Capitolo 17

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Le stelle del cielo non sono ancora sbiadite del tutto quando riesco finalmente a intravedere un edificio che tutto sembra tranne che una caserma: la bianca struttura non è squadrata e a forma di parallelepipedo come quelle che ho incontrato finora, ma piena di piccole cupole tutte decorate a mano con intarsi dorati. La giungla lussureggiante che la avvolge protettiva non ha nulla a che vedere con i nostri campi esterni di allenamento o i prati curati della Provincia dell'Ovest.
L'unica somiglianza che scorgo con le altre caserme, è quella di avere sentinelle ben addestrate ai bordi delle mura.
E quando quest'ultime ci vedono, iniziano a segnalare l'allarme.
Il mio cuore sta già per sprofondare quando mi accorgo che le guardie hanno fermato il segnale a metà, abbastanza interdette dalla vista che mano a mano gli si para sempre più nitidamente davanti. Come darle torto: siamo quattro ragazzi bianchi che cavalcano due struzzi, di cui uno svenuto e gli altri tre malconci. Non dobbiamo sembrare molto spaventosi, bensì piuttosto strani.
Quando siamo praticamente sotto le mura dell'edificio, sono ritornate ai loro posti e ci fissano, in silenzio.
Dal basso di quelle enormi mura, molto più spesse e alte rispetto alle nostre, non riesco a capire se stanno aspettando che facciamo qualcosa noi per sapere come agire o semplicemente hanno deciso di ignorarci.
Deglutisco, pregando con tutto il cuore che sia vera la prima. Non ho fatto così tanta strada per nulla.
James ha bisogno di loro. E loro lo salveranno.
Raddrizzo la schiena, mentre con i fianchi dò una spinta al mio struzzo per farlo ripartire. Alle mie spalle, scorgo con la coda dell'occhio Richard e Sarah lanciarsi un'occhiata dubbiosa.
Sospiro, chiedendomi quando è stato esattamente il momento in cui hanno deciso di seguirmi ciecamente, di farmi diventare il leader. Scrollo le spalle, mentre cerco di scacciare via da me la stanchezza che mi assale prepotentemente, facendomi rischiare di cadere.
Non chiudo occhio da un giorno, e il sonno mi chiama a sé con un canto che ad ogni minuto che passa diventa sempre più invitante.
Quando sono praticamente arrivata sotto l'enorme porta di legno massiccio alzo lo sguardo per rivolgermi alle sentinelle.
"Siamo disertori della Provincia dell'Ovest e del Nord e desideriamo asilo qui da voi! Vi prego, un nostro compagno è ferito!"
Sto urlando con quanto fiato mi rimane, mentre reprimo un brivido di disgusto. Non sono abituata a supplicare qualcuno. Se voglio qualcosa, vado e me la prendo. Ma ora non ho altra scelta. La vita di James è nelle loro disgustose mani.
L'eco della mia voce si propaga per tutte le mura, distorcendo il mio tono fino a renderlo, se possibile, ancora più disperato.
Poi anche quello sparisce. Rimane solo un silenzio di tomba, letale quanto la lama di un coltello.
Perché non ci aprono? Hanno veramente deciso di ignorarci?
Una stilettata al cuore mi trafigge gelida, mentre capisco che è proprio così.
Se non dovessero ospitarci, se ci ignorassero non ritenendoci nemmeno degni di essere una minaccia... Sarebbe la fine.
Ci impiegheremmo troppo per tornare indietro, e anche se nel più fortuito dei casi riuscissimo ad arrivare all'oasi, non potremmo bere perché l'acqua è avvelenata. E James sarebbe già morto.
No. James non deve, non può morire.
Cerco di spronare di nuovo la mia cavalcatura ma sono troppo debole e cado in mezzo alla polvere, trascinando con me James.
"No!" Urlo, inginocchiandomi di fianco a lui. Il suo viso è una maschera di cera. I suoi occhi sono chiusi.
Sento delle lacrime solcarmi il viso, il dolore che ho cercato di assopire dentro di me che si riversa come un fiume in piena.
Inizio a tempestare di pugni il muro che ho di fronte, noncurante delle nocche che mi iniziano a sanguinare.
"Vi prego! Vi prego, aiutateci! Lui... Lui sta morendo!"
Ormai parlo più a me stessa che a loro.
"Lui sta morendo..." La mia voce è solo un flebile sussurro, adesso.
Non ho nemmeno più la forza di gridare, e quando mi accascio a terra in ginocchio quasi non me ne rendo conto. Chiudo gli occhi, gonfi di lacrime. Se lui muore, muoio anche io.
Sento qualcosa sfiorarmi i capelli.
Mi giro lentamente, ormai prossima a perdere conoscenza.
E quello che vedo mi sveglia di un poco. Lo struzzo da cui sono caduta non è scappato. È rimasto lì, vicino a me, e ora sta giocando con il becco con i miei capelli, come se fossi un suo simile. Come se provasse del rispetto per me. Come se capisse il mio dolore.
Rimango a guardarlo per un attimo come in trance, poi gli accarezzo il collo, un groppo alla gola. La sua pelle è ruvida e resistente.
Quasi non mi accorgo dell'immensa porta davanti a me che si spalanca, promettendomi salvezza.
Da dietro di essa vedo arrivare un uomo avvolto in un sontuoso abito tipico della loro Provincia: una tunica gialla, simbolo di intelletto e bontà, gli ricade elegantemente su morbidi pantaloni a balze.
Ha il capo scoperto, a differenza dei soldati che hanno attaccato la nostra caserma, ma le babbucce che ha ai piedi sono uguali.
Probabilmente è il capo, in quanto solo ora mi accorgo che è seguito da un immenso numero di militari, vestiti nel medesimo modo in cui li avevo veduti la prima volta.
Avvicinandosi, noto con stupore che il primo ha la pelle bianca, e non scura come mi sarei immaginata.
Quando è arrivato meno da un metro da me si ferma.
Sollevo lentamente la testa, le mie palpebre socchiuse per la troppa luce che solo ora mi rendo conto essere fastidiosamente accecante. Il sole è ormai sorto nel cielo.
Ordino a me stessa di alzarmi, ma non riesco a mettermi in piedi. Sono troppo debole. Solo ora capisco che se volessero potrebbero ucciderci tutti quanti e gettare i nostri corpi ai cani.
Un gelido brivido mi attraversa la schiena, mentre comprendo di essere completamente inerme di fronte al nemico.
"Vi prego... Aiutatelo." La mia voce è un rantolo confuso. Un ultima lacrima solitaria mi scivola sulla guancia, accarezzandomi.
Non riesco a vedere l'espressione dell'uomo che ho di fronte, perché è in controluce, così aspetto che faccia qualcosa. Quest'ultimo rimane a fissarmi in silenzio, fermo, finché io non perdo le speranze e chino il capo.
"Aiutatelo..."
La mia è una preghiera.
Il mio respiro rotto è assordante in mezzo a tutto questo deserto di silenzio.
Le ferite ai polsi sono diventate insopportabili, forse si sono infettate.
L'oblio dell'incoscienza mi cerca con le sue morbide braccia scure, bramose di cullarmi.
Digrigno i denti, estraniandomi da tutto questo. Devo resistere, distrarmi.
Concentro tutto il mio essere sulla sensazione della mia mano contro il collo rugoso dello struzzo. Il battito pulsante del cuore che riverbera in tutto il suo corpo mi conforta.
Poi una voce calda e profonda spezza il flusso dei miei pensieri.
"E così voi sareste disertori provenienti dalla Provincia del Nord e dell'Ovest?" Non c'è traccia di disprezzo nella sua voce, solo di diffidenza. Il suo accento è lieve quanto il fruscio della neve, la sua cadenza aggraziata.
Annuisco una volta, lentamente.
"E come mai provate così disgusto nei confronti della vostra patria? Non vi hanno addestrati a difenderla?"
Si, è così. E ci hanno mandati qui apposta per questo.
Prendo una boccata d'aria, ripassando nella mente il discorso che il tenente della Provincia dell'Ovest ci aveva detto di raccontare loro per convincerli a darci asilo.
Sinceramente lo trovo abbastanza strano, ma gli ordini sono ordini.
Espiro l'aria che ho nei polmoni, pregando con tutto il cuore che funzioni.
"Perché loro non sono quello che sembrano." Sussurro lugubre.
Un bisbiglio stupito dilaga tra i soldati alle spalle dell'uomo che mi sta di fronte. Solo quest'ultimo mi squadra in silenzio.
Un brivido di paura mi attanaglia le viscere, mentre degli aghi invisibili mi penetrano la pelle. E se non l'avessi convinto?
Passa ancora qualche istante, poi il capo parla di nuovo.
"Perché mai dovremmo fidarci di voi? Potrebbe essere tutto un trucco."
Sento Sarah dietro di me cercare di aiutarmi, ma Richard la ferma.
Ottima scelta. Se devono prendersela con qualcuno, che lo facciano con me. Sono io che li ho portati fino a qui; se solo non avessero cercato di integrarci al gruppo di soldati durante l'esercitazione nella loro caserma, ora non si troverebbero a sperare nella misericordia del nemico.
Noto che il capo ha notato il movimento dei miei compagni, alle mie spalle, tuttavia continua a concentrarsi su di me.
Sento i suoi occhi penetrarmi dentro la carne, sorpassando pelle e ossa, fino ad arrivare a colpire il centro del mio essere. Percepisco il suo carisma, il suo amore per il popolo che guida, il sospetto nei miei confronti. E qualcos altro, che non riesco a decifrare. Qualcosa di familiare e al tempo stesso sconosciuto. Qualcosa che mi impedisce di odiarlo, mio malgrado.
Mi schiarisco la gola secca, cercando di concentrarmi. So qual è l'unico modo per convincerlo. È molto pericoloso ma...
"Possiamo dirvi le coordinate della base delle spie del servizio imperiale che operano nel vostro territorio. Sono stati loro a fare... A farci questo."
Questa volta il silenzio è tombale.
L'uomo si inginocchia di fronte a me, permettendomi per la prima volta di fissarlo in volto.
Appena lo vedo, il mio intero essere sobbalza.
È sulla quarantina, i capelli mossi e corvini gli ricadono con grazia sulle spalle, la barba curata gli incornicia il volto dai tratti decisi e al contempo delicati. E quegli occhi... Verdi, un mare infinito di smeraldi. Mi inchiodano al suo sguardo, qualcosa negli abissi del mio essere che si smuove un poco, una bestia assopita che cambia posizione mentre dorme.
Io l'ho già visto quest'uomo. Da qualche parte, forse in un'altra vita... Ma io lo conosco. Lo so, ne sono sicura.
Ed è in quel momento che noto in quel bosco liquido un lampo scintillante. Non ho nemmeno il tempo di chiedermi a che cosa sia dovuto, che è già sparito. Forse me lo sono solo immaginata. Forse è la stanchezza...
"Come avete fatto a fuggire da lì? Ho perso tutti gli uomini che abbiano mai tentato di trovare la loro base."
La sua voce è sicura, ma il suo tono si è addolcito.
Non perdo nemmeno tempo a chiedermi il perché di ciò.
"L'abbiamo distrutta. Il capo dei servizi segreti è scappato, ma tutti i suoi uomini sono morti."
Il suono che mi esce dalla bocca è deciso e crudo, ma sicuro di sé. E fa colpo sui soldati.
Ora non è solo un bisbiglio concitato, la gente si volta a scambiare idee col proprio compagno vicino, violenti sussurri che vanno dall'ammirato al sorpreso.
Questo è quello che sento, mentre il mio sguardo rimane incollato a quello dell'uomo che mi sta di fronte.
Il suo odore di erba appena tagliata e menta mi suscita un debole ricordo nella memoria, ma troppo fievole per illuminarmi la mente.
Questa volta anche lui sembra sorpreso, sebbene lo nasconda subito calandosi sul viso la solita espressione neutra.
"Avremo modo di sentire tutta la storia un' altra volta. Ora voglio solo sapere dove è ubicata la base."
Mi mordo le labbra d'istinto, tradendo la mia preoccupazione. So perché desidera venirne a conoscenza: probabilmente il capo delle spie imperiali farà prima o poi ritorno all'oasi, e loro sperano di catturarlo ed estorcergli informazioni sul conto dei nostri. Ciò consentirebbe loro un vantaggio immenso.
Il solito sordo odio alla bocca dello stomaco si riversa a fuori su tutti quei soldati a pochi metri da me. Come vorrei avere la forza di mille uomini e ucciderli tutti, uno ad uno, fino a non far rimanere più nessuno vivo tra loro...
I miei denti affondano ancora di più in profondità tra le mie labbra, provocandomi una fitta di dolore.
Non ho altra scelta. Se voglio salvarci, se voglio salvare James, se voglio carpire loro informazioni... Devo farlo.
"Sott'acqua. Nelle profondità del primo oasi che incontrerete, proseguendo a nord-ovest per circa mezzo giorno di marcia."
Gli occhi dell'uomo di fronte a me sono due pozzi senza fine.
Poi egli distoglie lo sguardo dal mio viso. Appena lo fa tutta la sicurezza che avevo ostentato si dissipa come fumo.
Il capo dei soldati della Provincia del Sud si alza lentamente in piedi, voltandosi in direzione dei suoi uomini e dandomi le spalle.
Il mio stomaco si aggroviglia su se stesso, le mie tempie pulsano.
L'ansia mi opprime il petto con così tanta forza che per un attimo sono convinta che andrà in mille pezzi.
Manterrà la sua parola? O dopo aver avuto le informazioni che cercava ci lascerà a morire?
"Fratelli miei, oggi strane circostanze sono giunte a noi. Quattro soldati nemici sono arrivati sin qui, sottomettendo con la violenza le creature pacifiche che abitano le nostre terre."
Sentendo il suo discorso sussulto. Cosa? Ci sta veramente condannando solo perché abbiamo cavalcato un paio di struzzi? Erano la nostra unica possibilità per arrivare in tempo fin qui!
Sto per aprire bocca, quando l'uomo continua.
"Ma ora vedo qualcosa di inaspettato. Quegli animali si fidano di loro, tanto da rimanere al loro fianco nel momento del bisogno."
A quelle parole fa un cenno nella mia direzione, e solo ora mi accorgo di avere ancora una mano posata sul dorso dell'animale.
Sbigottita, la ritraggo.
Il capo mi lancia uno sguardo indecifrabile, poi riprende.
"Se gli spiriti del deserto si fidano di questa ragazza e di coloro che lei guida, sono pronto a dare anche io la mia fiducia a loro."
Sgrano gli occhi, sempre più allibita dal suo discorso. Ma sta scherzando? Sta mettendo a repentaglio la sicurezza della sua caserma basandosi sul gesto di uno struzzo?
Se non fosse per la situazione così drammatica credo che scoppierei a ridere.
"Inoltre ci hanno dimostrato lealtà rivelandoci l'ubicazione dei Sussurratori di Ombre. Quindi vi ordino di scortarli fino alle infermerie e di accoglierli ufficialmente come soldati della Provincia del Sud!"
Sospiro, rendendomi conto soltanto ora di aver trattenuto il fiato fino a questo momento.
Ci siamo riusciti. Salveranno James.
Mi volto a guardarlo con una strana sensazione nel petto. Gioia mista a preoccupazione, credo.
Alle mie spalle, i soldati esultano acclamandoci a gran voce.
Sbatto le palpebre, perplessa.
Hanno talmente fiducia nel loro capo da addirittura esultare alla nostra vista?
Un pallido ghigno mi attraversa il viso.
Poveri scemi. Se soltanto sapessero...
Non ho la forza di alzarmi, così rimango distesa a terra come un idiota fino a che braccia forti non mi tirano su.
"Prima James! Prima lui!" Urlo, ma mi calmo subito non appena vedo, un poco più lontano da me, due militari sollevarlo da terra e scortarlo dentro.
Solo adesso mi concedo il lusso di sprofondare nell'incoscienza.
L'ultima cosa che sento prima di svenire, è qualcuno che acclama il proprio capo chiamandolo per nome. E quel nome è Mark. L'uomo che ho già visto da qualche parte, forse nei miei sogni, è la causa per cui tutta questa guerra è iniziata.

Il cuore di un soldato [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora