Capitolo 13

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Il rombo tagliente del motore dell'elicottero di fronte a me, mi distoglie dai miei turpi pensieri. Siamo sul tetto della caserma ed è poco dopo l'alba. tutto intorno a noi è assopito in una così dolce quiete che mi sento quasi arrabbiata nei confronti di quell'aggeggio metallico, che la turba così tanto.
Deglutisco, un blocco di marmo nello stomaco. Sto per farlo. Sto per andare nella tana del lupo, tra i nostri nemici.
Sospiro, ripassando nella mente il nostro saluto appena dato a Philippe. Glielo abbiamo detto stamattina, dato che abbiamo passato tutta la notte a studiare quella stupida lista, dataci dal tenente, sui principali capi della Provincia del Sud, in modo da sapere chi avremo davanti una volta arrivati a destinazione. A ripensarci lo stomaco mi si stringe in una morsa dolorosa: eravamo appena riusciti a ricongiungerci, e adesso... siamo costretti a separarci di nuovo.
"Ehi, state tranquilli. È lavoro, no?" Ci aveva detto, una strana malinconia sul viso. Aveva cercato di sdrammatizzare, com'era tipico del nostro amico, ma sapevamo tutti e tre, anche se nessuno osava dirlo, che forse sarebbe stata l'ultima occasione per stare tutti insieme.
Avverto qualcuno cingermi la vita, riportandomi alla realtà, e girandomi di scatto il mio cuore piroetta. È James. Almeno, avrò lui al mio fianco. E finché sarà così, so di potercela fare.
Sento il suo sguardo su di me, e non riesco a fare a meno di ricambiarlo. Quell'ambra infinita mi allenta il nodo che ho allo stomaco, strappandomi un sorriso malinconico.
Lui mi sorride a sua volta, i suoi denti splendenti che mi lasciano senza fiato. Guardandolo meglio noto che si è rasato la barba che gli era iniziata a crescere incolta sul bel viso. Gli dà un'aria più fresca, più pulita. È semplicemente bellissimo.
"Finché starò insieme a te, non mi importa quel che accadrà."
Il suo bisbiglio tra i miei capelli è un bacio delicato. So che ha ragione. Perché per me è lo stesso. Ora capisco di essere pronta a salire sull'elicottero.
Questo è appena atterrato, e dal posto di comando vedo il pilota attendere la nostra salita a bordo.
Il tenente, prima vicino a noi, fa un passo avanti. È ora di andare.
"Buona fortuna, soldati. Attendete nostri ordini."
La sua voce è ancora più stridula mentre urla, per sovrastare il rumore provocato dalle eliche.
Mi mordo la lingua per rimanere seria, non riuscendo a non trovare ridicolo il suo petulante trillo, mentre scatto sull'attenti in segno di saluto.
Almeno, c'è un lato comico in tutto questo mare di dolore.
Anche se, stanotte, mentre continuavo a studiare quei volti scuri dei miei nemici, ci sono arrivata. Non è solo una questione personale, che mi spinge ad andare laggiù.
È perché il solo pensiero di poter determinare la vittoria dei nostri in pochi mesi, mi spinge a farlo. Ne sento quasi un bisogno fisico.
Forse è per questa ragione che avanzo a passo deciso nella pancia dell'enorme veicolo. Sento dietro di me i miei compagni fare lo stesso.
Poi siamo in volo. Rimango quasi incantata di fronte al meraviglioso panorama pieno di prati e fiumi sotto di me, e non posso fare a meno di fissarlo meravigliata.
È per queste belle cose che vale la pena combattere. Andare avanti. Fino alla fine.
Il rumore di qualcuno che tira su col naso, mi fa girare. Lo stomaco mi si contrae in una morsa di pietà. Di fianco a me, Sarah sta piangendo sommessamente. So che è più difficile per lei, perché deve lasciare tutti i suoi amici, la sua casa. Noi non abbiamo più un punto di riferimento, per fortuna o per sfortuna. Ma lei, lei ha dovuto abbandonare tutti. Forse per sempre. So che è stupido. Siamo soldati, siamo stati addestrati per questo. Ma finché non lo si prova sulla pelle è impossibile capire.
Sento le mie mani sciogliersi da quelle di James, seduto accanto a me, e afferrare con delicatezza quelle di Sarah. La scorgo arrossire, forse per l'imbarazzo di essere stata colta a piagnucolare.
"Va tutto bene."
Le sussurro sommessamente, con dolcezza. Poi sento le sue braccia stringermi, la sua testa appoggiata alla mia spalla, i suoi singhiozzi più celati.
"Va tutto bene..." Le ripeto, come in trance, lievemente a disagio per quella manifestazione di affetto così improvvisa. Il mio cuore si stringe dolorosamente, rendendomi conto di quanto follemente quella ragazza mi ricordi Rachel. La sua dolcezza, la sua intraprendenza...
"E se non li dovessi più rivedere? Se... Se dovessimo..."
Le impedisco di dire altro, la stringo ancora di più a me. No. Non lascerò che anche lei mi scivoli via. Se continua a essere così fragile, avrà più possibilità di cadere. Non lo posso permettere.
Mi stacco da lei, piantandole lo sguardo nei suoi occhi verde prato.
"Tu li rivedrai. Noi vinceremo. E tornerai a casa. Te lo prometto."
La mia voce è salda, il mio cuore pronto alla battaglia. So cosa mi aspetta, e sono più che decisa ad affrontarlo.
Vedo Sarah asciugarsi le lacrime, e so che anche lei ora sa cosa è giusto fare.
Passiamo il resto del viaggio in silenzio, dormicchiando o guardando fuori. Le enormi distese di campi, mano a mano che ci spostiamo verso sud, si fanno molto più rarefatte e aride, fino a che sotto i nostri occhi non appare altro che deserto. Di tanto in tanto, si scorge qualche sporadico e rigoglioso oasi, ma ad eccezione di questi non v'è altro che desolazione. Quanto è diverso questo paesaggio dai nostri fitti boschi, dal freddo pungente che mi fa sentire così viva, dalla neve che si imperla tra i capelli accarezzandoli con grazia...
Uno scossone improvviso mi riporta alla realtà, presa così com'ero dai ricordi. Sento di fianco a me James sbadigliare, i capelli spettinati e la maglia stropicciata. Guardandolo non riesco a trattenere un sorriso. Sembra così sereno quando dorme, così rilassato... Tutt'altro a che vedere rispetto al James tenebroso e tormentato che spesso vive durante il giorno.
Lui deve essersi accorto del mio divertimento, perché mi guarda con un'espressione tra l'imbronciata e il comico.
"Buongiorno, bell'addormentato." Lo canzono, ridacchiando.
"Che fai, ti burli di me?" Il suo tono è giocoso. Adoro quando è così. Sento le mie labbra schiudersi in un altro sorriso.
"Forse."
"Piccola insolente..."
Con un balzo mi afferra e mi deposita sulle sue gambe, mentre inizia a farmi il solletico.
Una risata involontaria mi esce dalla gola, mentre cerco di divincolarmi.
"James smettila!" Protesto, ma a quell'affermazione lui continua ancora più insistentemente.
Sento i miei occhi lacrimare per il troppo ridere, e in quel momento mi chiedo se non siamo completamente pazzi a scherzare così durante un momento del genere. Stiamo per affrontare quei mostri, gli stessi che la notte mi tengono sveglia fino a tardi e non riescono a farmi chiudere gli occhi, gli stessi che hanno ucciso Rachel e Frederica, gli stessi che hanno preso la nostra caserma. E poi, capisco. Noi abbiamo qualcosa che nessuno potrà mai portarci via, anche se dovessimo morire: l'amore. Profondo, indissolubile, tormentato. Ci ha sempre uniti, ci ha salvato, ci ha fatto ritrovare.
Quasi non mi rendo conto che ha smesso di farmi il solletico, e che mi sta fissando. Quegli occhi. Avrei voglia di baciarli, di mangiare quel miele caldo e dolce, di essere riempita da quell'oro, prezioso quanto lui.
Non riesco a dire niente, non riesco a muovere nemmeno un dito. È questo l'effetto che mi fa. Il suo viso si avvicina al mio, e il suo profumo muschiato mi avvolge come un mantello. Il mio cuore mi schizza in gola, il mio stomaco si fa di marmo, il mio ventre è in subbuglio. Sono davvero così ridicola? Deglutisco, o almeno tento, perché mi rendo conto di avere la bocca asciutta.
"Sei adorabile, Andy." Mi sussurra.
Le mie gambe tremano, e so per certo che cadrei se fossi in piedi. Poi le sue labbra sono sulle mie, morbide, calde, profumate. Sono buonissime. E come alla caserma dell'Ovest, quando ci eravamo baciati per la prima volta, sento un fuoco accendersi dentro al mio ventre. Prima piano, lentamente, poi sempre più insistentemente, pulsante. Il mio bacino si stringe di più a lui, bramando il suo tocco su ogni angolo della mia pelle. I miei baci si fanno più ardenti, le fiamme dentro di me che ormai divampano, incendiando ogni cosa...
L'elicottero che si ferma mi fa sobbalzare. Siamo davvero atterrati? E come ho fatto a non accorgermene?
Di scatto mi libero da James, mentre sento le mie guance avvampare sotto gli sguardi imbarazzati di Sarah e Richard, che mi fanno intuire di non essere passati inosservati. Credo di voler scomparire sotto terra, e per un attimo ritorno la ragazza nella palestra dei combattimenti con Aper. Scrollo le spalle. Non devo pensarci.
"Muoviamoci." Borbotto, cercando di riprendere un minimo di autocontrollo. Non attendo nemmeno una risposta, balzo giù dall'elicottero senza neanche aver salutato il pilota.
Il panorama che ci attende è dannatamente caldo e secco, afoso. Non un alito di vento scompiglia le dune dorate, il silenzio rotto solamente dalle eliche dell'elicottero. Il cielo è di un azzurro intenso, terso, senza nemmeno una nuvola a giocare con lui. Questo posto non mi piace, per niente. Mi fa sentire scoperta, in pericolo. Niente a che vedere con i nostri verdi boschi, che offrono una rassicurante sensazione di protezione continua. Istintivamente la mia mano corre alla pistola assicurata alla cintura. Quello è stato uno dei pochi punti su cui mi sono trovata d'accordo col colonnello. Le armi ci sarebbero servite, mandarci senza sarebbe stata una follia.
Tre tonfi per terra mi avvisano che anche gli altri sono scesi. Poi l'elicottero vola via, sollevando immense nubi di sabbia. Il silenzio che si crea è quasi inquietante.
Mi mordo il labbro, soprappensiero. Il tenente ci ha informati del fatto che ci avrebbero depositati in una zona abbastanza lontana per non correre il rischio di essere scoperti, ma ciò aumenterà la durata del viaggio. Per non parlare del caldo che già mi sta penetrando nella pelle, mandandomela a fuoco. Inoltre, non ci hanno consentito di portare alcuna mappa con noi, cosi se ci dovessero perquisire non desteremo sospetti: abbiamo dovuto imparare il percorso a memoria. Tuttavia, so già a chi di noi toccherà il compito di ricordarsela.
"Richard." Lo apostrofo, la voce involontariamente autoritaria.
"Te la senti di guidarci?"
Vedo il nostro compagno di squadra sistemarsi gli occhiali, nervoso. Probabilmente non è a suo agio a stare al centro dell'attenzione. Tuttavia annuisce, i lineamenti fini contratti. Poi ci indica con un dito la traiettoria che dobbiamo intraprendere, circa verso sud-est, iniziando a camminare.
In breve tempo sono bagnata fradicia. Rivoli caldi di sudore mi imperlano la fronte, i capelli lunghi appiccicati sulla schiena. Il sole sempre più alto nel cielo mi sta uccidendo, la mia pelle chiara che quasi sembra riflettere i bagliori dei suoi raggi. Digrigno i denti, più accaldata che mai. Il tenente ci aveva avvisato del tremendo caldo che avremo subito durante il giorno e del crudele freddo durante la notte. Perciò ci aveva fornito di una canottiera e di una giacca termica, all'apparenza normalissima. Che, decido con stizza, è arrivato il momento di togliere. Con rabbia, me la strappo di dosso, legandomela in vita e rimanendo vestita solamente di una leggera canotta di cotone. No, non è ancora abbastanza. Devo fare qualcosa per tenermi al fresco o morirò per un' insolazione. Così lacero una lunga striscia della mia canottiera, legandomela a mo' di bandana in testa e con un'altra parte raccogliendo i capelli. Non riesco a fare a meno di sospirare, lievemente sollevata.
Uno strappo di fianco a me mi conferma che anche James ha fatto lo stesso. Guardandolo, con la pelle abbronzata, la bandana in fronte che gli svolazza sulle spalle, bellissimo e per nulla affaticato, mi viene quasi da chiedermi se non sia anche lui un soldato proveniente dalla Provincia del Sud. In quel momento lui si accorge che lo sto fissando, così mi affretto a spostare lo sguardo, imbarazzata. Credo che stia per dire qualcosa, ma in quel momento delle urla belluine molto vicine a noi mi fanno accapponare la pelle. Sono loro, sono i mostri. Cosa ci fanno qui? Che motivo avrebbero? Non lo so, so solo che se ci scoprono qui, così vicini al confine con la Provincia dell'Ovest, siamo morti. Una scarica elettrica mi attraversa tutto il corpo, l'adrenalina mi trapassa le vene. Il mio respiro si fa affannoso, mentre cerco un modo disperato per salvarci. Quelle urla sono vicine, maledettamente vicine... Mostruose, disumane, fanno accapponare la pelle. Non riesco a muovermi, sono impietrita dal terrore, e se non fosse per James che mi afferra per un braccio credo che sarei persa.
"Andiamo!" Mi ringhia, agitato, mentre con la coda dell'occhio vedo Sarah e Richard seguirci. Il mio migliore amico mi trascina dietro una duna enorme, in un punto più alto rispetto a quello dove eravamo prima.  L'unica speranza per noi è che non ci vedano, perché se li uccidessimo manderemo in fumo il nostro piano di infiltrazione. Il mio corpo trema, mosso da brividi incontrollabili. Non ho mai avuta tanta paura in tutta la mia vita. Il cuore mi martella nel petto, terrorizzato, la consapevolezza di non poter fare nulla per salvarci che mi perseguita. Le urla sono ormai a pochi passi da noi, sotto la nostra duna, bellicose, pronte all'attacco. Strizzo gli occhi così tanto da vedere miliardi di puntini rossi nelle mie palpebre, il sudore che mi cola copioso lungo la schiena, il respiro sempre più affannoso.
Ma non succede niente. Passano oltre, ignare, come uno sciame di insetti velenosi. Poi, di nuovo il silenzio. Solo ora noto di essere accasciata a terra, abbracciata stretta tra le braccia di James.
Il mio corpo si rilassa di botto, come se fosse stato tutto solo un terribile incubo.
"Per... Perché non ci hanno attaccato?"
La voce di Sarah è tremante, scossa quanto me.
Nessuno le risponde, perché nessuno lo sa. Nessuno sa cosa sta succedendo.
"Forza, rimettiamoci in marcia." Ci esorta James. Mi bacia delicatamente su una guancia, poi mi tira su. Ed è in quel momento che lo vedo, alle sue spalle. Un uomo in nero, tutto avvolto in una tuta sintetica, il passamontagna sul viso. Ed è armato. Succede tutto come se fosse al rallentatore. Ho solo un attimo per spingere per terra James, mentre la mia mano vola alla pistola che ho legata alla cintura. Da qualche parte nella mia mente mi accorgo di averla impugnata e di stare mirando contro quell'uomo. Poi sento uno sparo. Lo vedo accasciarsi a terra, morto. Ce l'ho fatta. O almeno, è quello che credo, fino a quando non vedo un rivolo di sangue uscire dal ventre di James. È stato colpito.

Il cuore di un soldato [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora