Il cuore di un soldato [IN REVISIONE]

Capitolo 33

Il fumo mi scende giù per la gola liquido, freddo. Lo trattengo per un attimo nei polmoni, assaporandone l'aroma dolce, poi lo butto fuori schiudendo piano le labbra. La nube condensata che mi esce dalla bocca è bianca e si sparge oltre i contorni del mio corpo, perdendosi nel cielo notturno.

È ormai da un pezzo che sono rintanata su questa terrazza. Avevo scoperto la stanza il giorno precedente, barcollando per la caserma con occhi che non riuscivano a vedere. La voglia di allenarsi si è persa subito dopo la scoperta della scomparsa di Jorgen. Così come è sparita la fame. Così come è sparito il sonno. E del resto sembra che anche per gli altri io sia diventata una specie di fantasma. Raja non mi ha più rivolto la parola dopo aver scoperto del mio tradimento, imitata dal resto della Caserma. Perfino Lafinia si tiene in disparte, senza più riservarmi le solite pacche sulla schiena con cui mi si avvicinava divertita. L'unico che potrebbe accettarmi ugualmente è Rafael, ma è lontano nell'Est per ordine di Mark. Ci sarebbe Richard con cui parlare, ma nessun medicinale riesce a risvegliarlo da quello stato di crisi nervosa in cui è caduto dopo la morte di Sarah.

Ormai sono completamente sola. Non mi è rimasto nessun altro da perdere.

Tiro un'altra boccata dalla lunga pipa, cercando di anestetizzare con la nicotina quella fitta atroce che da troppo tempo ha iniziato a dilaniarmi l'anima. Questo è l'unico gesto che per qualche istante riesce a cessare il dolore pulsante che provo in tutto il corpo. Una scarica mi scioglie i muscoli mentre l'effetto di quello straordinario tabacco inizia a funzionare, congelando per un momento il cervello dalle sue macchinazioni infernali.

Oh, è così bello...

La mia mente inizia a farsi annebbiata quando quella droga leggera entra in circolo, rendendomi la vista libera da ogni velo di finzione. Scoprire questo posto è stata la cosa migliore che potesse mai capitarmi. I miei occhi vagano tra i meandri scuri dei muri alle mie spalle, scivolando distrattamente sulla serie di divani elegantemente incurvati e le pipe disposte con cura intorno. Chiunque abbia progettato tutto questo merita una ricompensa immensa... Chissà perché nessuno la adopera più.

Perché stanno per scendere in guerra, idiota. Hanno altro a cui pensare.

<<Già. La guerra.>> le parole mi escono strascicate dalla bocca in un modo così buffo che mi ritrovo a ridere da sola, gorgogliando a bassa voce. Le stelle del cielo mi rispondono con una fioca luce argentata, indifferenti ai miei deliri allucinogeni.

E pensare che credevo mi riguardasse. Tutta la mia vita è stata un credo, ogni mio pensiero la mattina era rivolto ad esso. Dopo aver scoperto la verità avevo pensato di non aver perso una causa in cui combattere: l'avevo semplicemente trasposta. Ma ora... Ora come posso schierarmi contro la persona che più amo al mondo? Come posso scendere in battaglia e affrontarlo, con lo scopo di ucciderlo?

Inalo altro fumo dalla bocchetta, una sensazione di angoscia opprimente mi si stringe attorno alla pelle.

E soprattutto, come posso ignorare la verità su di lui? Il popolo del Sud può davvero combattere contro il figlio del proprio capo? Sarebbe giusto?

Espiro uno sbuffo chiaro tutto d'un fiato, provocandomi un formicolio alla gola che mi costringe a tossire. Le mie dita deboli lasciano la presa sul bocchino, che cade sul pavimento con un tonfo cristallino.

Hassan.

L'immagine del suo volto mi compare d'improvviso davanti senza una ragione, ogni particolare stampato a fuoco dentro i miei occhi. Ho passato così tanto tempo ad osservare quei tratti meravigliosi che potrei riuscire a raffigurarlo anche nel marmo con uno scalpello.

Hassan...

Non riesco a capirne il motivo, ma quel nome gli dona molto più di Jorgen. Forse è per il suo significato, forse perché la storia di Mark mi è rimasta incisa indelebilmente nella memoria.