Nel mio sogno mi trovo a casa, o meglio quella che io ritenevo tale fino al raggiungimento dei miei dieci anni. Prima di fuggire per arruolarmi. Prima che tutto questo dolore incominciasse.
Nell'oscurità dell'incoscienza non appaiono né mia madre né mio padre: entrambi non si sono mai curati tanto di me. La prima era sempre indaffarata a dirigere le faccende domestiche dell'enorme abitazione in cui abitavamo, il secondo troppo occupato a fare affari con ricche famiglie come la nostra... Come la loro. Non li ho mai considerati i miei genitori, anche se so che fu per il mio bene che decisero che non avrei mai potuto diventare un soldato. Ma io non ero d'accordo.
Non mi sono mai pentita di quella scelta. Fino ad ora. Adesso, nei recessi della mia mente, mi sale a galla il meraviglioso paesaggio che dominava la scena da sopra l'alta scogliera dove abitavamo: la distesa infinita di campagna dove adoravo giocare, il mare freddo e scuro che mi sfiorava il viso col suo bacio salato, la sensazione di eterna sicurezza che provavo quando mi trovavo lì. Non potrò mai ritornarci. E una parte di me mi sussurra che non potrò neanche mai più sentirmi al sicuro.
Poi l'immagine cambia, si trasforma fino ad arrivare a formare l'oleosa faccia del colonnello. Ma è una versione inquietante, che mi terrorizza.
"Che cosa hai sentito quella sera, nel campo?"
La sua voce è gelida e terrificante. Mi fa rabbrividire da capo a piedi.
Un ricordo lontano, di me e Sarah accucciate nell'erba alta, mi rischiara la memoria.
"Rispondimi. Cos'hai sentito?"
Questa volta urla, e forse per la prima volta in vita mia ho paura per me stessa.
"Non lo so, lasciami stare!"
Urlo, iniziando a piangere.
Le mani fredde di quell'essere disgustoso mi afferrano, immobilizzandomi.
In un attimo mi ritrovo nella base dei servizi segreti imperiali.
"Non ti credo! Tu sai la verità!"
"No, io non so niente, lasciami! Sono solo un soldato che sta obbedendo ai tuoi ordini! Sono alla Provincia del Sud, mi hai mandata tu qui!"
Il mio corpo è un mare di sudore e lacrime.
Il viso del colonnello è mostruoso, non sembra nemmeno il suo. La sua faccia è completamente trasfigurata, un demone rosso sangue con denti affilati e la lingua biforcuta.
Ed è a un palmo di distanza da me.
I suoi occhi fiammeggianti mi fissano deridendomi. Poi apre bocca, un sibilo raccapricciante che accompagna il movimento.
"Piccola sciocca ragazza, credi veramente che ti avrei mandato sin qui solo per un futile risultato di un test?"
Apro gli occhi e scatto a sedere, il mio corpo fradicio.
Le parole del mostro mi rimbombano nelle orecchie, gelandomi il cuore. Inspiro una boccata di aria fresca, imponendomi di calmarmi.
La mia mente lavora, febbricitante, i postumi dell'incubo che aleggiano dentro di me rendendomi nervosa.
È veramente possibile che il colonnello abbia deciso di allontanarci dalla Provincia dell'Ovest, dopo aver compreso che eravamo proprio noi ad aver origliato la sua conversazione col nostro tenente?
Il loro discorso era strano, certo, ma ne ho sentito solo una parte e non mi sembrava così importante da mandarci immediatamente via dalla caserma.
Scuoto la testa, cercando di estraniare da me questi pensieri.
Le mie mani stringono con foga il lenzuolo sotto di me, e solo ora mi accorgo di essere distesa su un letto.
Sbatto le palpebre, guardandomi attorno.
Mi trovo sicuramente nell'infermeria della caserma: la stanza in penombra ospita un centinaio di letti bianchi, al momento vuoti ad esclusione di quattro: Di fianco a me scorgo Richard e Sarah, e, in fondo, James.
Sobbalzo, scendendo dal mio giaciglio. Rabbrividisco al contatto con le piastrelle di ceramica. Sorpresa noto che sono a piedi nudi, e con un brivido di orrore mi accorgo di essere vestita con gli abiti tradizionali dei soldati della Provincia del Sud: candidi pantaloni mi ricadono morbidi sulle gambe, mentre una tunica aderente sul petto e sulla vita mi scende fino al bacino.
Sul capo, un velo pesante mi copre il viso, lasciando scoperti solo gli occhi e donandomi un certo senso di freschezza.
Anch'essi sono di colore bianco.
Una strana malinconia mi attanaglia il cuore quando ripenso ai miei abiti alla Provincia del Nord, così nettamente in contrasto con questi.
Ai piedi del letto trovo anche le babbucce, che mi infilo. Devo ammettere che sono maledettamente comode.
Sorpassando i giacigli di Sarah e Richard, mi accorgo che anche loro sono stati vestiti nel medesimo modo.
James invece no: il torace muscoloso è scoperto e bendato, una flebo gli è stata attaccata al braccio.
Con sollievo noto che la sua pelle ha ripreso colore, e il suo respiro è profondo e regolare.
Rimango per un attimo a fissarlo imbambolata, mentre penso a quanto sono fortunata ad averlo nella mia vita. Ancora vivo.
Soprappensiero, inizio ad accarezzargli la fronte abbronzata, fino a delineare il profilo del suo naso così dritto e proporzionato, soffermandomi sulle sue labbra.
Quelle labbra. Le mie labbra.
Istintivamente, mi chino su di lui e gli lascio un morbido bacio.
Chiudo gli occhi, il desiderio di averlo che è quasi insopportabile.
"Torna da me. Io ti amo." Gli sussurro.
Come se avesse udito le mie parole, il suo corpo si muove un poco.
Un sorriso solitario affiora sul mio viso.
Gli lascio un'ultima carezza sulla guancia, poi mi dirigo fuori dall'infermeria.
Il sole e l'aria calda mi tramortiscono.
Deve essere circa pomeriggio, a giudicare dalla luce.
Mi guardo intorno, cercando di capire in che strano posto sono finita; alla mia destra, a circa venti metri di distanza, la folta giungla lussureggiante è mossa dalla lieve brezza. Ho solo un momento per chiedermi quali strane esercitazioni possano mai fare lì dentro, poi riprendo a esaminare la zona.
Di fronte a me, un folto gruppo di soldati è riunito in cerchio, e acclama a gran voce qualcuno.
Stranamente mi accorgo che non si tratta del capo, in quanto è posizionato a lato, insieme agli altri.
Appena lo vedo il mio cuore ha un tuffo, mentre quella strana sensazione che avverto alla bocca dello stomaco ogni volta che lo vedo si impossessa di me.
Stamattina, fuori dalle mura, ho pensato fosse perché lo avevo già visto, ma solo ora capisco che è assurdo. Ero stanca e non pensavo certo lucidamente.
Credo che sia paura di essere scoperta, più che altro.
Poi, come se fosse un fantasma palesatosi dagli angoli più bui e tenebrosi della mia mente, mi ricordo che quell'uomo è Mark. Il tiranno, il dispotico, la causa del motivo per cui io sono qui. È solo colpa sua.
Stringo i pugni, una voglia di balzargli alla gola e ucciderlo con le mie stesse mani che prende possesso di me.
Ma quando si gira a guardarmi, inchiodando i suoi occhi ai miei, ogni cosa svanisce.
Mi fa segno di raggiungerlo, e le mie gambe si muovono automaticamente. È incredibile quanto carisma trasudi quest'uomo. Non so come faccia, ma mi viene naturale obbedirgli.
Man mano che mi avvicino, sento delle grida bellicose e dei colpi secchi.
Quando sono a un paio di passi da Mark, vedo che al centro del cerchio due figure ammantate di bianco stanno combattendo. In un modo incredibile.
Il loro stile è completamente diverso dal nostro: è una danza sinuosa.
I bastoni che hanno in mano compiono archi nel cielo, i corpi dei due combattenti che si avvicinano e, proprio quando stanno per toccarsi, si allontanano nuovamente. È un ballo bellissimo e letale, animalesco e pericoloso.
"Voi non combattete così, vero?"
La voce del capo dei soldati della Provincia del Sud mi riporta alla realtà.
Solamente adesso mi rendo conto di essere rimasta a bocca aperta.
Scuoto la testa, schiarendomi la voce.
"Non... Non proprio."
I miei occhi rimangono fissi sui due soldati che si stanno sfidando: ora è ben visibile la superiorità di uno sull'altro. Il primo è più veloce, più scattante. Schiva senza difficoltà i colpi dell'avversario, mentre continua a piroettare da una parte all'altra del campo, facendo diventare il combattimento sempre più frenetico.
Sogghigno, capendo le sue intenzioni: lo vuole far stancare il più possibile, per poi dargli il colpo di grazia. Che si manifesta poco dopo sotto forma di un colpo ben assestato al ventre.
Il silenzio cala su tutti i militari, mentre un'onda di energia elettrica inizia a radunarsi sopra di noi: è la realizzazione di avere un vinto, e un vincitore. Aspetto che Mark si infuri con il primo, che il secondo lo schernisca con disprezzo. L'immagine di due occhi glaciali pieni di disprezzo e capelli biondi alla Provincia del Nord mi attraversa la mente.
Ma non succede nulla di tutto ciò.
Sento un movimento alla mia sinistra, poi Mark si fa strada tra i soldati fino a raggiungere il militare sconfitto, ancora rannicchiato per terra.
Con dolcezza lo tira su, rimettendogli in mano il suo bastone.
"Devi cercare di non spendere energie inutilmente: in un combattimento dove non si utilizzano armi da fuoco, è molto importante calcolare bene le proprie mosse; è come una caccia. Devi avvicinarti furtivo e silenzioso al tuo avversario, per poi colpirlo quando meno se lo aspetta."
Stringo i pugni. È la stessa tattica che hanno usato con noi. Sbatto le palpebre, imponendomi di non pensarci. Ma è impossibile, ovunque mi volti vedo solo il viso di Rachel e la mia caserma avvolta dalle fiamme.
No, il tenente ha sbagliato a mandarmi qui. Non posso farlo. Diventerei pazza. Devo andare via di qui, scappare, andare il più lontano possibile e tornare con un esercito.
"Voglio provare anche io."
La mia stessa voce mi coglie di sorpresa. Ho veramente parlato io?
Tutti si girano a guardarmi, stupiti.
Mark si volta lentamente, una strana espressione sul viso. Forse è diffidenza. Forse è sorpresa.
Passa un lungo momento, dove la tensione si fa pesante e spessa come una coperta di lana.
Solo ora mi accorgo che potrebbe essere una buona occasione per estorcere informazioni sul loro metodo di combattimento. E so che lo sa anche lui.
Serro la mascella, ricordandomi di tutte le riflessioni che mi hanno spinto ad accettare la missione.
Devo rimanere e captare quanti più dati possibili sui miei nemici. Solo così avremo un vero vantaggio.
Per Rachel. Per Frederica. Per il Nord.
"Molto bene." La voce del capo della Provincia del Sud è piatta.
Lentamente mi avvicino al centro del cerchio. Il soldato che era stato sconfitto, prima di ritornare tra i compagni, mi porge il suo bastone. Lo esamino, soppesandolo. È liscio e scuro, lungo circa un metro e mezzo e di un diametro di circa cinque centimetri. Non è tanto pesante, quando ci si abitua a tenerlo in mano.
Mi concedo un momento per esaminare il mio avversario di sottecchi, mentre fingo di essere ancora concentrata sull'arma che ho in mano: è più basso di me di parecchi centimetri, è scattante e snello. Per batterlo non dovrò puntare né sulla velocità né sulla resistenza; bensì sulla forza fisica.
"Mettetevi in posizione." Comanda Mark.
Eseguo, roteando il bastone che ho in mano, rendendolo parte di me, del mio corpo. Un'estensione del mio braccio.
Sto ancora aspettando il segnale del capo, quando un lampo bianco si scaglia su di me. Ho solo un attimo per vederlo arrivare, poi mi tuffo di lato, schivandolo per un soffio.
Rimango un attimo boccheggiante, mentre sento alle mie spalle Mark stringere i pugni: il suo soldato non ha atteso l'ordine.
Poi il mio avversario mi è di nuovo addosso, il bastone in mano che cerca in tutti i modi un varco, uno spiraglio per colpirmi.
Non mi concedo nemmeno il lusso di pensare, il mio istinto mi guida, addestrato e scattante, mentre paro tre affondi di seguito.
Il mio corpo inizia a sudare, ma i vestiti sembrano progettati apposta per continuare a donare una sensazione di freschezza.
Lieta per questo, questa volta sono io a lanciarmi sull'avversario, lanciando un urlo di guerra. Quest'ultimo sembra sorpreso, e rimane fermo un secondo di troppo. Trionfante, balzo su di lui facendolo cadere nella polvere, il mio bastone che gli immobilizza ogni possibilità di movimento, ben posizionato all'altezza della clavicola.
"Questa è la punizione per non aver giocato pulito." Gli sussurro trionfante.
Sento il suo corpo irrigidirsi sotto di me, poi inizia a dimenarsi ancor di più, arrabbiato per le mie parole. Sogghigno, sapendo che è completamente inerme, mentre le sue mani artigliano l'aria intorno a me. Poi qualcosa va storto.
Le sue dita afferrano il velo che ho sul viso e lo lanciano a terra, mentre io indietreggio di riflesso, il mio cuore che ha un sobbalzo.
Avverto ogni muscolo del mio avversario irrigidirsi, un brivido che gli attraversa tutto il corpo.
Non mi interessa e non voglio saperne il motivo. So solo che una sorda rabbia mi attraversa tutto lo stomaco, riversandosi in ogni parte di me, mentre scaglio lontano la mia arma e mi getto di nuovo sul mio avversario. In un nano secondo gli sono addosso. Il suo tentativo di fermarmi con il bastone è completamente inutile. Abbassandomi, schivo il colpo che stava per colpirmi alla tempia, mentre aspetto che cerchi di attaccarmi di nuovo. Il velo rosso che ho davanti agli occhi mi impedisce di pensare a qualsiasi cosa, se non a obbedire a quello che mi comanda.
Una voce nella mia mente mi suggerisce che è il momento giusto. Mi aggrappo al bastone con due mani, tenendolo orizzontalmente. Sento il soldato di fronte a me tirare con tutte le proprie forze, ma è inutile. Con una furia che non credevo potessi provare, strappo dalle mani il bastone dell'avversario e lo lancio lontano. Il calcio che lo stende nella sabbia, un secondo più tardi, non lo sento neanche partire.
Poi, con lentezza infinita, ripago il mio avversario della stessa moneta. Lo privo del suo anonimato.
Ed è in quel momento, mentre gli strappo il copricapo, che la mia vittoria si trasforma in un incubo.
Il velo sanguigno che mi copriva gli occhi si dissipa, nebbia pesante al sorgere del sole.
Un urlo di assoluto dolore riecheggia nella mia testa, come una ninna nanna infernale.
L'avversario che ho davanti, non è un ragazzo come avevo pensato fino ad ora. È una ragazza.
"Tu..." La mia voce è un flebile bisbiglio.
Sento che si toglie dalla mia ormai debole stretta con rabbia, alzandosi in piedi.
Davanti a me, gli occhi che sono un mare infinito di odio, c'è Raja.
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Il cuore di un soldato [IN REVISIONE]
ActionAnny è una ragazza diciassettenne dolce e forte, decisa e determinata e, soprattutto, un soldato sicuro di sé appartenente alla caserma della Provincia del Nord che assieme a quella del Sud, dell' Est e dell'Ovest costituisce l'Impero. Mentre la ra...