Capitolo 23

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Osservo Lily alla guida del suo Maggiolino color verde bottiglia e penso a quanto sia stata fortunata a trovare lei in aeroporto e suo figlio Ryan a salvarmi sull'aereo.

Mi sono posizionata al centro dei sedili posteriori. Riesco a intravedere il viso di Ryan, indossa degli occhiali da sole scuri e sembra stia guardando fuori dal finestrino. Sposto lo sguardo verso Lily ed incrocio i suoi occhi nello specchietto retrovisore. Sorride, mi ha beccata in flagrante a guardare suo figlio.

«Quindi vi eravate già conosciuti sull'aereo?» domanda lei guardando Ryan.

«In realtà all'imbarco...» risponde lui continuando ad osservare fuori disinteressato.

Ripenso a quando Ryan ha finto davanti alla Hostess di essere il mio fidanzato, alle sue braccia che mi stringevano e al calore del suo corpo. Sento una vampata salirmi dal petto al viso.

«Interessante...» commenta lei.

«Ho avuto un calo di pressione e Ryan mi ha aiutata» aggiungo prima che Lily possa farsi strane idee.

«Non sembrava un calo di pressione!» puntualizza lui che finalmente si gira a guardarmi.

Lo guardo corrugando la fronte.

«Ero solo un po' agiata per il volo» rispondo in fretta fissandolo per zittirlo.

Non voglio parlare di quello che mi è successo. Non voglio parlare della mia vita a degli sconosciuti. Non voglio che conoscano nulla di me, del mio passato. Sono venuta qua per ricominciare.

«Cosa ti porta a Dublino?» chiede Lily cambiando argomento.

«Avevo bisogno di cambiare. Mio fratello a diciott'anni ha passato qua un'intera estate e questa città gli è rimasta nel cuore, così ho scelto la mia meta!»

«Tuo fratello non vive qua?» chiede Lily e noto Ryan irrigidirsi sul sedile.

«Quante domande fai?» la interrompe lui.

«Non essere scortese!» lo riprende lei.

Ripenso a Nathan e a quanto adorava questo posto. Quando era tornato dal suo viaggio, non era più la stessa persona. Si era ripromesso di finire le superiori, diplomarsi e poi trasferirsi proprio a Dublino. Quando descriveva questa città gli si illuminavano gli occhi.

«Nathan avrebbe voluto vivere qui, ma è morto in un incidente pochi mesi prima del diploma»

Lo dico quasi con leggerezza, come se tutta la sofferenza di quel tragico evento non mi appartenga più. La verità è che la morte di una persona cara ti provoca una ferita profonda, che si rimargina ma continua a far male sempre. Dopo un pò impari a conviverci, ma non significa che è il dolore è passato. E' semplicemente li, per sempre.

«Oh mio Dio, mi dispiace molto Selene» sussurra Lily tremendamente dispiaciuta.

Ryan non dice nulla, è tornato a fissare fuori dal finestrino, impassibile.

Qualche minuto più tardi, finite le immense distese di verde della campagna irlandese, entriamo nella città. I palazzi sono bassi, per lo più casette variopinte. Sono meravigliosamente caratteristiche e piacevoli agli occhi.

Sono rapita dalla vista di un bus a due piani rosso, quando Lily frena e si ferma. Ryan scende svelto dall'auto.

«Siamo arrivati Selene. Benvenuta all'Adelphi!» esclama Lily sorridendomi cortese.

Scendo dall'auto seguendo Ryan e mi fermo a contemplare quella facciata bianca in stile vittoriano e la porta d'ingresso in legno blu.

«Devo fare delle commissioni, ci vediamo più tardi. Ryan tratta bene la nostra ospite e mostrale la sua stanza» aggiunge Lily.

Ryan chiude il baule sbattendolo, dopo aver tirato fuori la sua valigia e il mio trolley.

«Si certo...» sussurra.

Lily ci saluta e riparte. Guardo Ryan e incrocio i suoi occhi. Eccoci nuovamente da soli.

Apre la porta blu e la tiene aperta cortesemente, per farmi entrare. I suo modi sono gentili, ma quando parla con me sembra irritato.

L'ingresso è spoglio e le pareti bianche lo rendono un po' asettico. Sulla destra c'è un salone con i muri rivestiti in legno e al centro della stanza sono posizionati due divanetti verde scuro, forse un po troppo usurati.

Ryan sparisce dietro una porta vetrata e torna poco dopo con in mano due chiavi.

«L'arredamento non è il massimo, ma è pulito e... ti mostro la tua camera!» conclude in fretta Ryan.

«Grazie.» rispondo, un pò a disagio per aver tacitamente ammesso quello che ha appena detto.

Raggiungo Ryan in fondo al corridoio e scorgo una rampa di scale. Lui mi ruba letteralmente il trolley di mano e inizia a salire.

«Sono quattro piani e la tua stanza è all'ultimo... niente ascensore!» sorride.

Perfetto! Sono proprio fortunata, mi terrò in forma.

I gradini sono in legno, ricoperti al centro da moquette blu. Quando arriviamo al terzo piano le scale finiscono e dopo aver percorso un piccolo corridoio, mi ritrovo ad inseguire Ryan su una strettissima rampa di scale, spero l'ultima.

Sul piano ci sono due porte bianche vicine e una terza blu in fondo al corridoio. La numero diciotto e la numero diciassette.

«Ti prego non dirmi che la mia è la diciassette...» sussurro.

Ryan mi guarda stranito ed apre la diciotto.

«Sei strana...»

Quando la porta si apre vengo investita dai raggi del sole che entrano prepotenti dalla finestra. La stanza è piccola ma accogliente. Il pavimento è rivestito in moquette blu e le pareti bianche sono arredate con scaffali rossi. Il letto matrimoniale occupa quasi tutta la camera e sotto la finestra si trova un divanetto verde.

«E' piccola ma da qua in alto hai una bella vista!» mi sorride entusiasta.

Do un occhio fuori dalla finestra, che si affaccia sulla strada da cui siamo arrivati. Il senso di marcia opposto, i palazzi con quell'architettura particolare, una città nuova, all'improvviso mi rendo pienamente conto di averlo fatto. Sono sola, in un'altra città, di un altro stato. Non sono una figlia, non sono una sorella, un amica di nessuno. Sono semplicemente Selene. Qua sono libera, posso essere chi voglio, posso essere chi decidere di essere.

«Questo è il bagno, se hai bisogno fra un oretta dovrebbe rientrare mia madre...» sussurra Ryan strappandomi ai miei pensieri ed esce dalla stanza.

«E tu?» gli chiedo prima che scenda le scale.

«Io vado a farmi una doccia!» risponde infastidito, come se quello che fa lui non dovesse essere affare mio, ed è così.


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