2

70 11 0
                                    

È la prima volta che ci incontriamo da soli, io e lui, ed è anche la prima volta che vado a casa sua. Mi rendo conto di non conoscere molto questo tizio, anzi, di non conoscerlo affatto. Finora ci siamo scambiati qualche messaggio ed ora eccomi qui: sotto casa sua. Suono il campanello, non l'ho mai visto alla luce del sole, di lui ricordo soltanto il profumo della sua barba. Un ragazzo sbuca da dietro alla finestra, accenna un saluto e poi scompare. Dopo poco una porta si apre, ed un ragazzo avvolto in una maglia celeste mi rivolge un sorriso. I suoi capelli sono castani, così come la sua barba e i suoi occhi. Ciò che mi colpisce maggiormente è il colore delle sue sneakers: sono bianche, immacolate, come appena tolte dalla scatola. Lo saluto:
"Ehi."
"Entra." dice.
Percorro i pochi passi che ci separono ed entro in casa, sento odore d' erba: c'è un portacenere sul pavimento e al suo interno ci sono dei mozziconi. Sento gli spari che provengono dal televisore, stava giocando alla PlayStation, il volume é molto alto. Afferra un telecomando, preme su un pulsante rosso, lo schermo si annerisce e gli spari cessano.
"Hai fame?" Chiede e senza aspettare la mia risposta si dirige in cucina, che la sua sia fame chimica?
Torna con un sacchetto di patatine, da cui prende grandi manciate.
"Grazie ma non ho fame."
Ci sediamo sul suo divano, un divano di color verde, il tessuto è macchiato.
"È stato Sordi a farci incontrare giusto?" Chiede.
"Già."
Annuisce, accende una sigaretta e prende una boccata di fumo.
"Era venerdì, indossavi un vestito nero. Niente male davvero."
"Grazie." È preciso quanto impertinente.
"Mi piace quel vestitino nero"
Capisco immediatamente dove vuole arrivare. La sua mano mi accarezza la coscia. Un pensiero mi attraversa la testa: sarebbe bello se mi toccasse?
Entrambi rimaniamo in silenzio, persi nei nostri pensieri.

Escape From BabylonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora