L'interno della cupola non è assolutamente come me l'ero immaginato. Guardandola da fuori, così imponente e bella, pensavo avrebbe ospitato qualcosa di prezioso, di grande, come ad esempio un'armeria o una palestra. Non avrei mai pensato fosse una sala per le cerimonie.
<<Perché sprecare tutto questo solo per ritrovarsi qui di tanto in tanto?>> avevo chiesto a Raja mentre mi conduceva su per le scale. Quella sera ci sarebbe stata una festa in onore dei nuovi guerrieri Prescelti e dunque tutti i soldati si stavano riunendo per celebrarli. Raja aveva deciso di portarmi lassù qualche istante prima; non mi aveva detto il perché.
<<Non è affatto uno spreco; tutta la nostra gente vive all'interno di queste mura, la nostra è una comunità costituita interamente da soldati. Tutte le cerimonie, i riti e le feste del nostro popolo le pratichiamo quassù e ci serve un posto degno degli ideali che celebriamo. E poi spesso questo posto viene anche utilizzato dal Gran Maestro per allenare gli allievi nei combattimenti o nelle meditazioni, oppure da Mark quando indice riunioni importanti.>> la sua voce faceva trasparire una punta d'orgoglio per il luogo che mi stava per mostrare. E quando finalmente aveva aperto la grande porta in legno decorata da intagli floreali e intarsi d'oro, avevo capito il perché.
L'interno è qualcosa di assolutamente unico: la cupola è interamente decorata con l'utilizzo di mosaici dai colori più incredibili, aventi origine dal centro per poi srotolarsi lungo i quattro muri della stanza, finendo accanto alla porta da cui si entra; le pareti laterali sono disposte in modo tale da far filtrare la luce del sole che si rifrange così sui minuscoli frammenti di pietra, creando una brillantezza incredibile. Il pavimento è di pietra scura e coperto da un enorme tappeto blu, rosso e dorato.
<<E' il nostro tesoro più prezioso; la leggenda dice che è stato tessuto dal capostipite della nostra popolazione una volta trovata la Terra in cui far crescere i suoi figli e la sua gente. Ci ricorda chi siamo e da dove veniamo. Per questo quando siamo arrivati qui i nostri padri hanno prodotto questi mosaici: è la storia di come siamo stati costretti a lasciare la nostra Terra e approdare qui.>>
Aggrotto la fronte involontariamente. Non è andata così; loro sono arrivati qui due generazioni fa e hanno iniziato a razziare i nostri territori, stuprare le donne e dar fuoco alle abitazioni. È il motivo per cui è iniziata la guerra, è il motivo per cui ora esiste una Capitale e un Impero. È il motivo per cui mi sono arruolata. Mi mordo le labbra, un terribile dubbio che mi assale all'improvviso. Ma perché Raja dovrebbe mentire? Perché costruire quei mosaici? Perché essere così cattivi e al contempo essere così in connessione con la natura e rispettarla?
Che problemi ti fai, idiota? Hanno raso al suolo la tua caserma, ucciso Eneka e chissà quanti altri. La stessa Raja ti aveva imprigionato assieme a Jorgen. Non devi dare ascolto alle cazzate che ti dice.
<<Non mi credi vero?>> il suo tono è amareggiato e deluso. Non scorgo né il solito disprezzo né la rabbia. Questo mi colpisce il cuore peggio di una stilettata. Preferirei iniziasse a insultarmi e a dire che faccio schifo. Sobbalzo, come se avessi ricevuto un dolore fisico. Vorrei poterle dire qualcosa, qualsiasi cosa che possa rassicurarla e far cadere i sospetti sulla mia diffidenza.
Mi volto a guardarla. Ha la stessa espressione di ieri sera, gli occhi velati da un dolore profondo.
<<Se non credi a me guarda tu stessa.>> la sua mano affusolata si spiega per indicarmi il soffitto della cupola. Mi avvicino, attratta dai bagliori dorati, blu e verdi. Una curiosità sconosciuta mi spinge fin sotto la cupola. Alzo la testa, una forza primitiva che mi chiama fin dentro l'anima. Per l'ennesima volta mi domando perché mi sento così vicina e incuriosita da questo posto e dalla gente del sud. Scaccio questi pensieri, i miei occhi completamente ipnotizzati da ciò che vedo.
Al centro del mosaico c'è un piccolo fiore rosa, dispiegato nonostante affondi le proprie radici nella sabbia. Probabilmente sta a significare l'origine della vita nonostante le avversità del territorio in cui si trova, cioè il deserto. Il posto da cui provengono loro. Quel fiore simboleggia anche la loro origine, la nascita del loro popolo. Al fiore mancano dei petali, disposti in maniera irregolare attorno alla corolla. Da essi si dispiegano cinque scenari in tutto, ognuno per ogni petalo. Il primo a partire da sinistra forma un uomo. È vestito come un guerriero del sud ed è alto e forte. Dietro di lui c'è una donna con un bambino, probabilmente sua moglie col figlio. Dietro di lui ci sono molte altre persone, che costituiscono una vera e propria tribù, che si srotola a spirale dalla cupola fino alla parete sinistra della sala. Sono in mezzo a un deserto e il capo li sta guidando verso una terra migliore. Alcuni piangono, tutti sono magri ma nonostante questo forti. Il secondo petalo mostra la continuazione: l'uomo è riuscito a trovare un posto adatto a loro, è riuscito a salvare il suo popolo. È inginocchiato di fianco a un fiume e beve, felice. Alle sue spalle colline verdi indicano la fertilità della terra, dietro di lui il suo popolo che coltiva la terra e costruisce un villaggio. La storia prosegue con il terzo frammento: l'uomo è ormai anziano e sta tessendo un enorme tappeto verde rosso e blu, identico a quello che è presente nella sala. Il rosso simboleggia l'amore per il suo popolo, il blu la felicità e il verde la speranza. Il quarto petalo occupa parte della cupola è tutta la parete frontale. Il capo è morto e attorno a lui la gente muore di peste o di fame; le colline prima floride sono secche e sterili, le donne partoriscono figli morti. Il figlio del capo, riconoscibile dal tappeto che porta legato in vita, decide di lasciare quella terra fabbricando delle navi. Questa scena è raffigurata sulla parete di fronte a me: barche imponenti con la vela spiegata solcano onde turchesi, il sole che fa scintillare lo sfondo dorato e l'azzurro dell'acqua. Giro in tondo sulle gambe, arrivando all'ultimo petalo. Un'angoscia crescente mi sale nel petto, come uno strano presentimento. Il quinto petalo occupa la parete di destra. Il popolo è sbarcato su una terra lussureggiante, con una spiaggia e la giungla. Inizia a costruire un nuovo villaggio e un palazzo regale, con una cupola bianca; dentro di posiziona il tappeto. Il cuore mi si ferma nel petto quando scorgo la parte successiva. Il popolo sta affogando in un mare di sangue, le donne che piangono cercando di proteggere i propri bambini che gli vengono strappati via dalle braccia da uomini in nero con fucili e pistole. Deglutisco a fatica, gli occhi che mi si inumidiscono, il cuore che mi martella nel petto impazzito. Quegli uomini siamo noi. I soldati della caserma del sud. Il rosso del mosaico si fa sempre più intenso man mano che arriva in fronte alla parete, le minuscole pietruzze quadrate che scintillano violente. Le mie gambe si voltano per vedere la fine della rappresentazione, giungendo fino alla porta da cui sono entrata. Le onde del mare di sangue si diradano, lasciando un minuscolo spazio a forma di cerchio proprio accanto alla porta. Dentro c'è lo stesso fiore che è rappresentato al centro della cupola. Sento una lacrima rigarmi il viso. Il cuore mi brucia nel petto, rabbia, pietà e angoscia che danzano crudelmente dentro di me.
Mi volto verso Raja. Anche lei ha gli occhi lucidi. Si accascia sul tappeto. Distoglie lo sguardo da me, accarezzando con affetto il tessuto sopra il quale sta.
<<So cosa stai pensando: che siamo dei bugiardi. Che abbiamo inventato tutto questo per impietosirci da soli, che siamo venuti qui in cerca di ricchezze e le abbiamo rubate a voi. Ma dimmi: se davvero hai compreso chi siamo, ci credi davvero disposti a fare una cosa del genere? Credi davvero che avremmo saccheggiato i vostri villaggi, rubato i vostri averi e scacciatovi sai vostri territori? Quando i miei avi sono arrivati qui non c'era niente, probabilmente perché la giungla rappresentava una minaccia per voi. Appena ci siamo stanziati i popoli del nord si sono uniti contro di noi, temendo che potessimo invaderli, rubargli ricchezze o chissà che altro. Solo un popolo dell'est ci ha aiutati, comprendendo, ma una volta capito che non saremmo mai riusciti a vincere ci ha abbandonati. Per questo abbiamo creato una caserma al posto di un villaggio. Per proteggerci.>>
Mi asciugo la lacrima dal viso. Una rabbia immane invade tutto il mio essere. Parlo prima di avere il buonsenso di trattenermi.
<<Se predichi pace e amore allora perché avete distrutto la nostra caserma? Perché avete marchiato i nostri perlustratori? Perché avete massacrato la nostra gente?>> mi ritrovo ad urlarle addosso, altre lacrime che mi rigano il viso, tutto l'odio trattenuto da quando sono scappata che mi invade le vene, trafiggendomi la carne con una miriade di aghi ghiacciati.
Raja continua a fissarmi, le dita magre e leggere che giocano con il tessuto. Ha negli occhi uno scintillio di consapevolezza. Forse ha capito che siamo infiltrati. Non mi importa. Preferisco morire ora piuttosto che andare avanti a sentire i miei carnefici insultare il mio popolo e accusarlo di essere crudele.
<<Non siamo stati noi ad attaccarvi; non siamo stati noi a marchiare i corpi. Noi non usiamo armi da fuoco in battaglia, né tantomeno sfiguriamo i morti per lasciare messaggi.>>
Stringo i pugni, il sangue che mi invade la testa. Una voce dentro di me, da qualche parte, mi impone di calmarmi. La mando affanculo.
<<Non dirmi cazzate Raja! Tu eri lì con tuo fratello, avete rapito me e Jorgen. Voi eravate lì. Quelli che ci avevano attaccato erano neri come voi e portavano i vostri stessi vestiti. Non sono così demente come cerchi sempre di farmi sembrare!>> la mia stessa voce mi spaventa. Non credevo di essere capace di avere un timbro così tonante. Scaccio via quel pensiero così stupido. Le lacrime sulla faccia mi solleticano fastidiosamente le guance. Le scaccio via con un gesto brusco della mano, provocandomi un dolore sordo al naso.
Il viso di Raja è cinereo. Per la prima volta sembra rendersi conto di qualcosa, ma non riesco a capire cosa. Spero che capisca che siamo delle spie e mi ammazzino. Almeno si renderà conto che è stata presa in giro.
<<Io e mio fratello abbiamo rapito te e il tuo ragazzo, è vero. Non posso dirti perché, è stato un ordine segreto e probabilmente verrei scacciata dalla caserma se te lo rivelassi. Ma non c'entriamo niente con l'assedio alla vostra caserma. Io quella volta avevo una pistola in mano solamente perché l'avevo trovata addosso a un vostro perlustratore morto. L'ho buttata subito dopo che vi ho persi.>>
Le mie orecchie sono incandescenti, il rombo del sangue che si fa sempre più intenso dentro ai timpani.
Apro la bocca per parlare ma Raja mi piomba addosso prima che io abbia il tempo di dire una sola parola.
Le sue mani mi afferrano le braccia, le dita strette in una morsa ferrea che mi provoca una fitta di dolore.
<<Se mi odi così tanto perché sei qui? Perché hai scelto di stare qui?>> mi sibila scoprendo i denti. Sembra una tigre che ha bloccato la sua preda. Mi divincolo dalla sua presa, l'adrenalina che mi lava via quella sorda rabbia che provavo. Raja non molla la presa. La sua fronte tocca la mia, i suoi occhi scuri come quelli di un felino a caccia. Riesco a sentire il suo profumo intenso e dolce a quella distanza. Questo mi aiuta a pulirmi la mente, il mio respiro che torna normale. Devo cercare qualcosa di credibile da dire. E devo farlo in fretta. Ma come faccio a dirle un'altra bugia dopo quello che ho fatto? Dopo quello che ho visto? Dopo quello che ho vissuto oggi?
Dille una mezza verità. Qualcosa che possa acquietarla definitivamente.
<<Dopo il crollo della nostra caserma Jorgen si è ferito. Portarlo qui era l'unico modo per salvargli la vita, dato che era la meta più vicina. Altrimenti sarebbe morto.>>
La stretta sulle mie braccia si allenta.
<<Avevi detto che eravate fuggiti qui perché non sopportavate i loro modi duri.>>
Annuisco istintivamente.
<<Anche questo è vero.>>
Raja è così vicina che le nostre fronti si sfiorano. I suoi occhi cercano i miei, quasi disperatamente. Vuole sapere. Non vuole perdere altre persone che ama. Deve capire se sono davvero addestrabile o una minaccia.
Un'idea mi guizza nella mente, così folle e suicida che il mio cervello cerca in tutti i modi di impedirmi di parlare.
<<Vuoi che te lo mostri? Leggimi la mente.>> la mia voce trema leggermente, il mio timbro è più acuto del normale.
I suoi occhi si sgranano improvvisamente. La presa su di me svanisce. Arretra di due passi, fissandomi con una luce strana negli occhi. La sua fronte è leggermente imperlata di sudore, il suo profumo che diventa ancora più intenso e acre.
Scuote leggermente i capelli, una nuvola bruna che le incornicia il volto scuro.
<<No. Dicendo così mi hai convinta. Prega che sia la verità o giuro sulla Grande madre che infilzerò la tua testa su un bastone in caso contrario.>>
Deglutisco, costringendomi ad annuire.
La vedo voltarsi e dirigersi verso la porta.
<<Dove vai?>>
Si gira a guardarmi. Quando sorride il mio cuore sobbalza dalla sorpresa.
<<Andiamo a prepararci. I cuochi stanno già per arrivare col cibo e le reclute con i tamburelli e i flauti. Dobbiamo sbrigarci.>>
Con un gesto sicuro apre di scatto la porta.
<<Prepararci per cosa?>> la mia voce è pura curiosità.
La vedo esitare un attimo, un ghigno simile a quello che aveva prima di portarmi in canoa che le sogghigna sulla faccia.
<<Ora vedrai.>>
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Il cuore di un soldato [IN REVISIONE]
AzioneAnny è una ragazza diciassettenne dolce e forte, decisa e determinata e, soprattutto, un soldato sicuro di sé appartenente alla caserma della Provincia del Nord che assieme a quella del Sud, dell' Est e dell'Ovest costituisce l'Impero. Mentre la ra...