Capitolo 22

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La sabbia ha una strana consistenza. Mi gratta le piante dei piedi, ruvida, invadente. È molto diversa rispetto al morbido terriccio a cui sono abituata, molto più calda. In un certo senso è rassicurante. È bagnata rispetto a quella del deserto e la sua presenza qui, a pochi passi dall'acqua, è confortante.
Mi passo una mano tra i capelli, il mio palmo reso appiccicoso dalla salsedine. È strano l'odore di sale che si percepisce, non si vede eppure è ovunque. Sulle labbra, sui vestiti, sulle ciglia... È come se fosse un invisibile ma perpetuo sbuffo del mare.
Il mare... allora è così che è fatto. È sorprendente, un enorme essere vivente che si muove, si agita, ride, respira. Nessun libro, nessuna storia, nessuna immagine rende giustizia a quest'enorme creatura primordiale. Le sue dita si allungano quasi fino ai miei piedi, le onde del colore del cielo che si rifrangono contro la riva. A volte il suo respiro si fa irregolare, il vento che gli spettina i capelli creando increspature bianche più in là, verso l'orizzonte. I suoi fianchi sono cinti da grezze scogliere alte fino a un chilometro, la vegetazione marittima che colora di verde il prezioso ricamo del suo naturale vestito.
<<Non male vero?>> la voce di Raja è di nuovo vellutata, senza un filo di rabbia. La sua pelle scura è un piacevole contrasto con l'acqua verde in cui è immersa fino alle ginocchia.
<<È una delle cose più belle che abbia mai visto.>> Non riesco a reprimere un sorriso, un senso di dolce armonia che mi pervade il petto, lasciandomi per un lieve istante un senso di pace nelle membra.
Il ghigno di Raja per un attimo sembra lo stesso che ha Jorgen quando vuole sfidarmi. Istintivamente mi viene da alzare gli occhi al cielo.
<<Non hai ancora visto niente. Forza, sali.>>
Con il braccio mi fa segno di raggiungerla in acqua, mentre con l'altro tiene ancora stretta la canoa, per evitare che vada al largo trascinata dalla corrente.
La fisso per un attimo, nello stomaco una rinnovata sensazione di fragilità, la stessa che ho provato quando l'ha tirata fuori dalla rimessa, pochi minuti fa. Quando è uscita dalla giungla non aveva più detto nulla, troppo furiosa per rivolgermi la parola. L'ho seguita senza parlare, nonostante volessi dirle tante cose. Prima di tutto che poteva atteggiarsi da saggia quanto voleva ma intanto la nostra caserma l'avevano saccheggiata e mi avevano pure imprigionata. In secondo luogo le avrei voluto chiedere perché fosse così sicura di avere ragione. Infine l'avrei tanto voluta battere un'altra volta, giusto per farle ricordare che non era invincibile. Invece ero stata zitta. Ho ingoiato tutto questo e un centinaia di insulti e risposte velenose, ho abbassato la testa e l'ho seguita. Quando era entrata nella rimessa pensavo mi avrebbe mostrato qualcosa di pratica, come ad esempio costruire una canoa. Una fitta di sorpresa mi era aleggiato nel petto quando, presa sottobraccio, si era diretta verso la spiaggia. Ma la curiosità che sento dentro da quando sono qui mi ha spinta a seguirla senza fiatare.
E ora capisco cosa intendesse quando ha detto che voleva mostrarmi il suo mondo. Non intendeva la sua caserma, ma la sua essenza, gli ideali che porta.
Magari vorrà farmi vedere qualche spiritello in mare.
Non riesco a trattenere un sogghigno divertito.
Come se avesse letto il mio pensiero, scorgo il volto di Raja adombrarsi, lo sguardo che si fa nuovamente duro come prima di ieri sera.
<<Se fossi in te non riderei così tanto di noi se non hai neanche il fegato di salire su una semplice canoa. Quindi porta qui il culo e piantala. Sempre che tu ne sia capace.>>
A quelle parole i miei dubbi sulla stabilità dell'imbarcazione spariscono, le mie gambe che senza alcun indugio la raggiungono con poche falcate, spinte dall'orgoglio ferito che ancora mi brucia nello stomaco.
L'acqua è tiepida e rassicurante, la lieve corrente che mi solletica le caviglie e i polpacci.
Scruto per un momento la canoa, un interrogativo che aleggia senza risposte. Come faccio a salirci sopra?
I miei dubbi trovano dimostrazione con un esempio pratico: Raja, a fianco a me, si regge con le due braccia a un'estremità mentre fa passare sopra prima una gamba e poi l'altra. In un attimo sono sopra anche io. Non c'è abbastanza spazio per sistemarsi accanto, quindi deciso di posizionarmi davanti a Raja.
La sensazione delle onde del mare sotto di me è insolita, ma non negativa: sembra quasi di essere cullati da un'enorme madre primitiva, il vento che sospinge verso il largo.
Il largo... chissà come dev'essere navigare fino a non avere più la costa intorno, sfidare le onde, rimanere sdraiati sul fondo dell'imbarcazione la notte e scrutare le stelle...
Forse stando qui lo scoprirò.
Un movimento dietro di me mi fa girare di scatto, proprio nel momento in cui Raja affonda il remo della barca nell'acqua. Non ne ho mai visto uno così: tutte le imbarcazioni che ho visto sono state quelle che utilizzavano i pescatori per risalire il corso d'acqua in cerca di salmoni. Tuttavia i remi erano due e bisognava manovrarli contemporaneamente, facendo leva sulla forza delle braccia. Il remo di Raja invece è singolo, snello e ovale sulla punta e il suo non è un lavoro tanto di forza, bensì di velocità a giudicare da come ci stiamo allontanando dalla riva. La spinta è rapida e mi causa un lieve solletico allo stomaco e non riesco a reprimermi un sorriso. Quando la punta della canoa, sollevata dalle onde, fende la superficie alcuni schizzi mi bagnano il viso e le braccia. Mi ritrovo stupidamente a ridere, il sole, il vento, il colore del mare che mi rilassa e mi ricorda stranamente una situazione familiare.  Mi sporgo verso destra per guardare l'acqua sottostante, le mani aggrappate al bordo di legno. L'acqua che tocca la canoa si infrange in bianca spuma. La luce si rifrange sulla superficie infrangendosi in migliaia di scintillanti frammenti che galleggiano sopra il mare, provocando un effetto ottico incantevole.
Man mano che ci allontaniamo dalla battigia l'acqua da cristallina si fa di un blu più intenso, anche se di tanto in tanto qualche chiazza di turchese varia la tonalità del cobalto.
Un urlo improvviso mi distoglie dalla contemplazione, il cuore che inizia a battere più velocemente. Mi volto di scatto nella direzione da cui è arrivato l'urlo, la mano che mi corre istintivamente alla vita, dove usavo tenere la pistola.
In cima a una delle tante scogliere a strapiombo sul mare, sulla destra, individuo un piccolo gruppo di soldati sudani. Ne scorgo quattro. Tre di loro stanno sollevando il più piccolo della comitiva, che lotta con tutte le sue forze per riuscire a districarsi da quella stretta. Prima che abbia il tempo di farlo gli altri lo buttano giù dalla scogliera. Un urlo soffocato mi muore in gola.
<<Ma sono impazziti? Che cazzo gli è preso?>>
Questi sono tutti dei pazzi psicopatici.
L'espressione divertita di Raja ha solo l'effetto di turbarmi di più. Ma non ha visto cosa è appena successo? Perché sta lì a ridacchiare, mentre un suo compagno è probabilmente appena morto?
<<Stai tranquilla. Stanno solo giocando.>>
La mia fronte si aggrotta prima che abbia il tempo di trattenermi.
Giocando? Con una vita peró!
<<Ma che razza di divertimento...>>
La voce di Raja mi interrompe prima che abbia finito la frase.
<<Una volta terminato l'addestramento, quando una recluta impara a controllare a piacimento Bab Aleayn, a combattere distintamente e nel contempo controllare ciò che ha intorno, diventa Mukhtar: Prescelto. Da quel momento in poi diventa un soldato a tutti gli effetti e lo consideriamo un uomo adulto.>>
Inarco un sopracciglio, senza parlare. So che capirà cosa intende dire. Cosa c'entra tutto questo con quello che ho appena visto?
<<Per diventarlo, alla fine dell'addestramento, la recluta deve dar prova delle sue capacità: insieme alle altre reclute scalerà la giungla fino alla costa orientale e si lancerà dalla scogliera, affidando così la propria esistenza nelle mani della Grande Madre: il mare.>>
Una gran parte di me ha voglia di sogghignare per quell'ultimo epiteto. Grande madre, spiriti... quanto possono essere pomposi quaggiù? Scaccio subito quei pensieri. Se Raja vedesse che mi prendo gioco di lei potrebbe anche buttarmi in mare.
<<Se è come dici tu, perché lo hanno spinto?>>
<<Stavano giocando, stupida. In realtà hanno fatto un grande onorare al primo Muckar: il gruppo ha concordato che il primo a buttarsi dovesse essere lui, cioè il più bravo dell'addestramento. È un notevole riconoscimento.>>
Apro la bocca per ribattere, la rabbia che spinge nelle viscere per combattere i continui insulti di Raja.
Uno schizzo indistinto in lontananza mi fa distogliere l'attenzione, il ragazzo lanciato pochi istanti prima che riemerge con un grido di euforia.
Sento Raja dietro di me rispondere a quel grido, alzando il remo in aria in segno di incoraggiante saluto. Allora sa essere gentile con qualcuno...
La canoa che si arresta mi riporta alla realtà. Scocco una rapida occhiata intorno: Raja si è spinta dieci metri oltre la fine della costa e delle scogliere. Alle nostre spalle la caserma è piccola ma ben visibile, con la cupola bianca che scintilla al sole e la giungla smeraldina piena di lontani rumori.
Una fitta di delusione mi attanaglia lo stomaco. Pensavo ci saremmo spinte molto più in là, in mare aperto...
<<Perché ci fermiamo qui?>>
Avverto Raja voltarsi lentamente e squadrarmi, sorpresa dalla mia reazione. Per un attimo una parvenza di approvazione le ammorbidisce i tratti regali.
<<Non sei abituata a stare in mare aperto. Se dovessi vedere uno squalo o addirittura una balena inizieresti ad agitarti e rischieremmo di cadere in mare. Prima ti devi abituare alle creature marine, al mare in sè, a come approcciarsi ad esso. Poi potrai andare al largo da sola e stare quanto tempo tu voglia.>>
Un brivido di orrore mi attraversa la schiena; l'euforia di pochi istanti prima è sparita.
Squali?
Non ne ho mai visto uno naturalmente, ma non mancano storie orrende e raccapriccianti su squali assetati di sangue pronti a tutto pur di assaggiare carne umana. Come si può stare al sicuro su una canoa così piccola in caso arrivi un predatore del genere?
Immediatamente ho il desiderio di ritornare a riva.
Questo posto è terribile. Tra serpenti e insetti velenosi nella giungla e squali e chissà altro nel mare...
<<Si può sapere che ti prende?>> la voce di Raja è spazientita, ma non crudele. Evidentemente non ha capito cosa mi passa per la mente.
La fisso per un momento. Ma che cazzo mi prende? Io sono un soldato. Ho ucciso per difendermi, ho battuto il capo dei servizi segreti e sono arrivata fin qui. Non devo avere paura di un pesce.
La determinazione diluisce la paura, il mio tono che diventa sicuro nella mia gola.
<<Niente.>> la mia voce è disinvolta <<Solo mi chiedo come sarebbe stare tutta la notte in mare aperto, sotto le stelle...>>
I suoi occhi scuri si riducono a fessure, uno sguardo di diffidenza da dietro le folte ciglia. Sostengo il suo sguardo, più ferma che mai. Alla fine sembra crederci; le sue labbra si distendono in un abbozzo di sorriso. Il suo volto diventa raggiante, colmo di approvazione. Con quell'espressione sulla faccia diventa ancora più bella.
<<Se pazienti, capisci e ti applichi potrai farlo.>>
Deglutisco, annuendo, fingendo di non aver sentito il calco sulla parola capisci. Ho fatto un errore a contraddirla nella foresta. Non devo più dire quello che penso se va in contrasto con la sua mentalità. Diventa molto più socievole se appoggio le sue idee.
Raja tira fuori il remo dall'acqua, mettendolo trasversalmente alla canoa e poggiandoselo sulle ginocchia incrociate, tenendolo con le mani.
La imito, girandomi verso di lei e incrociando le gambe.
<<Chiudi gli occhi.>> Il suo tono è autoritario più che mai.
Ma che cosa... mi ha portata fino a qui solamente per fare un'altra volta meditazione!?
Cerco di reprimere la delusione; almeno avrò un altro tentativo di vedere La Porta della Mente. Quindi obbedisco, le palpebre che mi chiudono la visuale sul mondo della vista, calandomi nella più completa oscurità. Le chiazze di luce causate dalla retina iniziano a danzare davanti a me. Scaccio la volontà di concentrarmi solo su quello, memore della botta in testa della prima meditazione. Costringo le orecchie a rimanere vigili, il rumore del mare che inizia a cullarmi. Il suo
ritmo è regolare, come il respiro di una madre che dorme. Le onde sotto di me accentuano fisicamente quel ritmo, mentre il
sole mi riscalda la pelle delle mani e del viso. Il suono del mare diventa una nenia, l'odore del sale che contribuisce a rilassarmi i sensi, il vento che mi accarezza i capelli. Le chiazze delle mie palpebre si uniscono al movimento, fino a farmi visualizzare interiormente l'immagine del mare, l'acqua blu, mossa dal vento... le oscillazioni fisiche aumentano la mia percezione, la superficie marina che inizia a estendersi sempre di più, fino a che l'orizzonte compare placido e le scogliere appaiono a coronare la visione. Il ritmo delle onde si mischia al suono del mare, del vento, del mio respiro, degli sbuffi di salsedine... e in un baleno sono sott'acqua. Non sono bagnata, non ho bisogno di trattenere il fiato per respirare e non devo nuotare. L'acqua è blu e mi avvolge con calore, la corrente che mi abbraccia energica. Le macchie davanti ai miei occhi iniziano a vorticare sempre di più, sempre più freneticamente. Ho paura di aprire gli occhi, di iniziare di nuovo a pensare e perdere tutto questo... involontariamente inizio a offuscare le mie percezioni con i miei ragionamenti, i lampi dietro alle palpebre che si fanno fiochi e iniziano a scomparire... fino ad assestarsi. Sono fiochi, quasi impercettibili, ma ci sono. Piccole luci gialle pulsanti, che si muovono ovunque intorno a me. Sopra, a destra, a sinistra, sotto... sotto. Sotto le luci sono diverse. Alcune sono stabili e non si muovono, molto più lontane e deboli. Mi spingo ancora più in profondità, cercando di comprendere. Una di quelle luci inizia a divenire più brillante, mi attrae fino a che... un tremito. Vano, diafano. Un tremito di vita, fatto di ossigeno e idrogeno, sale e calore. Una pulsazione di vita, inafferrabile e primitiva, con le sue regole e i suoi principi. Palpita, calda, desiderosa di sole che penetra attraverso i tessuti, creando una dolce linfa che scende dalle estremità fino al centro del suo essere. Il nutrimento entra in circolo, da energia, riscalda. L'acqua intorno è calda e accogliente, piccoli esserini si insinuano tra le sue dita. Un fremito scuote le sue membra, fioco come l'aurora... È felice...
Spalanco gli occhi di colpo. Gocce di sudore mi colano lungo la fronte e la schiena. Raja mi sta fissando. Non c'è odio, rancore, rabbia. I suoi occhi scuri sono dolci, un mare d'ebano in cui affogo. E capisco. Comprende. Il vento le scosta i riccioli dal viso, il cielo dietro di sè che inizia a stirarsi di rosa e arancione.
Non mi chiedo nemmeno quanto tempo sia passato. Non mi importa. Devo sapere. Devo capire se ho sognato tutto, o se invece...
I miei occhi si inumidiscono, il cuore mi si gonfia di una dolce emozione.
Mi spoglio, senza pensarci. Non mi interessa di mostrarmi nuda davanti a lei, non mi vergogno del mio poco pudore. Sento come se tutti fossimo uniti insieme, quindi che senso ha vergognarsi di sè stessi?
Mi alzo in piedi, noncurante dello sguardo sorpreso di Raja. Mi butto in acqua prima che lei abbia il tempo di reagire.
Sento un urlo alle mie spalle, ma non ho paura. Non sento niente, non mi curo di nulla. Ogni cosa, l'apprensione, il pudore, la paura, il rancore sono svaniti. La mia testa è in una bolla leggera. Le mie membra si muovono a un unico scopo: verificare.
L'acqua è fredda sotto la superficie. Il sale mi brucia gli occhi ma mi costringo a tenerli aperti. La luce del sole illumina chiaramente ogni cosa nonostante inizi a tramontare. Spingo le braccia avanti a me e muovo le gambe nello stesso modo, spingendomi in profondità. Il fondale è a una decina di metri di distanza. Devo muovermi se voglio conservare ossigeno nei polmoni. Spingo ancora le braccia e le gambe, avvertendo uno strano senso di galleggiamento che mi tende a portare un po' più in superficie. Probabilmente è dovuto alla salsedine.
Il mio cuore inizia a battere più velocemente man mano che scendo, sia per la pressione e il fiato trattenuto sia perché ogni mia cellula comincia a fremere. Tra poco saprò...
Abbasso lo sguardo e per poco non spalanco la bocca per la sorpresa. Il fondale, che credevo fosse costituito solo da sabbia e sassi è una miriade di colori. Migliaia di pesci colorati nuotano seguendo le correnti, alcuni in banchi altri da soli. Ce ne sono di tutti i tipi: gialli e neri, bianchi e  arancioni, blu, argentati... le squame scintillano ad ogni movimento, riflettendo la luce del sole. Mi spingo ancora più un giù, creando uno spostamento dei pesci quando mi avvicino troppo.
Forse non ho sognato tutto. Forse è vero.
Nuoto più velocemente, il mio cuore che mi sale in gola.
E poi lo vedo. Sì. È reale.
Al di sotto dei banchi di pesci vi sono centinaia di anfratti, scogli, alghe e... coralli. Piccole aragoste si ritraggono nei buchi al mio passaggio, una grassa e gialla murena che si rintana lentamente quando avverte la mia presenza.
Qualcosa attira la mia attenzione. Mi avvicino ancora di qualche metro, una macchia violetta che mi chiama a se, come un legame lontano. È un corallo. Ed è bellissimo. È color lilla, alto un metro. È pieno di ramificazioni, che formano piccoli labirinti irregolari tra le sue estremità. La biforcazione primaria lo divide in te parti distinte unite tutti dalla base. All'interno di essi vi sono piccole divisioni tra i quali a volte piccoli banchi di pesci scintillanti si muovono, dividendosi e unendosi come gli uccelli in volo.
In gola ho un groppo che mi rende difficile deglutire per continuare a compensare. La mia bocca si incurva leggermente. Il mio cuore è gonfio di un dolcissimo dolore.
Tutto questo è bellissimo. E io sono riuscita a percepirlo mentalmente. Per un istante ho capito l'essenza di quel corallo, della sua fotosintesi, della sua vita...
I polmoni iniziano a farmi male. Purtroppo sono costretta a risalire.
Con le braccia mi dò la spinta iniziale, i piedi che iniziano a muoversi, aiutandomi. Lancio una rapida occhiata prima di voltarmi definitivamente. I coralli si estendono all'infinito, fino a dove il mio occhio può arrivare. Sorrido stupidamente.
Mi volto per proseguire ma una strana creatura mi blocca la strada, nuotando lentamente sopra di me. Ha due pinne verdi e maculate, il collo lungo e dello stesso colore, un guscio marrone e liscio. Deve essere una tartaruga di mare. Non ne ho mai vista una. I suoi occhi mi fissano per un momento, ma al contrario dei pesci non ha paura di me. Mi gira intorno una volta, con tranquillità. Poi si dilegua, dirigendosi all'orizzonte.
Non riesco a trattenermi. Lancio un urlo euforico che mi fa uscire la poca aria che avevo trattenuto. Non mi interessa. Inizio a ridere, l'acqua che mi finisce in bocca, salata. Inizio a nuotare rapidamente, il mio cuore impazzito, l'ombra della canoa che da sott'acqua è scura in un mare di luce.
Esco dall'acqua che ancora rido, mentre inalo aria pulita.
<<Ma che cavolo stai facendo?>> la voce di Raja è perplessa ma non arrabbiata. Ha un'espressione buffa in faccia, come se per la prima volta non avesse le cose sotto controllo nel suo territorio, nonostante sia lei la maestra.
Guardarla mi fa ridere ancora di più e inizio a schizzarla. La sua espressione cambia e un sorriso le nasce sulle labbra. Sembra un'altra persona.
<<Sali, pazzoide!>> mi urla, schizzandomi anche lei da sopra la barca.
Mi avvicino alla canoa. Come cavolo faccio a salire ora?
Come se mi leggesse nel pensiero sento la voce di Raja porre fine ai miei dubbi.
<<Aggrappati con le braccia e datti la spinta con il bacino.>>
Obbedisco, nonostante abbia le mani scivolose e sia difficile tenere la presa.
Risalgo sulla barca, il legno caldo che mi dà sollievo.
Mi rivesto, riprendendo fiato. Il cielo sopra di me è un'immensa sfumatura di rosa, arancione e giallo. Il sole è un disco di luce rossa.
<<Questo posto è meraviglioso.>> sussurro.
Mi scosto i capelli dal viso, girandomi a guardare Raja. Ha anche lei la massa voluminosa di ricci davanti al viso, ma a differenza mia non li sposta. Chiude gli occhi, un sorriso dolce che le illumina il volto <<Si lo è.>>
Si gira a guardarmi, incuriosita.
<<Cosa hai visto?>>
Sgrano gli occhi. Inarco un sopracciglio prima che abbia il tempo di ricompormi. Pensavo avesse intuito.
Il cuore mi sobbalza nel petto al ricordo di ciò che ho percepito.
<<Mi sono concentrata sul suono del mare, in modo da tenere vigile anche l'udito. Così facendo ho iniziato a percepirlo interiormente, fino a che anche la profondità mi è apparsa. Allora ho iniziato a sentire tante piccole presenze, credo fossero pesci. Nuotavano in ogni direzione, portati dalle correnti... e poi ho notato il fondale. Le presenze lì sotto non si muovevano, erano stabili. Sono entrata in contatto con un corallo. L'ho sentito produrre la fotosintesi, sfiorarsi coi pesci... ho sentito che era felice.>>
Sento i miei occhi inumidirsi nuovamente. Non ci credo che sono diventata così sentimentale. Non sono mai stata il tipo... O forse ho sempre cercato di reprimere questa parte di me?
Il tono di Raja è confuso quanto il mio.
<<Non ti credevo così emotiva.>>
Sbatto le palpebre, inalando una boccata d'aria. Mi porto i capelli dietro alle orecchie.
<<Non lo sono infatti. Peró questa è una cosa così bella che quando la si prova non si può più  rimanere indifferenti.>>
La vedo sgranare gli occhi. Probabilmente non si aspetta che una sporca nordica possa avere simili sentimenti.
<<Oggi mi stai sorprendendo sempre più.>>
Ecco. Appunto.
Scrollo le spalle, girandomi a osservare l'orizzonte. Dopo quello che ho appena provato non mi interessano le sue convinzioni.
Il sole sta tramontando, iniziando a baciare con la semicirconferenza inferiore la linea retta del mare. Imbarazzata da quel contatto l'acqua diventa subito rossa come il cielo. Sembra di volare in aria sopra una barca, tanto le tonalità delle nuvole si rispecchiano nel mare.
Un guizzo di consapevolezza mi invade le membra. Le parole di Raja mi ritornano alla mente. "Ancora non capisci? Siamo tutti connessi, gli uni con gli altri. Noi esistiamo grazie quello che ci circonda, grazie al mare, grazie al vento, grazie alla terra."
Aveva ragione. Siamo tutti connessi. Se capiamo veramente cosa vuol dire ciò. Se riusciamo a concentrarci tutto diventa chiaro, ogni cosa è accessibile. È tutto nella nostra mente, basta usarla.
<<Capisco cosa intendevi stamattina nella giungla. Sul fatto di essere un'unica realtà. Sono d'accordo.>>
Continuo a guardare il mare di fronte a me, mentre Raja usa il remo come perno per ruotare la canoa. In un attimo il mio sguardo è rivolto verso la riva, non più all'orizzonte.
Non mi risponde, ma percepisco un fremito. Probabilmente è soddisfatta.
<<Voglio imparare a combattere come te. Voglio apprendere tutto quello che c'è da sapere. Voglio diventare un Prescelto.>>

Il cuore di un soldato [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora