Capitolo 24

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La lunga gonna che indosso fruscia ad ogni mio passo, avvolgendomi le gambe in maniera insolita. Dopo tutto questo tempo passato ad indossare tenute militari trovarmi in abiti da festa mi fa sentire fuori luogo, la stessa sensazione che provo da quando non ho la pistola legata alla vita. Avevo detto a Raja che mi sembrava eccessivo indossare un abito del genere, soprattutto perché non facevo parte del loro popolo. In tutta risposta lei aveva sogghignato, i denti bianchi che si erano serrati in una smorfia feroce. <<Se vuoi diventare un soldato Prescelto non vedo che problema ci sia. Tra poco farai parte del nostro popolo anche tu.>> in quelle parole avevo scorto un avvertimento, legata alla nostra conversazione avuta nella cupola. È ovvio che stava rimarcando il fatto che avevo scelto di vivere con loro e che quindi dovevo accettarlo. Quel pensiero mi aveva fatto reprimere un sospiro, la consapevolezza della gravità della mia scelta che mi aveva colpito freddamente nello stomaco: tra poco dovrò rinunciare alle mie origini, negare di essere un soldato del Nord. Avevo serrato la mascella, in un moto involontario di stizza. Poi mi ero ricordata che stavo facendo tutto questo per aiutare il mio popolo, non per allontanarlo. Avevo scosso la testa, cercando di concentrarmi su altro; la mia vista allo specchio era stato un ottimo diversivo. Dopo avermi condotto ai bagni della caserma, che loro chiamano hammam, Raja mi aveva portato in una stanza secondaria, dove probabilmente tutte le ragazze del villaggio si preparano. Lì mi aveva dato uno dei loro abiti tradizionali, mi aveva truccato di scuro gli occhi e pettinato i capelli con un olio profumato; non avevo colto appieno però la mia trasformazione prima di vedere la mia immagine riflessa. La gonna lunga fino ai piedi mi cinge i fianchi in maniera lasciva, i ricami dorati e neri che fanno risaltare la mia carnagione sempre più scura per via del sole. A fasciarmi il seno ho un corpetto con gli stessi colori che mette in evidenza la scollatura e mi lascia scoperte la pancia e la schiena. Sulle spalle ho un velo chiaro, a temi floreali. Il mio viso è penetrante, il trucco che mi rende molto più simile a un soldato del Sud. Solamente i capelli sono quelli di sempre, solo un po' più lucidi e mossi. Vedermi in quel modo mi aveva affascinata e turbata allo stesso tempo. Da una parte ero indubbiamente bella: molto più che con quei pesanti abiti da cerimonia che mi hanno sempre costretta ad indossare a causa del rango sociale dei miei genitori. Con queste vesti il mio corpo è molto più libero di muoversi, di rilassarsi e di respirare. D'altra parte è indubbio che vestita così gli stessi soldati del Nord avrebbero difficoltà a riconoscermi. Potrei anche venire uccisa in uno scontro, se avvenisse stasera. Un pensiero orribile mi colpisce. Come reagirebbe Jorgen se mi vedesse conciata così? Mi troverebbe bella? O mi detesterebbe perché sto diventando una di loro? Corrugo le sopracciglia, schiaffeggiandomi mentalmente. Io non sono una di loro. E lui lo sa. Perché mi ama e sa come la penso. Il cuore mi sobbalza nel petto, l'immagine di lui ferito e svenuto nell'infermeria. Come ho potuto lasciarlo tutto il giorno da solo? Sono una persona orribile. Da domani mi prenderò molto più cura di lui.
<<A cosa stai pensando?>> la voce di Raja mi coglie di sorpresa, provocandomi un sussulto involontario. Non mi aveva più rivolto la parola dopo la nostra discussione nella cupola, se non qualche breve frase imperativa. Probabilmente ha bisogno di stare coi suoi pensieri in queste situazioni, perché anche stamattina si è comportata nello stesso modo.
Comunque decido di essere sincera.
<<A Jorgen. Sono preoccupata per lui.>> la mia voce è più angosciosa di quanto avrei voluto far trasparire.
Si volta a guardarmi, la chioma riccioluta, ora tenuta a bada da un diadema argentato, che si muove nel movimento. Gli enormi occhi scuri, incorniciati di nero, mi scrutano irritati e comprensivi.
<<Credevo che ti avessero aggiornato sulle sue condizioni. È arrivato qui in fin di vita, ha un fisico molto forte perché ha sopportato ferite davvero gravi; non so quanti ce l'avrebbero fatta al posto suo. Non mi sorprende che abbia perso i sensi, il dolore deve essere stato insopportabile. Gli abbiamo tolto la pallottola e cauterizzato la ferita. Quando si sarà asciugata dovremo fargli degli impacchi curativi e soprattutto farlo bere.>>
Annuisco, un nodo di ferro che allenta leggermente la presa sul mio petto.
<<Ce la farà, non ti preoccupare. Ha solo bisogno di riposare.>>
Un groppo alla gola mi impedisce di parlare, tutto il mio essere immerso nell'immagine di Jorgen che ride, che mi provoca, che spara, che mi bacia...
<<Lo ami così tanto?>>
La domanda è così insolita che mi giro a fissarla. È la prima volta che chiede qualcosa su di me, soprattutto così personale. Lei evita il mio sguardo, la gonna color rubino che fruscia sotto il suo passo deciso.
<<Lo amo quanto tu ami il mare, la giungla, il deserto e tutti gli esseri che ci abitano.>>
Si ferma, nonostante qualche gradino più in su vi sia l'ingresso che porta alla cupola. Una luce calda filtra dall'apertura, un chiacchiericcio di sottofondo che invade l'aria. China la testa, evitando il mio sguardo.
<<Lo ami come la tua stessa vita.>>
Non è una domanda, è una pura e semplice constatazione. Annuisco, i capelli che si disperdono sulle mie spalle.
<<Vorrei poter continuare a dormire con lui in infermeria. Almeno se si svegliasse nel cuore della notte potrei subito chiamare aiuto... e la prima cosa che vedrebbe sarei io.>>
Faccio un passo avanti, posizionandomi accanto a lei. Ha i pugni stretti, le palpebre chiuse, le ciglia tremanti.
<<Devo consultarmi con Mark, ma non credo ci saranno problemi.>>
<<Grazie. Significa molto per me.>>
In tutta risposta riprende a salire i gradini, senza più parlare. Non aggiungo altro, un'insinuazione velenosa che mi striscia crudelmente tra le viscere. Potrebbe aver ripensato a quel ragazzo nel bosco? A quello che ho ucciso io? Una sorda sentenza echeggia dentro tutto il mio essere. La vergogna e il senso di colpa mi inondano il corpo. Vorrei poterle dire che mi dispiace, che non avrei mai dovuto farlo, che è stato sbagliato. Che non avrei mai voluto ferirla. Sospiro, rendendomi conto di star trattenendo le lacrime. Sarebbe inutile. Mi insulterebbe, mi accuserebbe, potrebbe addirittura colpirmi. No, meglio lasciarla stare e farle passare quel momento.
Il suono che proviene dalla stanza distrae i miei pensieri. Varcando la soglia non riesco a non spalancare la bocca. La stanza è gremita da migliaia di persone, le donne profumate con gonne e veli sensuali, gli uomini con pantaloni larghi di lino e gilet colorati sopra i petti scuri e scolpiti. Sui lati sono stati deposti cuscini morbidi e degli strani oggetti dorati, dalla forma cilindrica collegata a un piccolo tubo dall'estremità superiore. Sul fianco destro è stato allestito una tavolata piena zeppa di bevande e pietanze tipiche, che emanano un forte odore speziato. Al centro un gruppo di quattro persone suona una melodia che non ho mai udito prima, incalzante e ritmata grazie all'utilizzo di tamburelli e flauti. La ragazza che canta ha una voce fluida, straziante e potente. Il clima è di gioiosa festosità e non riesco a trattenere un sorriso, l'atmosfera intrigante che mi fa solo venire voglia di unirmi agli invitati. Mi volto per complimentarmi con Raja... ma è sparita. Un piccolo tuffo al cuore accoglie la notizia, i miei occhi che la cercano disperatamente tra la folla. È inutile, è sparita: probabilmente vorrà stare da sola. Sospiro.
E ora cosa cavolo faccio da sola?
Un brontolio allo stomaco mi risponde prontamente. Decido che la prima cosa da fare è cercare del cibo. E poi quest'improvvisa solitudine potrebbe aiutarmi a carpire qualche informazione sul loro conto da poter riferire ai soldati dell'Ovest. Mi dirigo verso la tavolata dei cibi, facendomi largo tra le persone. La gente è talmente vicina che è impensabile passarci attraverso senza urtare nessuno e ogni volta che ciò avviene vengo trafitta da sguardi malevoli. Di certo non aiuta il fatto che molti di loro mi vedono come una minaccia, come una nemica. Quando riesco a raggiungere il tavolo mi accorgo di avere la fronte imperlata di sudore. L'odore del cibo mi distrae all'istante. Scocco un'occhiata furtiva nelle vicinanze. Si potrà prendere o bisogna aspettare la preghiera e la benedizione degli spiriti? Alla mia sinistra scorgo due ragazzine con un piatto in mano che stanno gareggiando per chi finisce prima di mangiare. Via libera quindi; probabilmente avranno già benedetto il cibo prima di portarlo qui. Afferro un piatto e ispeziono la tavolata alla ricerca della pietanza perfetto. Non conosco nessuna delle ricette delle vivande che ho davanti quindi decido di affidarmi totalmente all'olfatto. Quasi tutte le portate sono a base di riso o verdure. A circa metà tavolata scorgo dei pezzetti di pollo cosparsi di una salsa ocra. Hanno un profumo delizioso. E poi non so da quanto tempo è che non mangio carne. Afferro il mestolo di legno e mi verso quanto più contenuto possibile.
<<Ottima scelta per essere una straniera.>>
Mollo di scatto il mestolo, l'istinto che prende il sopravvento. Questa voce l'ho già sentita. Mi giro verso la fonte del suono e mi ritrovo faccia a faccia con Rafael. Indossa delle babbucce dorate, dei pantaloni di lino bianco e un gilet viola con ricami floreali dorati. Perché tutti si vestono con dei simboli riguardanti dei fiori? L'immagine dei petali sul soffitto della cupola mi ritorna alla mente. Lo stomaco si chiude immediatamente. Ecco perché. Celebrano il loro popolo e quello è il loro stemma. Il simbolo che racchiude la loro storia. Il fiore che sboccia nelle avversità...
<<Perdonami, non volevo spaventarti.>> nella sua voce noto una traccia di preoccupazione. Il cuore mi si scalda di gratitudine a vederlo così. È l'unico in tutto il villaggio che sembra trattarmi come una di loro.
Sorrido, scuotendo lievemente la testa.
<<Non mi hai spaventato, figurati. Solamente non me l'aspettavo.>>
Sul suo viso compare un sorriso scintillante. Solamente adesso mi accorgo che si è sbarbato. Sta molto meglio così: senza barba non sembra più un forte guerriero, bensì un ragazzo della mia età assolutamente normale.
<<Già, giusto. Dimenticavo che voi non siete abituati a percepire ciò che accade nei dintorni.>>
In quel "voi" non c'è nessun rimarco, nessuna nota ironica che Raja invece si diverte così tanto a calcare.
<<Credi a me, devi assolutamente aggiungerci del riso. Amalgama il sapore e gli dà quel tocco speciale.>> asserisce, l'indice puntato verso il mio piatto.
Prima che io abbia il tempo di ribattere prende una mestolata di riso e me lo posiziona nel piatto, accanto ai pezzetti di pollo. Osservandolo meglio noto che è schiacciato sui lati e più lungo, diverso da quella a cui sono abituata.
<<Grazie. Cosa sto per mangiare esattamente?>>
Lo osservo mentre anche lui prende un piatto e si serve della stessa pietanza, ripetendo l'operazione del riso.
<<Pollo speziato con salsa allo zenzero. Una nostra specialità. A mio dire la migliore di tutte. Hai proprio buon gusto.>>
Le mie labbra non riescono a reprimere un sorriso. Una parte di me sembra quasi essere trasportata di nuovo nella mensa della nostra caserma, quando in fila per la razione mi mettevo a scherzare con Filip e gli altri. Un misto di malinconia e rabbia mi si aggrappa al petto, le dita che stringono con forza il piatto che ho tra le mani. Sto davvero sorridendo a quelli che hanno distrutto la mia vita passata? Sempre che siano stati loro...
<<Sei sempre così silenziosa?>> la mano scura di Rafael entra nella mia visuale, i polpastrelli che reggono delicatamente un cucchiaio di legno. Nel suo piatto ne scorgo vagamente uno uguale. Lo avrà preso dalla tavolata qui di fronte sicuramente. Il cucchiaio scivola nel mio piatto con un lieve tintinnio.
Devi calmarti. Se nota qualche stranezza potrebbe cercare di leggerti la mente. E se Raja lo venisse a sapere...
Un lungo brivido mi attraversa la schiena alla sola congettura.
<<Scusami. È che tutta questa allegria mi fa ricordare le feste della mia terra... quelle che si organizzavano nella nostra Caserma.>>
La mia voce è maledettamente sincera... e infinitamente triste.
Gli occhi scuri di Rafael si ingrandiscono di consapevolezza. Con il cucchiaio inizia a giocare col riso, mischiandolo con il pollo.
<<Capisco. Mi dispiace per quello che vi è successo, una cosa del genere non si augura nemmeno ai peggior nemici. Un tradimento così poi, chi poteva aspettarselo?>>
Avverto la mia fronte aggrottarsi istintivamente.
<<Vorresti dirmi che tu sai chi è il responsabile di quello che è successo?>>
Rafael si decide finalmente a prendere una cucchiaiata del miscuglio che ha creato e mettersela in bocca. Aspetta di finire di masticare prima di rispondermi.
<<Tutti lo sospettano qui. Credevo che il motivo per cui foste giunti fino a noi fosse perché anche voi avevate compreso.>>
Deglutisco, ma il groppo alla gola che si è creato è più duro del marmo.
<<Cosa stai cercando di dirmi? Cosa sapete?>>
E perché Raja non mi ha detto niente?
La mia voce sembra provenire dall'oltretomba.
L'aria passa leggera tra i suoi capelli quando scuote la testa.
<<Ah, purtroppo non ci sono le prove. Ma Mark si sta già abilitando per trovarle. Credo che non passerà molto tempo prima che...>>
Un forte schiaffo risuona nell'aria prima che Rafael possa continuare a parlare.
Mi viene voglia di afferrarlo per quel cazzo di gilet e di estorcergli le parole di bocca. Una morsa di frustrazione mi colpisce violentemente. Non posso fare nulla, altrimenti sarei subito tenuta d'occhio. Devo al più presto informare Richard e Sarah degli avvenimenti... Richard! Sarah! Solo ora mi ricordo di averli ignorati inconsapevolmente per tutto il giorno. Che fine avranno fatto?
Uno schiaffo ancora più forte di quello di prima risuona nell'aria. Ma chi diavolo sta facendo questi rumori?
Dalle labbra di Rafael esce un debole gemito.
<<La volete piantare?>> la sua voce è tra l'irritato e il divertito.
Da dietro le sue spalle compaiono un ragazzo e una ragazza. A giudicare dall'aspetto devono essere fratelli: entrambi hanno i lineamenti del viso fini e i capelli lisci, il loro naso è dritto e con la punta tonda e gli occhi sono ugualmente proporzionati e tinti di un verde scuro. Sono alti più o meno uguali, ma la loro corporatura è completamente diversa: il fratello, probabilmente di qualche anno piu grande, è forte e muscoloso; per avere delle braccia così grosse deve aver fatto molti allenamenti, non ho mai visto un fisico del genere nella mia caserma. Come fa a correre e a spostarsi velocemente in caso di una battaglia? Deve avere un ruolo speciale, dato che sicuramente non è in grado di tenere il passo durante un combattimento.
La sorella invece sembra avere la mia stessa età; il suo fisico è simile al mio, con le gambe affusolate, l'addome piatto e le braccia sode.
Probabilmente è stata lei a tirare il primo schiaffo a giudicare dalla forza che sembra avere.
<<È quello che ti meriti. Stai confabulando con il nemico.>> l'accusa del ragazzo risuona bassa, ma il suo risentimento mi colpisce come lo schiaffo che ha appena dato sulla schiena di Rafael.
Stringo i pugni per non lasciarmi andare a commenti inopportuni, l'irritazione che striscia nel mio stomaco, sempre più abituata a questi insulti.
<<Non è il nemico, si è unita a noi dopo aver disertato.>> interviene in mia difesa Rafael, prendendo un'altra cucchiaiata di riso.
<<Sempre che sia vero.>> si intromette la ragazza, un sorriso di complicità sulle labbra sottili che poco si addice all'accusa velata che mi sta lanciando. Nei suoi occhi scuri non percepisco alcuna ostilità, bensì una pungente curiosità.
<<Sentite, se Mark si fida di loro mi fido anche io. Che senso avrebbe dubitare della sua parola? Ci ha sempre guidato saggiamente e non abbiamo alcun motivo per non affidarci a lui anche stavolta.>>
Un senso di riconoscimento mi costringe a sorridere, sebbene sia vero che io sia il nemico. Nessuno mi aveva mai difeso prima in questo modo, eccetto Jorgen; la differenza però sta nel fatto che Rafael lo sta facendo senza conoscermi, perché si fida del suo capo. È disposto a mettersi dalla mia parte nonostante non mi conosca.
Devo assolutamente riuscire a farmelo amico. Mi servirà il suo aiuto se davvero starò qui a lungo.
<<Su questo non posso che darti ragione.>> il tono della ragazza è diventato apertamente amichevole e nel prendere un piatto dalla tavolata mi strizza fugacemente l'occhio.
<<Io continuo a non fidarmi. E poi Mark ha fatto le sue belle stronzate in passato, prima di venire qui. Peró è anche vero che ora è il capo.>> il borbottio del fratello è evidenziato dallo scrocchio delle sue nocche contro i palmi delle mani.
<<Naykulu smettila di fare l'uccellaccio del malaugurio. Preoccupati piuttosto del fatto che tua sorella colpisce meglio di te.>>
<<Cosa?>> non riesco a trattenere la domanda, la bocca che si muove dalla sorpresa. È davvero possibile che una ragazza come lei possa tirare più forte di un ragazzo così muscoloso?
<<Caspita, il tuo stupore mi ferisce un po'. Non è bello essere sottovalutate.>> il suo ghigno è divertito nonostante le sue parole. I lunghi capelli ondeggiano lievemente quando si alza sulle punte dei piedi per afferrare un cucchiaio.
<<Vantati di meno, Lafinia. Senza le mie capacità mentali avresti la forza di una caccola.>>
<<Ma stai zitto, ti credi il più forte di tutti ma sei solo capace di fare danni.>>
Avverto Rafael spostarsi al mio fianco. Ha finito di mangiare e ha posato il piatto vuoto sulla tavolata; le sue braccia sono incrociate intorno al petto, molto meno definito e solido rispetto a quello di Naykulu.
<<In caso te lo stessi chiedendo, sì. Fanno sempre così.>>
Non rispondo, troppo intenta a guardare il vestito color porpora di Lafinia. Ha una consistenza setosa e ad ogni suo passo si muove come fluttuando intorno a lei.
<<Come funziona esattamente... si completano le capacità fisiche e mentali a vicenda?>>
<<In un certo senso è così. A volte capita che due fratelli, soprattutto se vicini d'età, sviluppino una sorta di telepatia. In questo modo hanno la possibilità di sopperire alle lacune a vicenda; Naykulu, sebbene possa sembrare strano, è più forte mentalmente, la sorella fisicamente. In battaglia è lei ad agire, mentre lui sta nelle retroguardie per fornire una visione periferica e darle energia nuova.>>
Mi giro a fissarlo, la musica in sottofondo che si lega alle mie elucubrazioni mentali.
<<Mi stai dicendo che attraverso la Porta della Mente si può anche passare energia?>>
La sua fronte si distende in un'espressione colpita.
<<Pensavo lo sapessi. Ti ho visto con Raja oggi pomeriggio, credevo ti stesse addestrando. Non ti ha spiegato tutte le funzioni del Portale?>>
Apro la bocca per rispondere, cercando freneticamente una risposta plausibile da dare.
Qualcosa mi afferra il braccio sinistro.
Mi giro velocemente, l'istinto che mi fa alzare velocemente il pugno destro, pronto a colpire qualsiasi cosa mi stia toccando.
La mano di Lafinia era l'ultima cosa che mi aspettavo di trovare.
<<Basta con questi discorsi noiosi. Cerchiamo di conoscerci meglio. Siamo a una festa, dopotutto!>> non sembra affatto turbata dalla mia reazione, probabilmente perché se l'aspettava. Nell'altra mano tiene un piatto stracolmo di pietanze fumanti. Riesco a scorgere pezzi di riso, pesce e zucchine.
Abbasso immediatamente il braccio, avvertendo dietro al collo l'occhiata di fuoco che mi lancia Naykulu.
Con questo devo stare attenta. È ancora più diffidente di Raja e non ho alcun tipo di legame con lui, quindi è pericoloso il doppio.
Il braccio di Lafinia si muove velocemente e in un attimo mi ritrovo trascinata energicamente in mezzo alla sala. La risata alle mie spalle di Rafael mi provoca un divertito gorgoglio nello stomaco, la musica mi investe con una piacevole ritmica che inizia a ballarmi nelle vene. La scena mi proietta indietro di mesi, il ricordo di Eneka che mi prendeva per mano trasportandomi tra i tavoli della mensa mi afferra il cuore in una morsa glaciale.
Lafinia si ferma solo quando raggiunge l'estremità opposta della sala, dove prima avevo visto quegli strani oggetti cilindrici. Da infallibile stratega ha scelto la posizione migliore: gli enormi cuscini color porpora sono posizionati all'angolo della sala, in modo tale da essere in una posizione appartata dove si possa parlare di qualsiasi cosa, lontani da orecchie indiscrete. La visuale verso il centro della stanza è tuttavia ottima, in modo tale da godersi lo spettacolo dei musicisti e della cantante.
<<Forza siediti!>> le parole di Lafinia mi distolgono dalle mie riflessioni. Alzo una gamba per muovere un passo, ma la sua mano sul mio braccio è più svelta e in un battibaleno mi trovo seduta accanto a lei.
Di fronte a noi si posizionano Rafael e Naykulu.
<<Ti assicuro che so muovermi anche se non mi traini da una parte all'altra della stanza>> nel mio tono percepisco una fievole sghignazzata. Da quant'è che non facevo più una risata del genere? Mi sembra passata una vita intera.
La pressione sul mio braccio svanisce. Mi volto a guardare a Lafinia, il suo naso arricciato in una smorfia ironica. Le sue mani raggiungono veloci l'oggetto cilindrico, posizionato in mezzo ai cuscini.
<<Che cos'è?>> il mio tono finge indifferenza -sono stanca di essere insultata per la mia ignoranza-, nonostante senta una crescente fitta di curiosità nello stomaco.
Le sue dita armeggiano con una piccola ciotola, di cui non distinguo il contenuto. Con delle pinze estrae dal contenitore dei piccoli cubetti neri, che posiziona all'estremità superiore dell'oggetto cilindrico.
<<Questa>> inizia Rafael, il timbro scherzosamente grave, <<è un piccolo angolo di paradiso. È la nostra pipa tradizionale; nella lingua del Sud la chiamiamo shisha.>>
Come per sottolineare la solennità del discorso, Lafinia accende la ciotolina con un fiammifero proprio quando Rafael finisce di parlare. Dal profumo che si sprigiona credo che abbia appena fatto bruciare del tabacco aromatico... quindi quei cubetti neri erano pezzi di carbone. Ora tutto acquisisce un senso: dev'essere una pipa ad acqua; la parte inferiore è più larga e probabilmente è un'ampolla.
Il bicipite di Naykulu saetta improvvisamente, la mano che si muove veloce per prendere la bocchetta legata tramite un tubo alla parte cilindrica. Sulle labbra compare un sorrisetto tronfio.
<<Il più grosso e anche il più veloce.>> ghigna, portando alla bocca la pipa e tirando una grande boccata. Trattiene il respiro per qualche secondo, poi espira una nube bianca e profumata. Percepisco fragranza di vaniglia e aromi mai sentiti prima, che però mi ricordano il profumo di Raja e quello forte di Lafinia accanto a me.
<<Sì, e anche il più stupido. Quello l'avevo preparato per lei, volevo che lo provasse.>>
la voce della sorella è venata di una lieve irritazione. Quindi è vero che bisticciano sempre.
In tutta risposta il fratello si liscia le basette nere, fino ad arrivare al mento.
<<Arriverà anche il suo turno... Se riuscirà a guadagnarselo.>> il suo sguardo si sposta per la prima volta dritto su di me. È intenso, diffidente.
Un torpore improvviso mi scalda il viso, le mie labbra che si schiudono nervose a quella provocazione. Perché mi mette così tanto a disagio? Sembra sapere quello che penso, i miei obbiettivi... anche se questo è impossibile. Sono riuscita a schermare Raja, posso farlo anche con lui. E poi non ho sentito nessun attacco mentale. Ciononostante ne ho fin sopra i capelli delle sue accuse, e non solo delle sue. Tutti questi giochetti, le prove, le cose che devo dimostrare... inizio ad averne abbastanza. Il sangue inizia a fluirmi più velocemente nelle vene, i miei denti che si serrano sulla bocca con forza.
<<Senti, non per essere modesta ma ho affrontato sfide ben più grosse di queste; ho combattuto per proteggere la mia caserma, sono sfuggita alla cattura di Raja, sono sopravvissuta nel bosco, ho sconfitto le spie imperiali e... ho disertato dalla Provincia dell'Ovest. Non sarà certo un bue come te a intimorirmi. E se ci tieni puoi tenertela quella pipa. Non ho mai fumato e, in tutta onestà, non ne ho questo grande desiderio. Fumatela tu se ci tieni così tanto.>> solo ora mi rendo conto di essere in piedi, i pugni stretti, il cuore che pulsa adrenalinico. Le guance mi scottano, il sangue furioso sotto la superficie.
Forse non avrei dovuto scaldarmi così. È sempre questo il mio errore: non rifletto prima di agire. E se ora sto coglione si arrabbiasse? Ha ragione Jorgen quando dice che sono troppo impulsiva...
Scruto Naykulu, i miei occhi che si spostano su di lui indagatori. Cosa ha intenzione di fare? Il suo sguardo mi perfora la carne, gli occhi apatici e imperscrutabili. La sua bocca si apre per espirare un'altra boccata, il fumo che lo avvolge completamente per un istante. La sua mano si muove leggermente. Lentamente, con cautela, scorgo il suo braccio distendersi verso di me. Con le dita mi offre la pipa.
<<Tieni. Te la sei meritata.>>
Deglutisco, ripiombando a sedermi sul cuscino. All'impatto la schiena sprofonda, rimbalzando lievemente. Con la stessa lentezza calcolata la prendo, stando bene attenta a non sfiorarlo.
Mi volto a guardare gli altri, sperando di trovare espressioni simili sul volto; Lafinia annuisce incoraggiante, Rafael incrocia le braccia dietro la testa e fa spallucce. Sono colpiti per il fatto che abbia tenuto testa a Naykulu? O semplicemente se l'aspettavano?
<<Ora capisco perché hai fatto colpo su Raja: sei uguale a lei.>> la sentenza di Rafael mi colpisce bruscamente. Io sono davvero uguale a Raja? Lei è così fiera, elegante, regale... tutto il contrario di me. Che somiglianze può mai vedere in noi due?
<<Devi tirare su come per respirare, come con l'aria. Aspetti qualche secondo e poi espiri.>> il tono di Lafinia è noncurante e spezza il flusso dei miei pensieri. Probabilmente non condivide gli atteggiamenti del fratello, a giudicare da come velocemente ha spostato l'argomento. Fisso per un istante la bocchetta, i colori del vetro dell'ampolla riflettono invitanti. Davvero sto per fumare?
Al diavolo. Fallo e basta.
Appoggio le labbra alla pipa e inspiro, un flusso di vapore acqueo che mi inonda la gola, tappando l'ingresso dell'aria. Tossisco, percependo gli occhi inumidirsi per l'irritazione.
Avverto gli altri ridacchiare, divertiti.
<<Fallo più piano. Dev'essere un movimento naturale, come con l'ossigeno.>> la voce di Lafinia è rassicurante.
Ci riprovo, espirando una quantità minore. Questa volta percepisco il dolce sapore del tabacco, il vapore acqueo che mi accarezza la gola con fare invitante. Espiro, una nuvola bianca e profumata si disperde intorno a me. Subito tiro un'altra boccata.
<<Non pensavo che fumare fosse così buono.>> le mie parole sono ovattate, attutite dal flusso di vapore che mi esce dalle labbra.
<<Attenta a non esagerare; non sei abituata agli effetti del nostro tabacco, potresti sentirti male.>>
<<E andiamo Rafael, non fare il guastafeste. Che male c'è se si sballasse un pochino?>> la domanda di Lafinia risuona nel mio cervello come un campanello d'allarme.
<<Sballarmi dici?>>
<<Non preoccuparti, lui esagera sempre. Semplicemente il nostro tabacco agisce sul nostro sistema nervoso, liberando endorfine e alterando leggermente i sensi. In pratica ti da la stessa sensazione di quando sei un po' brilla, solo che ridi molto di più e non hai la nausea.>>
Il fumo che sto inspirando mi si blocca a metà. Devo assolutamente stare attenta a non esagerare. Se iniziassi ad andare fuori di testa potrebbero entrarmi nella mente, o peggio potrei svelare che in realtà siamo delle sotto copertura. D'altro canto se smettessi di fumare adesso sarebbe ancora più sospetto...
Il portone della cupola si apre con un cigolio, distogliendo l'attenzione degli altri su di me. Per fortuna. Dall'ingresso vedo entrare un uomo abbronzato, alto, snello e vestito con abiti diversi rispetto agli altri: ha una camicia di lino bianco che gli ricade fino alle cosce, dei pantaloni larghi dello stesso materiale e un mantello dorato a ricami floreali. Sui capelli neri porta un turbante che gli cinge la fronte. Quando si gira verso destra, capisco che si tratta di Mark.
La musica smette di suonare, la cantante ammutolisce. Tutti si zittiscono, mentre osservano con devozione il loro capo. Il suo portamento è elegante e mi provoca una vampata di ammirazione. Credo che sia uno degli uomini più affascinanti e carismatici che abbia mai visto. Si posiziona al centro della sala, accanto ai musicisti.
<<Fratelli! Sorelle! Siamo qui oggi per celebrare quattro nuovi compagni che sono finalmente diventati dei Prescelti!>> la sua voce é profonda e chiara. Ogni persona intorno a me inizia ad esultare e applaudire, compresi Rafael e i due fratelli.
<<Per festeggiare questo magnifico avvenimento dò ufficialmente inizio alle danze! Ballate sorelle e fratelli miei, ballate e gioite! E che gli spiriti siano con voi e vi proteggano sempre!>>
Sento accanto a me Lafinia scaldarsi, mentre inizia a gridare e a fischiare. Inspiro un'altra volta prima di applaudire... un'ottima opportunità per posare la loro pipa.
Sento Mark sbattere energicamente le mani, prima di ritirarsi, circondato da un drappello di soldati che comincia a seguirlo per poter parlare con lui.
La musica rincomincia, ancora più sfrenata di prima. Alla cantante si è unita anche una voce maschile, che ora si intreccia a quella femminile al ritmo forsennato dei tamburelli. Al centro della sala inizia a radunarsi un gruppo di ragazzi, le persone intorno che si fanno da parte per lasciarli passare.
<<Non so te Naykulu, ma io vado a unirmi a loro!>> Rafael balza in piedi che ancora non ha terminato la frase.
<<No grazie, credo che per oggi passerò.>> borbotta lui di risposta, ma ormai parla da solo.
<<Ammettilo che non balli perché fai schifo.>> è la risposta secca della sorella. Naykulu la guarda storto, le labbra chiuse in un'espressione esasperata.
Ad assistere a questa scena mi viene da ridere, la sua faccia che mi appare stranamente comica.
I ragazzi al centro sono ormai una trentina e iniziano a ballare sincronizzati, saltando sulle ginocchia, piroettando e volteggiando sui fianchi muscolosi, in una prova virile non indifferente. A guardarli la mia testa inizia a girare, e quella sensazione mi fa venire sempre più voglia di ridere. La musica, il cibo, le canzoni, la pipa... è tutto così distante ma affascinante, ogni sapore, ogni profumo, ogni ritmo che mi danza in testa e si fonde, si intreccia, crea nuovi legami e nuove melodie. Mi sento allo stesso tempo estranea e a casa, spettatrice e partecipe. Forse è questo che vuol dire essere sotto l'effetto della Shisha. Ma è così divertente... è così buffo!
Mi ritrovo non so come a ridere di gusto, le mie mani che battono a tempo della danza, le urla dei ragazzi che ballano che mi inebriano, i loro corpi così lucenti e tonici in contrasto coi colori chiari che indossano... è una danza fisica, sensuale, così diversa alle cerimonie in grande stile che si fanno nella mia terra. Sembrano tutti felici, senza etichette da seguire...
<<Anny!>> una voce stranamente familiare mi risuona nelle orecchie, distorta. Mi volto nella direzione da cui sono stata chiamata, la musica che mi riecheggia lontana nelle orecchie. In piedi davanti a me stanno Richard e Sarah, un'espressione sbalordita sul viso. Non riesco a trattenere una risata, le loro facce che mi appaiono ridicolmente comiche.
<<Ciao ragazzi! Accomodatevi, sono qui con...>> mi giro verso Lafinia, ma il mio cuore ha un guizzo di sorpresa quando scopre che accanto a me non c'è più seduto nessuno. Solo Naykulu è rimasto, lo sguardo irritato fisso su di me.
<<Davvero ti sono serviti solo quattro tiri per farti andare fuori di testa?>>
Lo ignoro, il mio sguardo ipnotizzato dai magnifici ricami dei cuscini. Ora che li guardo meglio scorgo dei minuscoli fiori dorati ricamati sopra il porpora, piccoli ghirigori raffinati che sembrano quasi ragnatele su uno sfondo scuro.
Ma perché prima non me ne sono accorta? Perché prima c'era seduta su Lafinia...
<<Ma dov'è andata tua sorella?>> la mia voce suona storta e stonata alle mie stesse orecchie.
<<Tra un attimo lo vedrai.>> taglia corto lui.
<<Hai ragione, dimenticavo di parlare con la persona più simpatica di tutta la Caserma.>>
<<Odio parlare con chi non è lucido mentalmente. Non rivolgermi la parola e non ci saranno problemi.>> le sue parole in qualche modo mi fanno scorrere nelle vene della vergogna, mista a delusione. O forse mi sono offesa? Magari lo riuscirei a capire se non avessi le orecchie così tappate...
Percepisco Richard e Sarah sedersi accanto a me, senza fiatare. Anche loro sono vestiti di abiti tipici. Chissà chi glieli ha forniti... La musica smette di suonare e sento le persone accanto a me lasciarsi andare ad applausi sfrenati. Li imito, le mani che vibrano a ogni colpo, il mio viso piegato in una risata sincera.
Richard che si china verso di me sembra solo una mia fantasia.
<<Stai attenta a non dire nulla di insolito. Questo qui mi sembra uno con cui non si scherza.>>
Annuisco, anche se la cosa non mi spaventa minimamente. Poi mi rendo conto che Richard deve avere capito tutto. Mi volto a guardarlo di sottecchi, le sue dita affusolate che stanno nuovamente andando a sistemarsi gli occhiali. È assurdo quanto sia geniale questo ragazzo.
Da una parte molto lontana del mio cervello mi appare un pensiero indistinto, qualcosa che so che dovrei dirgli ma che ora non riesco ad afferrare. La testa mi gira furiosamente, il brusio nella stanza che si confonde con il rombo del sangue nelle orecchie.
<<Richard.>> il mio bisbiglio è forse un po' troppo forte. Lo avverto ruotare il viso verso di me, il viso scarno sotto le enormi lenti.
<<Devo dirti una cosa...>> lo sforzo mentale che sto facendo mi costringe ad aggrottare le sopracciglia. Cosa devo dirgli? Cosa c'era di così vitale da raccontargli...?
La musica che riparte mi distrae ulteriormente, la voce femminile che questa volta intona un lamento sensuale. Quella melodia mi si ficca nel cranio, una serpe che striscia nei meandri del mio pensiero, scavando scie profonde.
Al centro della sala compare una ragazza sensuale, dal seno prosperoso e il ventre piatto. Socchiudo gli occhi appannati... e per poco il mio cuore non perde un colpo. Quella è Raja. Dietro di lei scorgo altre danzatrici, tra cui una vestita di porpora. Non c'è dubbio, è Lafinia. I loro movimenti sono sensuali, i fianchi che si muovono roteando a ritmo di musica, le mani che si fanno passare sulle spalle, attorno al collo e alla vita il velo che prima copriva loro le braccia. Sono bellissime... sembrano l'acqua che scorre lungo i ruscelli, un fiore che si dischiude alla luna, un serpente di mare...
Il loro ballo mi penetra nella retina negli occhi, unendosi alle mie melodie interiori. I pensieri iniziano a farsi più coerenti, come dei pezzi di mosaico che stanno per incastrarsi.
La pelle scura delle gambe si intravede ogni volta che piroettano su sé stesse, muovendo la loro gonna con sensualità. I loro capelli profumati volteggiano sprigionando un profumo esotico, mossi come le onde del vento.
L'odore mi entra nelle narici e inizia a scorrermi nel sangue, le note della cantante che iniziano a essere sempre più alti, sempre più forti...
Sbatto le palpebre, il mio sorriso che da tramortito si fa beffardo. Ho la bocca impastata, la gola secca ma ora ricordo.
<<Richard.>> questa volta il mio tono è sicuro. <<Devo aggiornati su un po' di cose.>>
<<Anche io.>> il suo tono pacato non riesce a nascondere un guizzo di eccitazione. <<Jorgen si è svegliato.>>

Il cuore di un soldato [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora