Atto ventisettesimo

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~Mark Ansey~

"Max, io vado a lavoro!" Dissi prima si uscire di casa.

Appena arrivai, cominciai subito a mettermi all'opera.
"Permesso?"

"Si?" Dissi io vedendo entrare un uomo di circa 40anni.
"Avrei una macchina qui fuori da aggiustare. Mi serve per le 3 di questo pomeriggio."
"Si, non ci sono problemi. Gli diamo subito un'occhiata."
Mi avvicinai ad una Jaguar nera del 2014 posta davanti al negozio.
"Forse si sono semplicemente consumati i freni, però non saprei, ogni tanto fatica nel'arresto." Mi informò l'uomo.
"Non si preoccupi per le 3 sarà fatta." Dissi.
L'uomo poi andò via.

"Vuoi che ci penso io?" Mi disse il mio capo spegnendosi una sigaretta.
"Si, vado a comprarmi un pacchetto di sigarette intanto tu comincia, poi ci penso io." Dissi.
Uscii in canotta e jeans ero sudato e sporco ma neanche mi interessava.
"Due Malboro." Dissi al tabaccaio.
Il commesso prendendo le sigarette disse: "Penso che diventerò ricco se ogni giorno ti prendi due pacchetti di sigarette."
Io fingendo una risata pagai e uscendo mi accesi una sigaretta.

"Non pensavo fossi tipo da sigarette." Dissi il ragazzino dell'altra volta al cimitero, era esattamente come ieri. Stessi capelli e stessi vestiti.
"Ti fa strano che io fumi?"
"Si." Rispose senza esitare, poi tirò fuori la mia giacca e me la diede.
"Ti ho detto che non mi serve." Dissi.
"Non serve più neanche a me."
Io allora me la ripresi e mi diressi a lavoro.
"Grazie." Disse il ragazzino ricorrendomi.
"Non mi ringraziare." Risposi buttando fuori una nuvola di fumo.
"Dove stiamo andando?"
"Io a lavoro, tu non lo so." Appena entrai ripresi il mio lavoro mentre il bambino continuava a fissarmi.

"Dimmi un po', come ti chiami?" Gli chiesi.
"Daniel."
Io rimasi paralizzato. "Tu?" Mi fece il bambino.
"Io... Io mi chiamo Mark." Risposi.
"E tua moglie?"
"Cosa?"
Daniel allora mi fece vedere l'anello che portavo al dito, non l'avevo levato dal giorno del compleanno di Lucy.
Tossii un paio di volte poi cominciai a dire: "Non è ancora mia moglie, si chiama Lucy."
"E dove sta adesso?"
Io rimasi in silenzio.
"Beh!! Invitiamo anche i bambini qui?!" Disse il mio capo rompendo il silenzio.
"Scusami, è solo un ragazzino che mi ha seguito." Dissi io.
"Stavamo parlando della sua ragazza." Continuò il bambino.

Io senza farci caso mi bruciai la mano con qualcosa di caldo.
"Cazzo." Dissi correndo a prendere dall'acqua.

"L'ho capito che lei è morta." Disse il bambino impassibile. Adesso il dolore alla mano era scomparso per fare spazio ad un dolore più forte nel mio petto.
"Lei non è morta." Rispose il mio capo. Io restai in silenzio, non riuscivo a parlare, quindi li lasciai dialogare tra di loro.
"Allora perché è triste?" Fece il bambino.
"Basta! -gridai- non so come sta Lucy e la verità è che ho il terrore di vederla per paura che forse sara l'ultima volta. E... e io sento che senza di lei non sarò più niente e... penso... penso di star diventando pazzo." Dissi, tutta la stanza rimase come paralizzata dalle mie parole.

Io uscii dall'officina e mi accesi un'altra sigaretta.
"Mark!"
"Finiscila Daniel! Non capisci davvero quando è il momento di lasciarmi in pace?!" Gli gridai.
Daniel allora restò a guardarmi, mentre dal cielo cominciò a cadere la pioggia.

Dopo due secondi il mio telefono cominciò a suonare...

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