Capitolo 20

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Le parole del Gran Maestro rimbombano nella mia testa, prendendosi gioco di me.
Il mio stomaco si contrae in una morsa dolorosa, mentre cerco di deglutire, inutilmente.
La mia gola è un blocco di marmo, impenetrabile.
Non è possibile. Ci deve essere un errore. Come può essere sbagliato? Il mio ragionamento fila alla perfezione, ne ero sicura, ne sono sicura.
Come se mi avesse letto nel pensiero, sento la voce rauca dell'anziano precettore innalzarsi nell'aria come un canto funebre.
"L'argento non è lo scrigno giusto; quest'ultimo infatti è quello di bronzo. La ricchezza più grande è quella interiore, che non va assolutamente giudicata dalla preziosità esteriore."
Incasso tutto senza dire una parola, serrando la mascella e annuendo piano.
Mio malgrado, devo ammettere di essere d'accordo.
Alle mie spalle avverto Raja ghignare, soddisfatta. Alla fine ce l'ha fatta, ad umiliarmi. Era quello che voleva fin dall'inizio.
Mi volto verso di lei, il sangue che mi ribolle nelle vene.
"Sei contenta, adesso?"
Il mio è un ringhio.
Lei mi ignora. La sua attenzione ora è tutta rivolta a Mark.
"Te l'avevo detto. Non è degna di stare qui, con noi."
I lunghi capelli corvini di Mark sono mossi da una leggera brezza, come se anche il vento si inchinasse davanti al suo cospetto.
"E io ti avevo detto che non era ancora pronta."
La sua voce risuona come un basso tamburo, nel silenzio della radura.
"Pronta? Dovrebbe già essere pronta da un pezzo! Ha pressappoco la mia età, il tempo degli addestramenti è finito!"
"Ha ricevuto gli addestramenti sbagliati, e tu lo sai."
Il timbro di Mark è violento, e interrompe le obiezioni della ragazza.
Rabbrividisco, indispettita dai loro commenti e impaurita dal repentino cambiamento di umore del loro capo.
Assomiglia al tuono, prima del temporale.
A cui non ho voglia di assistere.
"Chiedo il permesso di ritirarmi."
Istintivamente scatto sull'attenti, come è solito fare alla Provincia del Nord.
Ma evidentemente qua non si usa, perché vedo i volti dei presenti contorcersi in un irritante smorfia di perplessità.
"Accordato."
Risponde tuttavia Mark, in segno di congedo.
Chino impercettibilmente il capo in gesto di saluto, poi inizio a dirigermi verso la giungla, in direzione della caserma, di cui si intravede solo la cupola candida, ora baciata dal tramonto.
"Voltare le spalle alla tua sconfitta, dimostra soltanto quello che io continuo a sostenere."
Il grido di Raja è acuto e insopportabile.
Mi fermo, irrigidendomi. Chiudo gli occhi, cercando di estraniarmi da questo senso di rabbia che inizia ad avvolgere tutte le mie viscere, riscaldandomi, espandendo i suoi tentacoli ovunque.
Stringo i palmi delle mani, ignorando le fitte lancinanti dovute alle ferite che mi sono fatta saltando da un albero all'altro.
Lentamente mi giro verso di lei.
"Tu potrai pure continuare a ripetere che sono senza cuore, ma ricordati che quando avevo quella fottuta pistola in mano e la puntavo contro di te, potevo ucciderti. E ho scelto di non farlo."
La vedo ammutolire, incapace di dire qualcosa.
La continuo a fissare per lunghi istanti, poi scatto in direzione della giungla.
L'afa infernale mi assale, famelica, le fronde viscide mi graffiano il viso, le braccia e le gambe, ma io non diminuisco la mia andatura.
Solo quando sono in prossimità dell'edificio della caserma, rallento.
Il vento fresco mi accoglie come un cane che fa le feste al padrone che è appena rincasato.
Il sole sta ormai scivolando tra le braccia della notte, mentre le prime stelle iniziano ad affacciarsi nel cielo.
Lo spiazzo, prima gremito di soldati, ora è deserto.
Probabilmente saranno alla mensa, a cenare. A questo pensiero il mio stomaco gorgoglia, ricordandomi che il mio ultimo vero pasto sono stati i datteri, nell'oasi. Forse mentre ero incosciente, in infermeria mi hanno iniettato qualche diavoleria per rimettermi in sesto. Ma evidentemente non è bastato.
Decido che prima di andare alla ricerca di cibo, farò un salto in astanteria, per medicarmi le mani e vedere come sta James.
Mentre ripercorro a ritroso il percorso fatto questo pomeriggio, scorgo un manipolo di ragazzi di fianco al muro della caserma.
Avvicinandomi meglio riesco a scorgere un ragazzo, al centro, appoggiato al muro con le braccia incrociate sul petto, che parla con un mezzo sorriso sul volto. Intorno a lui, un gruppetto di ragazzi ridacchianti lo circondano a ventaglio. Sospiro, reprimendo l'impulso di alzare gli occhi al cielo. Devo cercare di essere il più cordiale possibile anche se muoio dalla voglia di ucciderli tutti e bruciargli la caserma. Mi dirigo verso di loro a passo sicuro. Credo di avere stampato in faccia il sorriso più falso del mondo. Avvicinandomi mi accorgo che il ragazzo in mezzo ha monopolizzato l'attenzione su di lui, facendo battute e scherzando con gli altri. Ha tutta l'aria di essere uno spaccone.
Perfetto. Il tipo di persona che più mi sta sul cazzo.
Stanno ancora ridendo quando mi faccio largo tra il gruppetto. So che mi prenderanno per scortese, ma sempre meglio di "perdente senza cuore", come tra poco inizierà a chiamarmi la gente quanto Raja spargerà la voce riguardo la nostra sfida.
<<Scusate, sapreste indicarmi la strada per arrivare in mensa?>> la mia voce è più sprezzante nonostante i miei sforzi per renderla cordiale. Tutti smettono di ridere e iniziano a fissarmi. Nei loro occhi avverto solo ostilità.
<<Non vedi che hai interrotto Rafael?>> sbotta un ragazzo alla mia sinistra. È basso, tozzo e con il naso schiacciato. Sembra una patata coi capelli. Rafael è probabilmente lo spaccone del gruppo.
Apro la bocca per rispondergli per le rime ma una voce di fronte a me mi precede.
<<Va tutto bene, Jafar. Non c'è nessun problema.>> la voce è profonda e calda, gradevole nonostante l'accento del sud. Mi giro verso la direzione del suono e incontro due occhi color nocciola. Stranamente hanno un'aria amichevole, priva di ostilità. È Rafael. Lo scruto per un momento, l'abitudine da soldato di studiare il proprio interlocutore che prende il sopravvento. È alto circa come me, forse un po' di più. Le sue spalle sono larghe e grosse e determinano una corporatura robusta ma agile; la postura è dritta ma rilassata. I suoi capelli sono mossi e neri come il carbone, arruffati. I tratti del viso sono regolari e donano al volto una certa armonia. Sopra le guance abbronzate cresce una folta barba scura, che si congiunge dalle labbra  fino al mento. Evidentemente ha una certa autorità, infatti la faccia a patata che mi ha appena redarguito abbassa il capo, in segno di assenso.
<<Grazie.>> il tono della mia voce è stranamente riconoscente.
<<E di cosa? È solo un piacere poter aiutare chi ha bisogno. Comunque la mensa è subito dopo l'Infermeria, a destra. La nostra caserma non è molto grande.>> il calore della sua voce mi scalda per un instante. È l'unico di questo posto a essere stato puramente gentile con me.
Un sorriso sincero si apre sul mio volto prima che abbia il tempo di reprimerlo.
<<Sei stato davvero gentile. Ti ringrazio della tua cortesia.>>
Quando sorride una fila di denti bianchi fa capolino da dietro le labbra carnose.
<<Non ti preoccupare.>>
Mi giro verso la porta dell'infermeria, scostandomi dal resto dei presenti che è rimasto in silenzio a fissare la scena.
<<Ci vediamo in giro>> mi saluta Rafael.
Lo guardo, abbozzando un altro sorrido. Non è poi così male come avevo creduto. È spaccone senza dubbio, ma almeno è gentile. La strana sorpresa che mi ha provocato la conversazione non mi è ancora passata del tutto, quando entro in infermeria.
La stanza è deserta, fatta ad eccezione per il lettino di James.
Lui è ancora incosciente, e guardarlo mi provoca una dolorosa stretta al cuore, così decido di bendarmi velocemente le mani con della garza che trovo lì, per poi uscire subito.
Seguendo le istruzioni di Rafael riesco in poco tempo a raggiungere la mensa.
Stranamente, però, nessuno parla, nonostante siano presenti tutti i soldati. A pensarci bene, nessuno sta neppure mangiando.
Tutti hanno la testa china, la gamba incrociate sulle lunghe panche che accompagnano le tre tavolate per tutta la lunghezza della stanza.
La luce di un'unica lampada pendente, decorata a formare come ali, illumina i loro visi scuri.
Con la coda dell'occhio, mi accorgo di Sarah e Richard nell'angolo della prima a destra, in disparte. Meglio così.
Velocemente li raggiungo, notando con piacere che mi hanno tenuto il posto e anche un piatto di cibo.
"Ma cosa diavolo stanno facendo?"
Sussurro, mentre mi siedo.
Ovviamente è Richard a rispondermi, non prima di essersi sistemato gli occhiali. Evidentemente devono avergliene dato un paio nuovo.
Questi sono leggermente più grandi rispetto a quelli che aveva in precedenza, e gli ingigantiscono gli occhi, facendoli risaltare ancora di più sul viso magro.
"Pregano gli spiriti di ciò che hanno sacrificato per questa cena, ringraziandoli."
Aggrotto involontariamente la fronte, guardando nel piatto.
È una specie di cous cous: intravedo riso, pesce e verdure.
Stanno veramente pregando lo spirito della zucchina?
Questi sono tutti matti.
Mi mordo le labbra per non ridere, mentre mi accorgo con piacere che Mark, in fondo alla tavolata centrale, ha dato il segnale di procedere con il pasto.
Non me lo faccio ripetere due volte. Mi fiondo sul mio piatto, famelica, il mio stomaco che gorgoglia sonoramente.
Il cibo non è male: forse un po' più speziato a quello a cui sono abituata, però saporito.
O forse mi fa parlare così la fame.
Quando ho spazzolato la mia razione, mi giro verso i miei due compagni.
"Allora" esordisco, curiosa "che avete fatto oggi?"
Noto subito il viso di Sarah illuminarsi.
"Io ho conosciuto un ragazzo!"
Dal modo in cui lo dice, è impossibile non capire che le piaccia.
E ho un terribile presentimento.
"Ti prego, non dirmi che è biondo."
"Cosa? Nono, affatto... È moro con gli occhi scuri... Si chiama Quasim."
Tiro un sospiro di sollievo, grata che non si tratti di Spaccone.
Ora rimane solo da capire una cosa.
"Senti... Ti sei presa una cotta?"
A quel punto la mia amica arrossisce fino alla punta dei piedi, firmando la sua condanna.
"Ma non dire schiocchezze..."
"Cristo Santo Sarah, lo sai che queste persone sono il nemico? Che siamo in guerra con loro?"
"Certo, ma..."

Il cuore di un soldato [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora