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Le porte dell'ascensore metallico si aprirono, richiudendosi davanti ai miei occhi togliendomi la visuale di un James frustrato che camminava avanti ed indietro per il parcheggio fumandosi una sigaretta.

L'agitazione che avevo nel petto era la stessa di quando venni qui per dire a mio padre che sarei andata via, ma questa volta forse era duplicata quell'ansia, mi pesava come se avessi piombo al posto delle viscere, e mi contorcevo dal male, da tutto quel male che avevo subito, subivo e avrei dovuto subire.

Quanto puoi essere forte per sopportare tutto questo?
Non mi davo una spiegazione logica, non ero neanche più convinta di essere forte, le mie certezze crollavano alla vista dei suoi occhi, ma ritornavano lucide quando parlava.

Quanto può farti soffrire una parola?
Più di ciò che sembra, il dolore fisico ti passa con il tempo, il dolore che ti strazia l'anima rimane in eterno, lo puoi coprire ma ad un minimo cedimento è lì, pronto a ricordartelo.

Chiusi gli occhi sospirando. Il rumore del campanello riecheggiò nell'abitacolo, prima che le porte si riaprissero, chiudendosi alle mie spalle, lasciandomi da sola in quel corridoio spoglio e bianco.

Mi avvicinai alla porta, ad ogni passo il cuore saltava finendomi in gola.
Presi un respiro profondo, abbassando la maniglia fredda come me.

Lo vidi alla finestra, girato di spalle, con le mani poggiate al cornicione della vetrata, i capelli brizzolati mossi dal filo di vento che entrava nella stanza.
Si girò lentamente verso di me, con un sorriso tirato e gli occhi di chi sa tutto.

"L'hai saputo" accennò riportando l'attenzione fuori dalla finestra, staccando le mani per andarsi a sedere.

"Come lo sai che l'ho saputo?" Chiesi con un filo di voce, appoggiando la borsa sul letto.

"Vi ho visto parlare fuori" affermò abbassando lo sguardo.

Mi andai a sedere vicino a lui, che alzò lo sguardo pentito verso di me.
"Perché? Come hai potuto tenermi nascosto tutto per 6 mesi, facendo finta di niente" sussurrai con la voce spezzata dal dolore provocato.

"Perché altrimenti non saresti partita, non volevo essere io a dirtelo, i ricordi fanno male Cindy, e quando troverai l'amore lo saprai" mi fissò così intensamente che sapevo dove voleva arrivare a parare.

"Voglio sapere come ti sei messo in contatto con James" tirai fuori il suo nome a fatica, raschiandomi il polpastrello del pollice con le unghia.

"È stato lui a contattarmi, lesse il tuo nome sul testamento, te ancora non avevi compiuto 18 anni e chiamò me per raccontarmi tutto" rivelò con una punta di rammarico, aveva gli occhi velati, sapevo quanto aveva amato mia mamma, ma il suo amore non era corrisposto come avrebbe voluto.
Sognava una vita felice, mi raccontava di quando sarei cresciuta che mi avrebbe portato in Spagna, a Parigi, guardando cartoline di quei posti ed anch'io nel mio profondo speravo di andarci, allacciando le mie piccole braccia intorno al suo collo facendomi fare la giravolta con le gambe sospese in aria, e mi sentivo la bambina più fortunata del mondo.

"Raccontami, ti prego" lo incitai poggiando la mia mano sulla sua, dove si potevano notare le vene in rilievo.
Acconsentì lievemente con la testa, puntando i suoi occhi nei miei.

"Come ti ho spiegato James mi chiamò notando il tuo nome sul testamento, in cui tua madre ti lasciava in eredità tutti i suoi gioielli, valgono una fortuna. Ma aveva anche sospetti sul vostro fratellastro Rudy, mi raccontò del figlio che avevano adottato, covava rabbia e sentivo la sua tristezza quando ne parlava, così gli dissi che sapevo che compiuta la maggiore età saresti andata a cercarla, sei sempre stata una bambina cocciuta e testarda e quando avevi in mente una cosa difficilmente riuscivo a farti cambiare idea, in questo assomigli molto a tua madre" disse mesto le ultime parole quasi in un sussurro, più per se stesso che per me.

"È un bravo ragazzo Cindy, ha un passato difficile e triste, ma ci tiene a te, non so che rapporto abbiate instaurato ma qualunque esso sia, dagli un'altra possibilità" disse soave, lasciandomi un bacio sulla fronte, spostandomi i capelli che finivano davanti.

"Non...non abbiamo nessun tipo di rapporto, e non lo voglio avere" aggiunsi abbassando lo sguardo sulle nostre mani.

Annui con la testa, come per fare finta di credermi con fatica.

"Certo, ricorda solo che sbagliare è umano, non puoi prevedere ciò che il futuro ti riserva" mi sollevò il mento squadrandomi.

"Lo so, ma bisogna pensare alle conseguenze quando si fanno delle scelte" replicai, alzandomi dal letto, prendendo la borsa.

Quando sentii aprire la porta e subito dopo vidi James.

"Posso?" Chiese titubante per non sembrare invadente. Quel posto era già ristretto e con lui dentro sarebbe diventato microscopico, non avevo abbastanza riserva d'aria da prelevare per far si di rimanere calma.

"Certo, vieni avanti figliolo" lo incitò mio padre con un gesto della mano.

"Ora sai come sono andati i fatti Cindy, credimi se tornassi indietro ripeterei tutto perché il percorso mi ha fatto incontrare te" rivelò guardandomi, mentre fissavo mio padre che aveva un brillio negli occhi quasi commosso.

Cosa c'era di tanto commuovente, quando si viene presi in giro e vedi il tuo cuore e la tua vita presa a pugni?

"Io invece...certi errori non li commetterei" dissi di rimando con astio.
Ricevendo un'occhiata da mio padre.

Presi un profondo respiro, troppo per non esplodere.

"Ma insomma, da che parte stai?" Sbottai fissando mio padre, aggiustandomi meglio la borsa sulla spalla.

"Da nessuna parte Cindy, le cose si fanno in due" aggiunse facendomi sprofondare. Aveva ragione l'avevo voluto anche io, ma prima di sapere tutta la verità che mi nascondeva.

"Credo che questo discorso lo possiamo chiudere e seppellire qui, date le circostanze e dato tutto ciò che so, mi basta" replicai infastidita più con me stessa, per non riuscire a spiegargli il punto della situazione per non creare ancora più imbarazzo di quanto già ci fosse.

Mio padre si alzò venendomi incontro, aprendo le braccia per stringermi.
Mi buttai addosso a lui, lasciandomi avvolgere dal calore paterno, non aveva parlato per il mio bene, certi errori si fanno ma bisogna saper perdonare, ma per James non ero pronta e forse non lo sarei mai stata.

Mi diede un bacio sulla nuca, pizzicando una guancia come quando ero piccola e mettevo il broncio, per farmi tornare un sorriso, diceva che era più bello della luna che splendeva nel buio.

"Figliolo mi raccomando, prenditi cura di lei, non vi preoccupate mi sto rimettendo in forma più di ciò che sembra" aggiunse stringendo la mano di James, regalandomi un occhiolino a me.

"Non ti preoccupare, ci penso io a lei" mi guardò intensamente, fissando le sue nubi, avvertendo quanto sincera fosse la sua promessa.

James uscii lasciandomi salutare mio padre.

"Vedrai che uscirai prima di ciò che pensi" gli sorrisi sinceramente.

"Non mi preoccupo di questo tesoro mio, fa ciò che senti" si raccomandò prima di darmi un bacio sulla mano.

Lo salutai chiudendomi la porta alle spalle, poggiandomi al muro, abbassando un attimo lo sguardo.

"Sei pronta?" Sobbalzai per lo spavento, non credevo fosse ancora lì, si avvicinò sfiorandomi la mano con la sua, che ritrassi come se avessi preso una scossa piacevole, ma non dovevo ragionare con il cuore.

"Si, andiamo" affermai incrociando i suoi occhi.

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