Capitolo 4

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La serata prosegue senza sosta preparando un drink dietro l'altro senza un attimo di pausa.
Ad un certo punto mi ritrovo davanti Jess, la ragazza che serve ai tavoli, che cerca di attirare la mia attenzione.
<<Dimmi>> urlo sperando che mi sente con la musica a tutto volume.
<<Devo fare una pausa. Devi andare a portare le ordinazioni ai tavoli dell'area VIP.>>
Urla di rimando.
Deve aver visto la mia faccia abbattuta perchè scoppia a ridere e mi dice: << Dai che non sono tanto male! Ci sono degli uomini davvero sexy li dentro. Però devi stare attenta ad un paio di loro che sono ubriachi e allungano le mani>>aggiunge ridendo ancora più forte.
Faccio un profondo respiro, avverto Max per dirgli che mi assento per andare all'area vip, e mi dirigo nella saletta con le ordinazioni, ovviamente champagne, solo il meglio per il figlio del capo.
Entro con cautela non sapendo cosa avrei trovato oltre le tende che separano i ricconi dalla plebe.
Quello che vedo mi fa fermare sul posto. Ci sono una decina di uomini seduti sulle poltrone,ciascuno con il proprio drink, che parlano ad alto volume.
Non so cosa mi aspettavo,ma sicuramente niente di così tranquillo.
Ok, ok, sto mentendo. So esattamente cosa la mia mente ha immaginato. Mi aspettavo un festino con spogliarelliste e droga, ma in realtà, a parte due uomini con belle ragazze mezze vestite sul grembo, per il resto mi sembra tutto normale.
Scuoto la testa pensando che devo smetterla di farmi viaggi mentali.
<<Ecco un altro giro ragazzi!>> sento urlare da qualcuno.
Questo ha fatto si che l'attenzione di tutti si concentrasse su di me.
Deglutisco rumorosamente e mi dirigo verso il tavolino al centro della sala.
<<Guarda, guarda, che bel bocconcino che abbiamo qui.>> sento dire alle mie spalle.
Bocconcino?Davvero? Non gli veniva in mente qualcosa di meglio?
Alzo gli occhi al cielo e continuo a sistemare le bottiglie che ho appena portato, senza prestare attenzione a quello che mi circonda, e metto i bicchieri usati nel vassoio per portarli via.
Mentre finisco di sistemare mi sento afferrare per la vita ed improvvisamente mi ritrovo seduta in grembo di uno degli uomini.
Non mi piace molto essere toccata in generale, ma ho problemi sopratutto con gli uomini, a parte Josh, ma lui è un caso a parte, e sento che il panico si sta lentamente impossessando di me.
Non riesco a muovermi, avendo le braccia dell'uomo che mi circondano il busto e le mie braccia si trovano imprigionate all'interno della sua presa. Mi stringe sempre più forte facendomi avvicinare al suo petto.
<<come ti chiami bel bocconcino?>> mi dice sussurrandomi all'orecchio. Il suo fiato sul collo mi fa venire i brividi, e non di certo di piacere.
<<sposta le tue luride mani>> gli dico minacciosa e procurando una risata generale di tutti quelli che stanno sentendo il nostro scambio di battute.
<<Non fare la sostenuta. Ci potremmo divertire insieme, lo so che lo vuoi>>
cerco di liberarmi dalla sua presa, ma riesco solo a fargli stringere ancora di più le braccia.
Sento che sto per avere un attacco di panico in piena regola.
<<Lasciami>> ripeto.
Vago con lo sguardo per la stanza in cerca di qualcuno per aiutarmi, ma vedo solo gente che ride in torno a me. Nessuno di quei maiali si preoccupa di me trattenuta contro la mia volontà.
<<lasciami, devo tornare a lavorare>> faccio respiri profondi per attenuare il panico che si sta impossessando di me.
<<non preoccuparti, dirò a mio padre che eri con noi ad intrattenerci>>
Ovvio, solo il figlio del proprietario poteva essere. Non posso neanche dargli una gomitata nelle palle.
La sua presa non tende a rilassarsi e sto pensando seriamente di rifilargli una gomitata sulle palle fregandomene assolutamente delle conseguenze, che sicuramente sarebbero il mio immediato licenziamento. 
Ricordi di una vita ormai passata mi riaffiorano la mente. Mi ritorna in mente il giorno in cui tornai a casa da scuola e trovai mia madre svenuta sul letto,  probabilmente drogata. Mi avvicinai a lei per accertarmi che respirasse ancora visto che la guardavo schifata da più di un minuto e non aveva fatto nemmeno una mossa. Non riuscii ad arrivare davanti al divano dove era distesa perchè due braccia mi afferrarono da dietro spaventandomi, anche se sapevo perfettamente a chi appartenessero. E, proprio come adesso, ero stretta tra le braccia di Paolo e più cercavo di liberarmi, più la sua stretta si rafforzava, fino a farmi male. Fortunatamente anche lui aveva preso sicuramente qualche droga quindi i suoi riflessi erano decisamente rallentati, quindi quando con tutta la mia forza gli pestai un piede, mi liberò immediatamente, permettendomi di andarmene di corsa da casa, senza essere riacciuffata nuovamente.
Scossa da quei ricordi fin troppo vividi nella mia mente, mi agito con più forza per a cercare di liberarmi dalla presa facendo allo stesso tempo dei respiri profondi per calmare il panico, finchè una voce tuona nella stanza e mi immobilizza: <<Colton, lasciala andare>>
Non vedo bene chi è stato a parlare, ma improvvisamente mi sento libera dalla presa.
Mi alzo di scatto per paura di essere di catturata nuovamente e con un andatura veloce e senza guardare in faccia nessuno esco dalla saletta.



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