Capitolo 8

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Subito dopo Philippe, vedo sbucare dalla boscaglia un'altra ventina di persone. Sono armate, ma guardando meglio noto che hanno la nostra stessa uniforme: appartengono alla Provincia del Nord.
Il mio cuore esulta, gioioso. Sono qui per noi, sono venuti a prenderci!
Balzo in piedi, mentre sento James di fianco a me fare lo stesso. La sua mano stringe la mia un'ultima volta, prima di lasciarla. Sembra quasi un addio, silenzioso e dolce. Ma non capisco perché. Mi giro a guardarlo, cercando il suo sguardo. Tuttavia lui mi evita, continua a guardare i soldati davanti a noi.
"Accidenti, sono felice di vedervi."
Philippe mi riscuote dai miei pensieri. Sento un sorriso schiudersi sul mio viso, mentre lo vedo avanzare, sano come un pesce, verso di noi.
Gli getto le braccia al collo, il bisogno di assicurarmi che è veramente reale, che è qui con noi.
"Credevamo che fossi..."
Il mio amico non mi lascia finire la frase, mi stringe ancora di più.
"Va tutto bene, siamo al sicuro adesso."
Annuisco, perché so che dice la verità. Credo di avere un sorriso abbastanza stupido stampato in faccia mentre guardo i miei due amici salutarsi con una stretta di mano.
"Ben tornato tra noi, fratello."
Lo apostrofa Jay, il viso raggiante.
"Loro chi sono?" Chiedo poi, indicando i militari alle spalle di Philippe, che per tutto il tempo sono rimasti fermi e zitti, a esaminarci.
"Ragazzi, sono lieto di presentarvi ufficialmente la squadra di perlustratori della nostra Provincia."
Vedo James guardarmi preoccupato con la coda dell'occhio, ma io non sono in grado nemmeno di muovermi.
Sento le mie gambe sul punto di cedere, mentre vacillo. Questo vuol dire che... Scruto febbrilmente tra i soldati, ma non lo trovo.
"Dov'è Jon?" Chiedo, la voce tremante.
James sussulta, Philippe mi guarda, esitante. Ha un'espressione sul viso che mi fa accelerare i battiti del cuore.
Per favore, fa che stia bene...
"All'accampamento, poco distante da qui." Mi informa poi. "Andy... È gravemente ferito."
No. Non anche lui. Non può morire.
"Cos'è successo?" La mia voce è un soffio fievole.
"Un'imboscata della Provincia del Sud. Mi dispiace..."
La mia mente è in bianco, il mio stomaco un blocco di marmo.
Mi dirigo barcollante verso i militari, il mio cuore che trema, incredulo.
La mia voce però è decisa quando parlo.
"Vi prego. Portatemi da lui."
Li vedo annuire, poi fanno segno di seguirli. Tutte le domande che avevo in mente di rivolgere a Philippe, tutti i miei dubbi svaniscono dalla mente.
C'è solo la paura, accecante, fredda e tagliente, di perdere un'altra persona a me cara. Non posso accettarlo.
Mentre camminiamo, la foresta che prima mi sembrava un luogo di pace e tranquillità, ora mi appare solamente mostruosa. Gli alberi per terra proiettano ombre scarne, somiglianti a corpi deformi, occhi gialli e diabolici fanno capolino da dietro i rovi. Ululati lontani sembrano presagire messaggi di morte.
Vorrei ricominciare a correre, fuggire lontano, dove non può accadermi niente di male. Dove non conosco nessuno.
Sento qualcuno prendermi la mano. Mi giro, i miei nervi tesi, e scopro che è James.
Ha uno sguardo affranto, e mi si stringe il cuore a vederlo così, perché so che sta soffrendo per colpa mia. Vorrei potergli dire che lo amo, che se dipendesse da me sceglierei sempre lui. Ma come potrei lasciare Jon in un momento del genere? Sarebbe crudele.
Così non posso fare altro che ricambiare la sua stretta, mentre la mia mente ed il mio cuore combattono furiosamente dentro di me.
"Vedrai che andrà tutto bene." Mi consola Philippe, riscuotendomi dai miei pensieri, anche se dal suo tono capisco che non ne è molto convinto nemmeno lui.
Quando finalmente scorgo delle luci in lontananza, credo di star per avere un infarto. L'accampamento non è tanto grande, è disposto su cinque file di cinque tende ciascuno, a formare un perfetto quadrato. Ai lati vi sono quattro fiaccole a illuminare il perimetro, probabilmente per le sentinelle.
Quest'ultime sono quattro, ognuna per un lato, e appena ci vedono arrivare si precipitano verso di noi.
Credo che in principio pensino si tratti di prigionieri della Provincia del Sud a giudicare dai loro sguardi guardinghi, tuttavia quando capiscono che siamo dei loro si tranquillizzano visibilmente.
Quando ci raggiungono scattano sull'attenti.
"In che tenda è Jon?" Chiedo, la voce che è sul punto di spezzarsi.
"Io non credo che sia il caso..." Inizia una delle sentinelle. Tuttavia con la coda dell'occhio vedo uno dei soldati, probabilmente il tenente, alzare la mano a interromperlo.
"È tutto a posto. Accompagnala."
Mi giro verso di lui, grata, poi seguo impaziente la vedetta che, lanciatami un'ultima occhiata di disapprovazione, mi fa cenno di seguirla.
La tenda di Jon si trova nella prima fila, la quarta a partire da destra. Probabilmente la posizione ha a che fare con il grado militare a cui si appartiene.
Noto che ogni tenda è illuminata sia dentro che fuori tramite apposite fiaccole, ed è grande circa quattro metri sia in lunghezza che in larghezza.
Mi ci fiondo dentro prima che la sentinella abbia il tempo di dirmi qualcosa, un groppo alla gola.
Appena lo vedo, mi investono così tante emozioni che per un attimo mi ritrovo a boccheggiare, senza fiato.
Gioia, tristezza, rabbia, pietà... Tutto concentrato in un unico, ingarbugliato bozzolo al centro del petto. Ma il sentimento che prevale maggiormente è la preoccupazione: sta davvero male.
Il viso squadrato è pallido, i capelli mori sono completamente fradici. La cosa che più mi riempie d'orrore è la ferita che ha sul torace, probabilmente dovuta ad un'arma da fuoco; il proiettile è stato estratto e la ferita bruciata al fine di farla cicatrizzare, tuttavia è sanguinolenta e gonfia. 
"Andy..."
Al sentire la sua voce sobbalzo: è roca e fievole, leggera come la fiamma di un tizzone quasi spento.
"Sono qui." Rispondo in un sussurro, avvicinandomi al sacco a pelo dove è stato adagiato delicatamente.
A vedere il mio viso, un sorriso dolce nasce sul suo.
"Mi sei tanto mancata." Alza una mano per accarezzarmi il volto, ma nel farlo la ferita deve fargli male, perché il braccio casca di nuovo per terra, di fianco al suo corpo snello.
"Non fare sforzi." Bisbiglio piano, mentre gli appoggio una mano sulla fronte. Dannazione. Scotta terribilmente. Una pena immensa per il suo stato mi schiaccia il cuore rendendolo incredibilmente pesante.
"Oh Jon, che ti hanno fatto..."
Inizio ad accarezzargli i capelli spettinati, e al mio tocco il suo viso si rilassa visibilmente.
Mi sento male a guardarlo ridotto in questo stato, e il mio primo impulso è quello di scappare, ma so che lui ha bisogno di me in questo momento; così gli rimango vicino.
"Sapevo che eri tu, nella foresta." Mi bisbiglia, la sua voce è così dolce e sofferente al tempo stesso che non posso fare a meno di sentirmi in colpa per come mi sto comportando nei suoi confronti. Io non lo amo, lo so. Lo capisco appena lo guardo, che è così. Però Jon è innamorato, tanto anche, e so che standogli vicino posso dargli quella speranza speciale e il desiderio di farcela, di combattere questa malattia. Perché io mi sento così quando guardo negli il ragazzo che amo. Che non è lui.
"Come facevate a sapere la nostra posizione?" Chiedo, cercando di sviare l'argomento.
"Abbiamo sentito uno sparo e pensavamo si trattasse di un manipolo di soldati della Provincia del Sud, così per evitare un altro attacco a sorpresa il tenente ha organizzato una squadra. Avrei voluto esserci anche io."
A quest'ultima frase, sobbalzo. Forse è stato un bene che non ci fosse, dato che stavo per baciare James. Solo ora mi rendo conto di quanto io sia orribile e spregevole, e capisco che c'è un'unica soluzione possibile. Dire addio a James.
Mi viene da piangere, sento i miei occhi inumidirsi. Per fortuna Jon non se ne accorge.
"È stato il tuo amico a ipotizzare per primo che avrebbe potuto trattarsi di compagni scappati dalla caserma. È in gamba."
Continua poi.Nella sua voce noto una punta di stima, e se Jon ripone rispetto in Philippe so che è davvero degno di fiducia.
"Da quanto si è unito a voi?"
"Circa due giorni. Ci ha raccontato che dopo che la nostra caserma è stata presa è riuscito a scappare in un momento di confusione. Lo abbiamo trovato che cercava di raggiungere la Provincia dell'Ovest. Cosa che stavamo facendo anche noi, prima di sentire il vostro sparo."
Qualcosa dentro di me, si spezza all'improvviso. La mia mente brancola, al buio, incapace di aggrapparsi ai muri della realtà, perché sono crollati tutti. La nostra caserma non c'è più. La mia casa, il luogo dove sono cresciuta, ho imparato, mi sono fortificata. È in mano a loro. Quegli esseri insensibili, quei mostri armati. Continuano a seminare odio e a uccidere, senza fermarsi mai, ingordi. Più ammazzano e più sono assetati di sangue; il nostro. Per cosa poi? In nome di cosa combattono? Un regime dittatoriale che vedrà solo la distruzione del nostro Impero e il ritorno del caos più totale?
Non lo posso accettare. Nessuno sano di mente potrebbe mai farlo.
In quel momento Jon inizia a tossire, forte, riportandomi alla realtà.
Quando ha finito la ferita spurga parecchio sangue. Devo fare qualcosa. Scatto in piedi, sicura.
"Vado a cercarti qualcosa che ti faccia stare meglio."
Gli abbaio, poi corro fuori dalla tenda, afferrando la fiaccola esterna. La sentinella, che è stata fuori di guardia tutto il tempo, mi urla di tornare indietro. Non lo ascolto, dirigendomi sempre di più nel cuore della foresta.
La luna pallida è ormai alta nel cielo, e  illumina con la sua luce tagliente sprazzi di foresta, facendo sembrare ogni cosa in perpetuo conflitto con l'oscurità.
Più mi addentro nel folto della vegetazione più tutto intorno a me sembra ricordarmi il mio animo. Ogni cosa è nera, oscura, sembra essere caduta nell'oblio più tetro. Solo sporadici raggi argentei interrompono quest'agonia.
Zampettii sinistri mi accompagnano in questa folle corsa, mentre con lo sguardo scruto il fogliame, alla ricerca di erbe curative, che possano far star meglio Jon.
Lui non deve morire, non può...
Il mio piede inciampa in una radice, e mi ritrovo distesa sul terreno, faccia in giù. I palmi mi bruciano, probabilmente me li sono scorticati cadendo, ma in questo momento non mi importa. Devo alzarmi, devo farcela. Le forze mi stanno abbandonando, sento la stanchezza insinuarsi tra le mie membra. No, non adesso, ti prego...
Mi dibatto, simile ad un pesce su una riva che lotta disperatamente per carpire aria, ma invano.
Quando capisco che è inutile, mi lascio cadere con la testa per terra.
Aspetto che le lacrime arrivino, ma non succede niente. Forse le ho esaurite. Forse sono sotto shock.
Tutte le mie certezze crollano, mi sento come in balia della corrente, senza niente a cui aggrapparmi.
Un marinaio senza barca, un cavaliere senza dama. Un cacciatore senza preda.
Mi domando cosa ci faccio qui. La mia vita sembra diventata un incubo, non capisco più che senso abbia.
Improvvisamente, come trasportate da un eco lontano, mi ritornano in mente le parole di James.
"Un motivo in più per ucciderli tutti."
La mia mano destra affonda nel terriccio, stringendolo a sé.
Sembra una promessa. Il mio migliore amico ha ragione, l'ha sempre avuta. Non ha senso arrendersi, sarebbe come ammettere la sconfitta. Dobbiamo lottare, combattere con tutte le nostre forze, perché solo sconfiggendoli riusciremo a trovare nuovamente la pace.
Lo giuro a me stessa, non sarò mai più così debole. D'ora in poi mi rialzerò sempre, non crollerò.
Come in un tacito accordo, richiamate da chissà quale abisso, le forze tornano a me. Lentamente, riesco a rimettermi in piedi. Quando mi chino per raccogliere la torcia, mi accorgo che di fianco ad essa, c'e una manciata di piante di acetosella.
Andrà benissimo per Jon. Ne strappo qualcuna, poi torno svelta all'accampamento. È facile ritrovare la strada: nella mia impetuosa corsa ho lasciato parecchie tracce sul terreno, o sul fogliame ora leggermente schiacciato.
Quando vedo le luci in lontananza, affretto il passo.
Sto quasi per uscire dalla vegetazione, quando davanti a me appare l'ombra di un ragazzo. È immobile, mi fissa e basta. Di riflesso, tiro fuori il revolver, puntandola su di lui.
Quest'ultimo fa un passo avanti, la luna gli illumina il volto. Sussulto. È James. Lentamente abbasso la canna della pistola.
Lui avanza verso di me, bello da togliere il fiato. Rimango immobile a fissarlo, sapendo che è tutto ciò che potrò mai avere da lui. James si avvicina, forse troppo. Mi prende delicatamente la mano che tiene ancora salda l'arma. Il suo tocco mi provoca un brivido.
Lui non si ferma, e mi accompagna fino alla cintura che ho in vita, facendomi agganciare la pistola.
Alza lo sguardo verso di me, i suoi occhi mi scrutano nel profondo, sondando tutta me stessa. No. So cosa succederebbe, se continuassi a fissarli. Mi scioglierebbero il cuore, e non posso permetterlo. Così abbasso il mio sguardo, cercando di sfuggirli.
Sento la sua mano sfiorarmi il viso e alzarmi il mento. Dannazione. Ha intrappolato la sua preda.
No, non posso. Mi scosto da lui, il mio cuore che mi odia per questo.
"Dovremmo rientrare." Gli dico, la mia voce che suona quasi come un rimprovero.
Sto per oltrepassarlo, ma lui mi afferra il braccio. Mi giro a guardarlo, sorpresa. Avverto che mi sta scrutando la mano che tiene la torcia, e deve notare solo ora che ho preso anche l'acetosella, perché lo sento sobbalzare. Cerco di liberarmi dalla sua stretta, ma lui mi attira verso di se. Il mio viso è a pochi centimetri dal suo. Tutto il mio corpo freme, involontariamente. Devo scappare, devo andarmene...
"Jay, ti prego." La mia è una supplica. Lo scruto nel profondo, sapendo che capirà. I suoi occhi mi trafiggono, ambra dorata e dolce, mi chiamano.
"Dimmi solo una cosa. Tu lo ami?" La sua voce sembra uscita dall'oltretomba. È roca e profonda, dolce e amara al tempo stesso. È bellissima. Ma non potrà mai essere mia. Sento i miei occhi inumidirsi. So che c'è un'unica cosa da fare.
"Sì."
La sua mano lascia la presa, e in questo preciso momento so di averlo perso.
Sento che sto per mettermi a piangere, ma non voglio che lui mi veda. Così mi metto a correre, mentre le lacrime iniziano a rigarmi il viso, il mio cuore che sanguina, riempiendo tutto il mio essere di dolore, assordante e cieco.
Sono spregevole, un mostro, un essere senza cuore. Ma so di star facendo la cosa giusta, dopo tanti casini.
Il mio ultimo pensiero, prima di entrare nell'accampamento, è per James.

Il cuore di un soldato [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora