Atto ventottesimo

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~Mark Ansey~

Afferrai il telefono prima che facesse il terzo squillo.
"Pronto?" Chiesi.
"Salve, lei è Mark Ansey?" Mi rispose una voce femminile.
"Si, chi è?"
"Chiamo per conto dell'ospedale Cheeper. Sua moglie ha eseguito con successo l'operazione per il parto e abbiamo terminato anche la trasfusione. Per il momento sta bene." Concluse lei.
"Si è svegliata?"
"No, ma potrebbe." Mi avvisò.
Io attaccai il telefono e corsi in ospedale, anche Daniel fece lo stesso.

Appena arrivammo spalancai la porta d'entrata e corsi verso la stanza 212, ma era completamente vuota.
Come era possibile! Mi girai intorno per vedere Lucy da qualche o per parlare qualche medico, ma non c'era nessuno.

"Dove è stata spostata Lucy Dayn?" Chiesi tornando al punto d'informazioni all'entrata dell'ospedale.
"Stanza 79." Rispose lei allora io andai alla ricerca della stanza.

Appena vidi la porta cercai di aprirla, ma era come bloccata. Dovevi vedere Lucy!
Cercai il suo viso da dietro il vetro di una finestra ed era lì.
Aveva la pelle ricoperta di una patina trasparente, che brillava con la luce della stanza. Il sudore le incorniciava il suo viso perfetto.
Aveva gli occhi chiusi e le labbra aperte, davanti a me vedevo tutto ciò di cui avevo bisogno, tutto ciò che mi era tanto mancato.
Affianco a lei vidi uno schermo segnare il suo battito cardiaco. Tutto avrei voluto, tranne che quel filo si fermasse, che diventasse piatto.

"Lei è Lucy?" Mi chiese Daniel, che non mi aveva lasciato un momento .
"Si." Dissi.
"È molto bella."
Io soffocai una piccola risata.
"Mi dispiace per prima." Fece il bambino.
"Non ti preoccupare. Non è colpa tua, ma da quando Lucy è in ospedale non faccio che arrabbiarmi per tutto... questo perché..."
"Ti senti male." Concluse lui.
"Si, mi sento male." Ripetei osservando il ragazzo.

***

"Hai fame?" Gli chiesi.
Lui annui di cuore, allora presi il mio portafogli e andai a comprare 3 pacchetti di patatine al distributore.
"Tieni, c'erano solo queste."
Daniel prese tutti i pacchetti con gli occhi che gli brillavano.
"Non hai una casa vero?" Chiesi.
"No."
Questo bambino era completamente solo, senza genitori o senza una casa.
Gli scompigliai i capelli e lui mi sorride.

"Tu non mangi?" Mi fece Daniel.
"No, sono per te. Adesso vado a fare una telefonata." Dissi tirando fuori il telefono dalla mia tasca.

"Max, mi hanno chiamato dall'ospedale e vorrei restare qui per oggi, pensi tu a tutti?"
"Si. Tranquillo, sono entrambe degli angeli." Mi disse lui dall'altra parte della cornetta.
"Grazie." Risposi ed attaccai.
Poi mi sdraiai sulle panchine dell'ospedale e Daniel mi imitò.
Fuori il cielo era diventato buio e la pioggia stava aumentando.

"Tu pensi che Dio esista?" Mi chiese Daniel dalla sua panchina.
"Io... Non lo so, perché?"
"Io quando mamma stava male non ho pregato per Dio, forse era una punizione che mi stava dando."
"Penso che Dio non punisca. Forse ancora per Lui era difficile salvare la tua mamma, però se è tutto vero... tua madre è in paradiso e ti guarda dall'altro."
"Quindi mamma mi protegge davvero?"
"Penso di si." Risposi.
"Hai ragione, senno non avrei mai incontrato te."
A quelle parole restai in silenzio. La voce di Daniel era cosi innocente.
"Hai ragione." Dissi dopo un po', poi entrambi cercammo di dormire.

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