unica parola che mi uscì, si pulì le mani al grembiule e mi versò della birra, porgendomela.
"Ho saputo di Richard" il tono cupo e dispiaciuto, quello che non avevo io, sapeva quanto l'odiassi ma mi ricordava ogni volta che era mio padre, sangue del mio sangue.
"Già" presi una sorsata sbattendo il bicchiere sul bancone, facendo fuoriuscire un po' del liquido, che Alexander si affrettò a pulire.
"Ragazzo credo che adesso dovresti sbollire il tuo odio, ha pagato le sue colpe e dio lo benedica, sai che sono contento che tu sia uscito da quel brutto giro, ogni tanto vedo Rudy, si è fatto una bella cerchia" m'intimò a bassa voce sporgendosi verso di me per non farsi sentire da orecchie indiscrete.
Presi un'altra sorsata, solo ripensare a lui mi annebbiava il cervello.
"Quanto ti devo" presi il portafoglio dal retro del pantalone, ma mi bloccò.
"Offre la casa, sono contento di averti rivisto James" mi alzai dirigendomi verso l'uscita.
Mi girai un ultima volta tenendo la mano sulla maniglia,
"Grazie Alex".
Ero riconoscente di tutto ciò che aveva fatto per me, dovevo avviarmi al Locale, a Rudy avrei pensato poi.

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