TYLER
Un lieve ticchettio alla finestra annunciò l'arrivo dei tipi. Feci il giro della cucina, calciando qualche bottiglia di birra della sera prima fino a raggiungere il garage, poi premetti il bottone per far aprire la porta. Cercai di mantenere la calma, nonostante non fosse impresa semplice, il viso di quei due tipi mi faceva semplicemente andare fuori di testa.
Restammo fermi a fissarci per qualche istante, sguardi ostili, alla fine mi spostai appena dall'entrata per farli passare.
- Ti trovo bene, ti sei rimesso in fretta. - iniziò il maggiore dei fratelli, quello che durante il pestaggio aveva avuto un ruolo prominente tra tutti. La sua voce era divertita, i suoi occhi neri continuavano a scrutarmi.
- Siete voi che non avete mai saputo fare di meglio. - risposi godendomi l'espressione incazzata che si dipingeva sui loro volti.
- Attento a come parli, Bradbury. Tu hai bisogno di noi. - mi ricordò l'altro, dopo essersi chiuso la porta alle spalle.
- Come voi avete bisogno dei miei soldi. Direi che siamo pari, datevi una mossa piuttosto ... non ho tempo da perdere con voi. - salii le scale, incurante dei loro sussurri. Avrebbero voluto pestarmi, non ci eravamo mai presi bene con gli amici delinquenti di Lex sin dalla prima volta in cui avevamo collaborato insieme per degli affari, ma adesso si trattava di lavoro e fino a quando non avessero aperto la cassaforte anch'io avrei fatto bene a ricordare quanto mi servissero quei due rifiuti umani.
- Bella casetta, complimenti ... deve essere bello fare il figlio di papà, eh? - mi provocò ancora una volta Kuntz con gli occhi puntati sulla tappezzeria del pavimento – ma a te non deve bastare, tu vuoi di più ... li conosco quelli come te ... -
- Ah, sì? Non credo ... quelli come me non si mischierebbero mai con quelli come te. - questo lo fece incazzare, lo vidi avanzare a passi pesanti verso di me, i pugni stretti, il viso pieno di furia, fu soltanto l'intervento di Jackson a fermarlo.
- Vogliamo comportarci da persone mature? Siamo qui per sbrigare un lavoro, porca puttana. Dateci un taglio tutti e due. - disse l'altro prima di mollare la presa sul fratello.
- Bene, era quello che volevo – c'eravamo, mi fermai di fronte alla porta scardinata dello studio di mio padre – ecco la cassaforte. Come Lex vi avrà già preannunciato potrebbe esserci della roba cartacea lì dentro, quindi non usate niente che potrebbe compromettere i documenti ... - mi feci da parte, sbattendo contro la spalla di Kuntz nel lasciarlo passare.
Se soltanto non mi fosse servito, pensai, pregustandomi un momento futuro in cui gli avrei finalmente dato ciò che meritava. Mi appoggiai alla porta, stavano tirando fuori alcuni attrezzi dai borsoni. Mi fidavo del loro lavoro, sapevo che avrebbero fatto tutto a dovere, sperai che la delusione non fosse troppo amara da masticare quando non avrei trovato assolutamente niente di utile all'interno della cassaforte ... Caleb mi avrebbe perdonato se non fossi stato capace di salvare il suo ricordo?
Ma poi che importanza aveva salvare la sua memoria? Lui non sarebbe tornato, era morto, niente di ciò che avrei potuto trovare l'avrebbe fatto tornare indietro da noi, da mia madre... Luis però sarebbe andato via. L'idea di mio padre lontano dalle nostre vite per sempre era davvero dolce, faceva quasi pensare che valesse la pena tentare, dopotutto.
Passò qualche minuto, stavano trivellando alla grande, avevo preso un'altra birra nel frattempo, l'avevo fatto senza neanche rendermene conto, come se ormai fosse un gesto incondizionato. Probabilmente non avevo mai smesso dal pomeriggio prima, pensandoci un attimo, non mi importava, fintanto che avesse continuato ad aiutarmi con certe questioni a cui non volevo pensare.
- Quanto cazzo di fumo ... - entrai nello studio, attirato dal rumore di qualcosa di metallico e pesante che cadeva a terra – ce l'avete fatta ... - constatai, avvicinandomi alla cassaforte divelta dal muro adesso e perfettamente aperta.
- Cos'è quel tono stupito? Con chi credi di avere a che fare? - l'umore di Kuntz era già migliorato però, la vista dei soldi e dell'oro avevano un effetto straordinario su uno come lui – adesso capisco perché volevi derubare il tuo vecchio ... anch'io l'avrei fatto se fossi stato al tuo posto! – rise forte, le sue mani erano scivolate su un grosso collier di mia madre – quanto credi che valga questo, Jackson? -
Glielo presi dalle mani sotto le occhiate minacciose dei due tipi – Questo non vi spetta. Potrete avere le cose del bastardo ... - dissi mentre tiravo fuori ogni cosa, avevo il cuore in gola, c'era molta grana, gioielli, perfino armi, ero arrivato al fondo ... niente. Nessun fottuto documento. Mi rimisi in piedi di scatto, tutta la rabbia che stavo trattenendo dentro da tempo immemore ormai venne fuori in un solo istante. Presi la scrivania e con tutta la forza che possedevo in corpo la scaraventai dall'altra parte del muro.
- Ma che cazzo stai facendo??? Sei impazzito? -
Calciai tutto ciò che avevo di fronte, strappai ogni singolo cassetto dal suo posto, spinsi la libreria di mio padre facendola rovinare a terra. Il pavimento tremò sotto i nostri piedi.
- Bradbury! Porca puttana! Fermati! - le braccia dei due mi stavano trattenendo, avrei voluto ucciderli soltanto per sfogare quella rabbia che non trovava via di fuga. Era semplicemente troppa la frustrazione, non c'era niente che potessi fare, era finita ...
- Che cosa diavolo c'è che non va? Tutta quella roba vale un sacco di grana, amico! -
- Non ... voi non potete capire. - mi liberai dalla loro stretta, avevo distrutto quel posto e non avevo ottenuto nulla in cambio. Ma come avevo potuto soltanto pensare che quel bastardo di mio padre si sarebbe lasciato qualcosa alle spalle? No, non Luis ... Luis non aveva un cuore, non aveva pietà ... neppure per l'ultimo ricordo di Caleb. Dopotutto era stato lui a condannarlo a morte, no?
- Senti bello, dacci la nostra parte, poi puoi anche continuare a dare di matto ... - la voce sgradevole di Kuntz mi riportò lì, in quella stanza distrutta.
- Prendete tutto quello che volete, tranne i soldi. - fu tutto quello che dissi, poi crollai sulla sedia di mio padre e non mi importò di nient'altro.
Erano andati via, avevano detto qualcosa a cui non avevo risposto, in realtà non avevo idea di che altro volessero da me. Non so per quanto tempo rimasi su quella poltrona, le mani sui braccioli, gli occhi fissi nell'oscurità del corridoio che si estendeva come una macchia senza fine ... poi mi alzai, avrei dovuto pensare ad un piano, cominciare a chiamare qualcuno alla centrale, mettere in moto una nuova messa in scena da portare avanti per salvarmi il culo. Avrei nascosto i soldi, poi avrei chiamato la polizia, qualcuno ci aveva derubati, aveva svaligiato l'intero contenuto della cassaforte, non era rimasto più nulla, poi erano scappati via.
Camminai, deciso ad allontanarmi da lì, ero ad un passo dalla porta quando schiacciai qualcosa tra le macerie dell'ufficio, la confezione di un orologio, i ragazzi lo avevano portato via, lasciando unicamente il suo involucro. Stavo per passare oltre quando notai qualcosa. Mi gettai a terra, le mani mi tremavano da pazzi mentre sollevavo il cuscinetto sul quale giaceva fino a qualche ora prima l'orologio e scoprivo un pezzo di carta perfettamente ripiegato a formare un quadrato.
Il mio cuore perse un battito, mi ritrovai a respirare pesantemente come se avessi corso per chilometri e chilometri senza fermarmi un attimo. Era la mia unica occasione quella ... l'ultima e sola speranza che albergava in me. Le mie dita si muovevano a fatica, poi, con lentezza disarmante, riuscii ad aprire il foglio di carta.
La scrittura di Caleb.
Era la scrittura di Caleb. Era tutto chiaro adesso, Luis non era riuscito a liberarsene, alla fine doveva aver provato qualcosa di vicino al rimorso? Al senso di colpa? Non importava, la sua stessa pietà lo aveva condannato alla sconfitta adesso.
Mi sedetti a terra ed iniziai a leggere:
Ciao papà,
Scrivo questa lettera per scusarmi con te.
Con questa lettera intendo spiegare tutto quello che a parole non riuscirei mai a dire e, lo so, questo fa di me un codardo. Sono un debole, in fin dei conti so che lo ha sempre saputo, eppure ti sei sempre impegnato con tutto se stesso per rendermi forte e pronto alla vita. Hai comunque fallito. Io non sono nato per seguire le tue orme e non sono mai riuscito a dirtelo, questa è la cosa peggiore, questo è il motivo principale per cui sono finito qui.
Vorrei essere una persona migliore, vorrei possedere la tua forza, la freddezza di Tyler, il coraggio di Rachel, la perseveranza di mia madre, ma purtroppo non sono niente di tutto questo, né mai lo sarò, ci è voluto un po' per capirlo, ancora di più per accettarlo, ma alla fine l'ho fatto.
La verità è che non posso vivere così, non sono fatto per combattere, non riesco a pensare alla possibilità di ripartire di nuovo per il fronte, di sopportare la terribile sofferenza che ho vissuto l'ultima volta. Ma preferisco morire piuttosto che deluderti, padre. Preferisco che tutti mi ricordino come un giovane ragazzo coraggioso ma sfortunato che ha perso la vita durante un tragico incidente stradale, non come il disertore che ha deciso di mollare tutto per paura.
Papà, non meriti questo figlio ... spero che Tyler faccia meglio, spero che trovi il coraggio di prendere la sua via o la forza di accettare quella che tu hai già scelto per lui. Spero che tutti voi stiate bene, che la mamma si riprenda, che abbia il coraggio di andare avanti quando io sarò morto. Questo è il motivo per cui lei non dovrà mai sapere la verità ... nonostante potrebbe sospettarlo voglio che tu non le dica mai nulla, papà. Questa lettera è diretta a te.
Sarà il tuo segreto. Sarà il peso che dovrai portare e non potrai condividere con nessun altro.
Questa è la condanna che ti spetta per ciò che hai fatto dei tuoi figli ...
Addio,
Tuo figlio Caleb.
Non so quante volte lessi quella lettera, il tempo e lo spazio non avevano più alcun tipo di peso su di me, rimasi accucciato a terra, tra le macerie dello studio, a piangere per la sorte che era toccata a mio fratello.
Quel giorno, per la prima volta in diciassette anni, mi resi conto che lo odiavo. L'avevo sempre detestato, di un odio cocente, simile a quello che avevo sempre nutrito per Luis ma fino a quel momento non me ne ero mai reso davvero conto. Caleb era un codardo ed uno stupido, non riuscivo a capire come fosse potuto arrivare a tanto ... si era tolto la vita per motivi che non esistevano quando avrebbe semplicemente potuto andar via per sempre da South Gate e vivere la vita che meritava, lontano da mio padre e dalla sua dittatura.
Senza rendermene conto scavalcai il cancello che dava sul cimitero di South Gate, la terra morbida cedeva sotto il mio peso, le sagome nere delle lapidi si estendevano intorno a me in file ordinate. Non mi sentivo in me, era come se il mio corpo fosse guidato da una volontà che non mi apparteneva. Giunsi alla sua tomba, mi ci accasciai sopra, rabbrividendo sotto il tocco freddo del marmo a contatto con la mia guancia.
Non avrei pianto per lui, non meritava lacrime né commiserazione, soltanto l'odio brutale che nessuno di noi gli aveva concesso.
- Eri giovane ... avevi tutta la vita davanti, bastardo ... - la mia voce era un sussurro – perché l'hai fatto? Perché non sei stato codardo abbastanza da non ucciderti? Perché ci hai lasciati da soli con lui? Perché? Perché mi hai lasciato qui? A combattere le tue battaglie? Non è giusto ... non puoi farlo ... questo non è il modo in cui lui ci ha insegnati a vivere! - lo colpii, potevo quasi vedere il suo corpo davanti ai miei occhi, quel viso sorridente, quel volto che non conosceva rabbia o violenza. Le mie nocche si spezzarono contro la durezza della pietra, ma non importava – avevi paura del dolore, Caleb? Avevi paura di un po' di dolore? - sentivo il sangue sgorgare dal mio corpo ma non mi importava, io non lo temevo – povero, piccolo impaurito Caleb sarebbe meglio che ti uccidessi e la smettessi di soffrire, è quello che ti sei detto, non è così? Bene ... tu non sei un uomo, tu non sei mio fratello. Non sono come te, sono una persona migliore, ecco perché manderò tutto a puttane. Farò quello che avresti dovuto fare tu! Darò a Rachel e nostra madre una vita normale, mentre quel bastardo si troverà dritto all'inferno. Spero che tu sia lì ad aspettarlo, Caleb ... è il posto che meriti di occupare. -
Mi alzai da lì, incespicando tra i sassi, la mia vista era offuscata, la mia gola bruciava, guardai le mani scorticate e continuai a brancolare in quel buio fino a quando non ne fui uscito.
Le luci delle sirene illuminavano il cortile di casa, qualcuno venne verso di me, li vidi guardarmi con espressioni sconvolte sul viso. La porta era aperta, quell'uomo aspettava una risposta.
- Tyler! Ehi, Tyler ... che cosa è successo? Abbiamo ricevuto una chiamata dai vicini ... -
- Sono entrati in casa ... hanno svuotato la cassaforte, i-io ho provato a resistere, ma erano in troppi. - stentai a riconoscere la mia voce, i miei occhi erano pesanti, per un attimo pensai che sarei finito a terra, ma fu l'intervento dell'uomo a impedirmi di cadere.
- Presto! Aiutatemi ... Tyler, ragazzo ... -
Poi l'oscurità ebbe la meglio su ogni altra cosa.
Ero in ospedale, lo capii ancora prima di aprire gli occhi ... quel puzzo era inconfondibile. Dovetti muovermi perché le voci di mia madre e Rachel esplosero improvvisamente.
- Ty! Oh, mio Dio ... tesoro ... stai bene ... - lasciai che le braccia di mia madre mi avvolgessero con delicatezza. Rachel piangeva oltre la sua spalla, i suoi occhi così simili ai miei risplendevano di gioia.
- Sto bene, sono solo svenuto. - dissi cercando di sollevarmi da lì, ma mia madre me lo impedì.
- Sta fermo, tesoro, non sei ancora in forze ... devi riposare, lo ha detto il dottore. Le tue mani ... - erano state fasciate e a giudicare dal dolore che non provavo dovevano avermi somministrato qualcosa – che cosa hai fatto alle tue mani? Sono stati i ladri? -
Scossi la testa – I-io ... non ricordo, credo di essere caduto mentre cercavo di seguirli ... -
- Non avresti dovuto! Non importa, che prendano quello che gli pare ... sono solo soldi ... ma tu, avrebbero potuto farti del male. - mia madre stava piangendo, mi limitai a rassicurarla stringendola a me. Rachel era attenta, sapeva che nessuno avrebbe provato a derubarci, non con me in città pronto a vendicarmi con metodi poco ortodossi. Il suo sguardo non lasciava il mio. E' inutile che mi fissi così, tesoro, avrei voluto dirle, neanche lei avrebbe avuto la verità, dopotutto.
- D-devo andare a parlare con il Dottor Matthews, caro ... tu riposa. -
- Aspetta. Dov'è papà? - le chiesi con fare incurante.
- Sta parlando con i poliziotti, farà di tutto per prendere quei teppisti! Lui era così preoccupato ... tutti noi, quando la centrale ci ha chiamati ... siamo subito corsi qui ... - mia madre rabbrividì visibilmente, forse memore della stessa telefonata che ci aveva svegliati la notte della morte di Caleb. Ma io non ero lui, per mia fortuna. Stavo per chiederle di chiamarlo quando la porta della stanza venne aperta, rivelando la figura ben piantata di mio padre che sorrise di sollievo nel vedermi finalmente sveglio e in salute.
- Tyler! Sei già sveglio! Forte come me, il mio ragazzo! - mi diede una pacca sulla spalla, senza rendermene conto stavo rispondendo al suo sorriso soddisfatto – sta tranquillo, figliolo, li troveremo. -
- Lo so, papà, i cattivi marciranno all'inferno alla fine ... confido in questo. - i volti dei miei familiari erano piuttosto perplessi di fronte ad una frase del genere, qualcosa che non mi sarei mai sognato di dire – Rachel, mamma, perché non ci lasciate un attimo da soli? Devo parlare un attimo con papà. -
Dovevano pensare che stessi uscendo fuori di testa per voler rimanere da solo con lui, era divertente vedere i loro volti confusi fissarmi a quel modo, ma alla fine fecero ciò che avevo chiesto e andarono via, chiudendosi la porta dietro.
- Tyler? Va tutto bene, figliolo? - mi chiese mio padre accigliato.
- Non potrebbe andare meglio di così – risposi sorridendo – senti, potresti farmi un favore? C'è un vecchio pezzo di carta nel taschino dei miei jeans su quella sedia ... mi piacerebbe che me lo portassi. -
- Certo. - era ancora decisamente confuso, credeva che avessi perso la testa a furia di venir picchiato a destra e sinistra, invece non ero mai stato così sano in vita mia. Perché io stavo per vincere, per scacciare quel bastardo fuori dalle nostre vite una volta per tutte. Stavo ridendo forte adesso, il viso di mio padre era impallidito mentre tirava fuori quel pezzo di carta che doveva conoscere davvero molto bene.
- Qualcuno disse che la curiosità uccise il gatto ... io credo soltanto che lo rese più forte, un passo avanti al topo. -
Era immobile, come raggelato, per un attimo pensai che qualcuno avesse tramutato quell'enorme figlio di puttana in una statua.
- Tu sei il topo, papà. - i suoi occhi erano nei miei adesso, un abisso di emozioni contrastanti. Sorpresa, timore, rabbia, confusione ... - puoi anche strapparla, ne ho fatte fare molte copie – non era vero, non ne avevo avuto il tempo materiale, ma lui non poteva saperlo. Era con le spalle al muro adesso, non avevo mai visto mio padre così sperduto ...
- T-tu n-non avresti ... -
- Invece sì. Era proprio quello che avrei dovuto fare. - non gli permisi di parlare, per la prima volta nella mia vita ero io quello che aveva il potere adesso – io posso schiacciarti, papà, vorrei tanto farlo ... non puoi neanche immaginare quanto io ti detesti. - era dolore quello che vedevo affiorare nel suo viso? No, Luis non provava dispiacere se non per il suo orgoglio ferito, a lui non era mai importato dei suoi figli – ti ho sempre odiato, da quando sono stato grande abbastanza da vedere realmente che tipo di uomo fossi. Adesso ho i mezzi per liberarmi di te e sei stato tu a darmeli ... la tua meschinità, quel senso di colpa tardivo che ti ha impedito di gettare quella lettera nel fuoco e che ha reso me capace di distruggerti. -
- Non puoi ricattare tuo padre ... tu -
Lo interruppi con una risata – Certo che posso, lo sto anche facendo, sveglia stronzo! Non riesci a riconoscere una sconfitta quando la vedi? Beh, suppongo di no ... tu non sei abituato a perdere, non è così? Bene, vorrà dire che ti ricorderò come ci si sente ... - mi alzai da lì, non sentivo nulla, soltanto un'enorme soddisfazione che prendeva possesso di ogni fibra del mio corpo.
Mio padre non mi era mai sembrato così piccolo, stentavo perfino a credere che fino a qualche giorno prima svettasse su tutti noi come il più grosso dei giganti.
- Che cosa vuoi da me? - chiese subito, riprendendosi velocemente, il suo sguardo era duro come sempre, ma non riusciva più ad intimorirmi.
- Vorrei la tua testa, ma mi accontento della tua uscita di scena ... per sempre. - ero vicino adesso, potevo vedere ogni pagliuzza che componeva l'iride dei suoi occhi rabbiosi.
- Altrimenti? -
- Sai quello che farò ... sarai anche una merda, ma non sei stupido – sorrisi ed indietreggiai – consegnerò la lettera di Caleb alla polizia. Finirai nei guai ... guai grossi e cattivi. -
- Tu ... non ne avresti il coraggio – ma la sua stessa voce timorosa lo tradiva.
- Vuoi mettermi alla prova? - lo inchiodai con lo sguardo – vuoi davvero mettermi alla prova? -
Non lo voleva. Nessun uomo sano di mente lo avrebbe fatto.
- Tua madre non deve saperlo ... lei ... non ce la farebbe. -
- Non lo saprà, neanche Rachel saprà nulla. I panni sporchi si lavano tra padre e figlio, no? E' sempre stato così. - gli sfilai la lettera dalle dita, poi gli voltai le spalle – ti do un giorno di tempo per fare le valige ed inventare una scusa per svignartela. Dopo di che non vorrò mai più sentir parlare di te e delle tue merdate. -
RACHEL
- Che cosa? - era quello che avevamo pensato tutti dopo un lungo interminabile silenzio carico di domande ma soltanto mia madre aveva trovato la forza di mettere insieme quelle semplici parole.
- Sì, me ne vado. E' chiaro che ho trascorso troppi anni al fronte ... non mi sento più parte integrante di questa famiglia. - la voce di mio padre era bassa, il tono perfettamente calibrato, ma qualcosa nei suoi occhi si dibatteva terribilmente. Era rabbia ... una furia cieca ed assoluta che non avrebbe mai potuto nascondere a noi – quindi ho deciso di liberarci l'un l'altro della nostra presenza. Lascerò la città. -
Rimasi immobile, i miei occhi caddero su Tyler, sul suo viso non vi era sorpresa ovviamente, si limitava a fissare il muro arancio della cucina con il solito sguardo freddo e lontano, di uno a cui non importa niente in fin dei conti ... di certo lui non era stato preso di sorpresa dalle parole di Luis. No, lui doveva esserne l'artefice ... doveva aver trovato la leva giusta per far sparire nostro padre per sempre dalle nostre vite.
- I- io ... - c'era molta perplessità nella voce di mia madre, non credeva che questo giorno sarebbe mai arrivato con ogni probabilità – allora se è quello che vuoi ti aiuterò a preparare le valige. -
- Ti ringrazio. Al momento porterò con me lo stretto necessario, più avanti manderò qualcuno a prendere il resto. Andrò via nel pomeriggio. - quanto doveva essergli costato pronunciare quelle parole, pensai, incontrando per un attimo il volto sconfitto di mio padre ... molto, troppo. Non avrebbe rinunciato a noi per niente al mondo, soprattutto a Tyler. Eppure lo stava facendo adesso.
Luis uscì dalla cucina, seguito da mia madre, ancora troppo incredula e frastornata per capire davvero quanto i nostri sogni si stessero trasformando in realtà. Una vita libera da Luis ... era qualcosa che non avremmo mai pensato potesse concretizzarsi, eravamo già pronte alla sconfitta, eppure come potevamo sapere che non sarebbe più tornato?
- Che cosa hai fatto, Tyler? - i nostri occhi si incontrarono.
- Che cosa intendi dire? Che cosa ho fatto oggi? Mentre non c'eravate? Stamattina? -
- Hai capito bene, non fare il vago ... - mi guardai un attimo alle spalle, ma Luis non era più a portata d'orecchio – cosa gli hai detto? Non avrebbe mai rinunciato alla sua famiglia ... non a te! Non ha neanche parlato del tuo futuro nell'esercito, Cristo ... che cosa hai combinato? -
Il viso di Tyler si incupì – Che cosa vuoi, Rachel? Non ne sei forse felice? Non era quello che avevamo sempre desiderato? -
- S-sì ... certo che lo è, ma ... -
Mi interruppe, sollevandosi dalla sedia violentemente – E allora smettila di fare domande! Smettila di giocare all'investigatrice! Goditi la vita adesso che puoi ... -
Non riuscii a dire altro, Tyler aveva ragione, che importanza poteva avere il come? Luis ci avrebbe finalmente lasciati liberi.
- Lui ... -
- Non tornerà mai più, sta tranquilla. E' finita ... lui non ci distruggerà più la vita. - sembrò avermi letto nel pensiero, seguii Tyler con lo sguardo fino a quando non scomparve oltre la porta del salotto.
Eravamo liberi ... adesso eravamo davvero liberi.
SETH
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The Wayright
RomanceI Wayright sono una famiglia grande quanto disomogenea, affari in sospeso e antichi rancori hanno fatto sì che i suoi membri si siano allontanati progressivamente fino a sembrare dei perfetti sconosciuti. Ma cosa accadrebbe se un evento tragico quan...