EPILOGO

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3 mesi dopo ...

L'inverno era gelido a New York, niente a che fare con il clima temperato della California, questo pensiero balenava spesso in mente a Tyler, soprattutto quand'era costretto ad abbandonare il caldo della sua stanza per fumare una sigaretta. Non era permesso fumare all'interno così era costretto a scendere giù, al primo piano dell'infinito palazzo nel quale si era trasferito per un paio di settimane. Aveva viaggiato parecchio in quegli ultimi mesi, doveva essere stato un suo sogno quello, pensava, la voglia di fuggire, visitare posti nuovi, vagare da solo sulla terra come un fantasma senza passato né nome. Doveva averlo immaginato come qualcosa di poetico, in realtà da qualche tempo aveva capito che somigliava più a qualcosa di patetico.



Tyler si strinse un po' di più contro il suo giubbotto imbottito, la neve ghiacciata scricchiolava sotto i suoi scarponcini al minimo movimento, le luci della grande mela erano ovunque, brillanti ed invadenti come ogni componente di quella città. Fissava gli edifici che si stagliavano di fronte a lui con interesse, con lo sguardo critico di chi ha sempre ammirato quelle costruzioni e avrebbe voluto imparare a creare qualcosa di egualmente bello. Ancora una volta immaginò che quello doveva essere un vecchio sogno abbandonato da qualche parte sulla strada polverosa del suo passato, probabilmente doveva essere successo quando aveva inteso che Luis aveva già provveduto a programmare il suo futuro nei minimi particolari.



Lasciò cadere la sigaretta che si spense immediatamente al contatto con la neve, poi volse le spalle alla città e si infilò nel corridoio caldo dell'abitazione. Il tepore lo colpì subito, tanto da costringerlo a togliersi il giubbotto. Così chiamò l'ascensore e rimase in attesa, sospirò forte, chiedendosi come sempre che cosa ne sarebbe stato di lui da ora in avanti. Avrebbe potuto trovare un lavoro, forse perfino studiare nel tempo libero, aveva abbastanza soldi per sopravvivere al momento, ma New York era una città terribilmente costosa e lui non era neppure certo di volerci rimanere davvero più di qualche altra settimana. Eppure non poteva tornare a casa, neanche le continue richieste di sua madre avrebbero potuto fargli cambiare idea.

Con quei pensieri in mente osservò le porte dell'ascensore aprirsi davanti ai suoi occhi, era vuoto eccetto per due giovani ragazzi sorridenti che si tenevano per mano. Il più alto lo salutò con un cenno del capo,



- Buon Natale! - aggiunse sorridente prima di cedere il passo all'altro ragazzo, Tyler rimase un attimo immobile, i suoi occhi erano ancora puntati sulla coppia felice e rumorosa che stava lasciando l'edificio. Qualcosa dentro di lui si inasprì, il senso di vuoto e di abbandono che non lo aveva mai davvero abbandonato da quando aveva lasciato South Gate si fece sentire in tutta la sua devastante crudeltà.



Era il 25 di Dicembre e lui non vedeva né sentiva Chris da più di tre mesi ormai. Erano stati di una lunghezza esasperante, ore infinite durante le quali Tyler aveva combattuto più e più volte contro la terribile voglia di afferrare il telefono e sentire almeno la sua voce.

Si portò la testa tra le mani mentre fissava il pulsante che non aveva ancora premuto, era Natale dopotutto, si disse, non meritava anche lui un fottuto regalo?

No, non lo meritava quell'anno così come non lo aveva mai meritato, era stato pessimo con chiunque avesse incontrato sul suo cammino, ma è così che funziona, no? Le persone pessime prendono ciò che vogliono nonostante non gli spetti nulla.

Fu così che tornò fuori, a contatto con il freddo gelido della notte dove ogni suo respiro si condensava in nubi di vapore bianche, camminava svelto, sapeva che doveva esserci un telefono in zona. Non si sarebbe mai arrischiato a chiamare con il suo numero, non lo faceva neanche in quelle sporadiche occasioni in cui sentiva la madre e Rachel. Non doveva lasciare tracce che avrebbero potuto spingere chiunque a cercarlo. Sapeva che avrebbe finito per cedere e non poteva permetterselo.



La cabina telefonica era in fondo all'isolato ed ovviamente era vuota. Tyler cercò qualche moneta vagante nella tasca del suo giubbotto, poi entrò e si chiuse la porta alle spalle. I suoi battiti erano accelerati come se da un momento all'altro si aspettasse di veder apparire Chris proprio di fronte ai suoi occhi, lì in quella cabina angusta, con i pugni stretti e lo sguardo rovente che gli rivolgeva quando era incazzato a morte con lui.

No, non lo avrebbe più rivisto quello sguardo, sapeva di essersi spinto troppo in là questa volta per poter ambire anche ad una sola occhiata da parte sua.

In realtà non avrebbe più rivisto lui nella sua totalità, quindi che importanza poteva avere una sola telefonata dopo mesi e mesi di silenzio? Che cosa poteva cambiare? Niente ... le loro strade si erano separate per suo volere e adesso si sarebbe preso l'ultimo regalo che avrebbe rubato alla vita.



Le mani tremavano mentre Tyler componeva quel numero che non aveva ancora rimosso dalla sua memoria, indulgeva sull'ultimo tasto, stava combattendo contro la parte razionale di lui che gli urlava a gran voce di riporre immediatamente la cornetta al suo posto. Ma non poteva, non più, il telefono squillava e Tyler pensava di stare per soffocare.



- Pronto? -



Era la sua voce. Era davvero la sua voce. Qualcosa si spezzò al centro esatto del suo cuore mentre cercava di capire che cosa diavolo stesse facendo, a che pro avesse deciso di chiamarlo. Per sentire soltanto la sua voce? Per parlargli? Perché diavolo aveva dovuto gettare del sale su delle ferite che non si erano ancora rimarginate?



- Pronto? Wes? Sei tu? - insistette quella voce così simile a quella di Chris, eppure terribilmente diversa, come se fosse stata svuotata da tutto. Tyler non riusciva a parlare, poggiò la fronte contro il vetro gelido della cabina, la cornetta ancora stretta contro l'orecchio, ogni istante di quel momento valeva più di ogni altra cosa che gli fosse accaduta nell'arco di quei mesi, pensò, distrutto.

Avrebbe voluto dirgli così tante cose ... iniziare con un semplice "mi manchi da morire", continuare in un miliardo di modi diversi per farlo rimanere lì con lui ancora un po', per provare a strappargli un perdono che non meritava.

Ma Tyler non desiderava quel perdono, per il suo bene aveva preferito scappare via pur di affrontare quella situazione.



- T-Tyler ... Tyler ... sei tu? - la voce di Chris si fece flebile adesso, un colpo al cuore, Tyler sgranò gli occhi al sentir pronunciare il suo nome ancora una volta. Il suo corpo reagì prima del resto, corse via da lì, aprendo la porta della cabina con una spallata e gettandosi in strada subito dopo.

Il suo cuore era pesante, non riusciva a fermarsi, non riusciva a smettere di guardarsi indietro nonostante avesse cercato disperatamente di bloccare qualsiasi spiraglio di luce che dava sul passato. Ancora una volta aveva commesso un errore, sentire quella voce aveva provocato in lui effetti perfino peggiori di quanto avesse mai potuto immaginare.



Tyler rimase lì fuori fino a quando non riuscì a calmarsi, avrebbe fatto finta che niente di tutto quello fosse accaduto, si sarebbe preso una bella sbronza e ogni cosa sarebbe andata al suo posto senza troppi drammi.

Il passato non può tornare, si disse, hai fatto di tutto affinché non accadesse.



Adesso va avanti, Tyler, va veramente avanti.





Una strana aura di distacco e spossatezza ricopriva il corpo di Nikolaj mentre percorreva il corridoio gremito di studenti. Dopo le vacanze natalizie avrebbe cominciato ad insegnare ma stranamente non era né elettrizzato né felice, era come pervaso da una profonda apatia, un senso di abbandono che lo portava a muoversi puramente per inerzia ed a ricordare come aveva fatto a ridursi in quello stato.

Aveva fatto tutto il possibile una volta a St Louis, se non poteva essere felice lui avrebbe fatto in modo che lo fosse Dylan, ma aveva fallito. La convivenza non era semplice come credeva il suo ragazzo, niente poteva davvero tornare com'era, qualcosa si era rotto per sempre. Si erano parlati raramente, aveva chiesto una proroga alla Berkeley per motivi personali e avrebbe cominciato il suo corso dopo le vacanze natalizie. Questo era il tempo limite, Dylan avrebbe dovuto scegliere se restare o andare con lui, ma come avrebbe potuto? Si parlavano a stento e benché meno di quello che era successo in California. Lui era diventato aggressivo al riguardo e spesso faceva i doppi turni in ospedale per non rientrare a casa e Nikolaj non sapeva cosa fare, una cosa era chiara, erano una bomba ad orologeria e le bombe sono destinate ad esplodere.

Accadde una sera, una sera come tante altre in cui Nikolaj stava facendo i piatti e Dylan era nell'altra stanza, ma non ci rimase per molto, tornò indietro e si piazzò davanti alla porta.

- Tu mi odi vero?! – sbottò ad un tratto Dylan, aveva le lacrime agli occhi.

- No, Dy, non ti odio affatto ... - rispose l'altro con un tono indecifrabile.

- Invece sì ... - insistette il biondo singhiozzando –perché ... se tu non mi odiassi questo farebbe di te una persona troppo dannatamente superiore ... ed io ... sarei troppo dannatamene meschino –

A quel punto Nikolaj si voltò ad osservare la figura distrutta di quello che doveva essere il fidanzato ma per il quale ormai provava solo rimorso.

- Non ti odio Dylan ... dico davvero ... tu non sei un essere meschino, sei solo innamorato ... non posso biasimarti per aver creduto in quell'amore – rispose quello alla fine – ho capito perché mi hai rivoluto qui e forse io al tuo posto avrei fatto lo stesso ... credevi che casa mi avrebbe fatto tornare in me, avrebbe guarito il mio cuore ... ma questa cosa ... ci sta uccidendo –

Non rispose subito l'altro, restò fermo per un momento a riflettere, a soppesare il significato di tutte le azioni che aveva compiuto – se io non avessi interferito ... tu saresti stato felice ... -

- Posso esserlo anche qui ... col tempo ... - ormai non restava altro per Nikolaj che rendere felice l'unica persona che gli era rimasta, si sarebbe sacrificato per lui, sarebbe rimasto.

- Devi andare via ... - sussurrò Dylan.

Nikolaj rimase sorpreso da quelle parole ma una parte di lui ne fu lieta, fu come poter respirare di nuovo.

- Vattene ... - ripeté Dylan – e non tornare qui ... non posso restituirti niente ... anche se lo vorrei, ma posso smettere di avvelenarci entrambi, posso smettere di punirti... posso perdonarti –

In quel momento l'aria tossica che regnava in quella casa si dissolse e quando i due uomini si guardarono non videro più il rispettivo aguzzino ma videro una persona che un tempo amavano. Nikolaj si avvicinò e diede un bacio leggero sulla fronte di Dylan.

- Grazie – fu la parola lievemente sussurrata.

Fu così che Nikolaj abbandonò la casa di suo padre, aveva deciso di lasciarla a Dylan, preferiva sapere che fosse sua invece che venderla ad un estraneo e i primi giorni di Dicembre si era trasferito definitivamente nel campus.

Ed ora ... ora vagava, lungo quel corridoio, consapevole che per sempre gli sarebbe mancato qualcosa, solo perché quando era servito gli era mancato il coraggio. Aveva perso ma se c'era una cosa che aveva imparato dalla sofferenza che si trascinava dentro ogni giorno, era la consapevolezza massima: non avrebbe mai più perso.

- Le auguro buona fortuna con la sua prima lezione, professore – disse un collega.

Nikolaj annuì distrattamente e poi aprì la porta della grande aula, si diresse alla cattedra e volse lo sguardo agli studenti, così giovani, così pieni di vita e sogni, così estranei a quel dolore che provava. Tutti tranne uno, perché da qualche parte c'era un giovane ragazzo nel fiore dei suoi anni che si approcciava alla vita ma a differenza degli altri era rotto ed annientato. Un ragazzo provava il su stesso senso di vuoto e gelo dentro, un ragazzo versava lacrime e nella propria bocca il cibo non aveva sapore ...

Nikolaj si voltò e scrisse il suo nome sulla lavagna, tutto questo non aveva più importanza ormai, perché quel ragazzo era lontano.




Un nuovo anno pieno di buoni propositi era iniziato, pensò Wes, stupendosi del fatto che probabilmente alla fine avrebbe adempiuto almeno a qualcuno di questi. Non aveva mai programmato nulla nella sua vita, aveva vissuto andando avanti alla rinfusa, credendo che prima o poi sarebbe riuscito ad ottenere qualsiasi cosa volesse, era sollevato al pensiero che la vita sembrava averlo ascoltato almeno per quella volta.

C'era un equilibrio precario su cui si era retto fino a qualche mese prima, quell'equilibrio era dettato unicamente dall'unica regola che Wes Reed aveva sempre seguito, vale a dire: Cerca di divertirti il più possibile, questo è ciò che rimane alla fine di ogni cosa.

Era vero, si era divertito un sacco nel corso dei suoi ventidue anni, forse tralasciando altri aspetti importanti, ma adesso si stupiva a pensare che era riuscito davvero ad ottenere ogni cosa.

Kevin era accanto a lui, leggeva con attenzione alcuni fascicoli del suo progetto per il master sorseggiando la solita tazza di thè pomeridiana. Wes sorrise impercettibilmente, aveva un ragazzo adesso, ci viveva perfino insieme e niente gli sembrava più naturale di quella sua nuova vita. Aveva raggiunto un nuovo equilibrio che condivideva con l'unica persona capace di fare i conti con il vero Wes, quello capriccioso e spesso incostante, quello che feriva per paura di essere ferito, alla fine Kevin era riuscito ad abbracciare la sua totalità e lo stesso aveva fatto lui con l'altro.


- Mi mancherai ... - commentò l'americano, attirando l'attenzione dell'inglese che adesso smise di leggere e fissò i suoi occhi sul ragazzo.


- Sarà soltanto questione di una settimana, io non mi muovo mica da qui. - disse prima di poggiare un bacio dolce e delicato sulle labbra bellissime di Wes. Non si sarebbe mai stancato di baciarle, pensò, le prime settimane di quella convivenza ne erano prova. Quei due si erano quasi dimenticati di vivere pur di non staccarsi l'uno dalle labbra dell'altro, era come una droga, più baciavi quelle labbra, più ne desideravi ancora.


- Lo so ... vorrei non aver provocato così tanti disastri, Kev ... lo vorrei davvero. - ammise Wes prendendo un sorso abbandonante del suo caffè che non gli era mai sembrato tanto amaro.


- Lo hai fatto perché credevi fosse la cosa giusta da fare ... lui non starà per sempre male, ci siete passati tutti voi Wayright, no? Vedrai che anche il dolore farà il suo corso. - Kevin credeva davvero a quelle parole, ma nonostante tutto sapere quanto Matt stesse male preoccupava anche lui. Così entrambi avevano deciso di separarsi per qualche settimana, l'ex inglese aveva molti esami da preparare, mentre Wes era in un periodo di calma, perfetto per permettergli di tornare a casa per un po'.


- Non credo voglia parlarmi ... - commentò Wes, affranto. Il fratello non sapeva quanto l'altro c'entrasse nella sua storia con Nik, ma qualcosa dentro di lui lo spingeva a credere che poteva comunque immaginare un suo coinvolgimento. Non era uno stupido, però era infinitamente buono, troppo per imbastire una guerra contro il fratello maggiore, doveva aver deciso di lasciar correre anche quella volta.


- Monica ha bisogno di te, va a rassicurarla. -


Era vero, sua madre non aveva idea di ciò che Matt stava passando, per fortuna. Wes continuava a ripetersi che l'aveva fatto per il bene della sua famiglia, aveva mantenuto il segreto con gli adulti, ma nessuno poteva pretendere che facesse finta di niente anche con i diretti interessati. Eppure forse sarebbe potuto andare a finire in modo diverso, si disse, angosciato ... forse, se Wes avesse ascoltato le sagge parole di Seth adesso suo fratello sarebbe felice ...



L'ora della partenza giunse inesorabile. Era incredibile notare quanto qualsiasi aeroporto gli ricordasse alcuni dei momenti più belli passati con Kevin. Anche quella volta erano insieme, il sorriso calmo dell'inglese riusciva sempre a infondergli una pace che Wes, per carattere, non aveva mai saputo raggiungere. Eppure la sua inquietudine era meno accentuata da quando Kevin aveva deciso di condividere la sua aurea positiva con lui.



- Mi raccomando, fatti sentire ogni volta che puoi ... - disse quest'ultimo mentre metteva a posto il colletto della polo dell'altro, leggermente spiegazzata.



- Che c'è? Fai la mogliettina preoccupata in attesa che rincasi il marito? - lo provocò il biondo guadagnandosi un'occhiataccia da parte dell'inglese.



- Se non ti comporti come si deve questa mogliettina potrebbe salpare via e tornarsene a casa propria. -



- L'America è la tua nuova casa – lo prese in giro l'altro – so che anche tu hai iniziato ad apprezzare il nostro clima e le nostre usanze barbare. -



Kevin scosse la testa ma non poté fare a meno di ridere. Era vero, casa non gli mancava neanche un po', eccetto per i genitori ed il fratello che continuava a sentire e vedere ogni volta che poteva. Non avrebbe mai pensato di poter vivere così lontano da loro e sentirsi, allo stesso tempo, così terribilmente a casa.

Doveva essere l'influsso di Wes che con la sua prepotenza impediva a qualsiasi altro essere umano di sentirsi a disagio o infelice nonostante tutto.

Il gate di imbarco era stato appena aperto, così i due si strinsero forte l'uno all'altro.



- Ti amo, Kev. - sussurrò il biondo ad un centimetro dall'orecchio di Kevin che non poteva fare a meno di emozionarsi. Wes non lo diceva spesso, ma quando lo faceva riusciva a rendere ogni singola parola magica da morire.



- Ti amo anch'io, Wes. - rispose l'altro prima di gettarsi contro il suo volto e baciarlo con passione.



Sì, non si sarebbero mai stancati di farlo.





La temperatura rigida rendeva quel paesaggio vagamente spettrale, il ragazzo passò per l'ultima volta il carboncino lungo le linee del foglio ed una volta finito consegnò il ritratto alla bambina che sorrise felice.

- Ha molto talento – disse il padre allungandogli i soldi – vorrei che ne facesse uno anche a mia moglie - continuò in un inglese stentato.

- Certo ... resterò in città ancora per qualche giorno – rispose il ragazzo.

Seth vide l'uomo e la figlia andare via sorridenti e sospirò, gli piaceva Mosca, era una città ricca di emozioni e storia, c'erano così tanti spunti per disegnare, si era persino reso conto di amare il clima freddo e secco. Erano lì da pochi giorni lui e Koll, erano tornati a casa per le vacanze di natale, dove sperava di trovare il fratello leggermente migliorato ma non era stato così. Chris era un automa, che si muoveva perché era giusto farlo, andava scuola, faceva i compiti, ma niente della sua innata passione o gioia faceva capolino dal suo volto da quell'estate. Si era trattenuto a casa per tutte le vacanze ed aveva festeggiato il suo venticinquesimo compleanno insieme alla sua famiglia e Koll. Lui gli aveva regalato il raccoglitore che stava stringendo fra le mani in quel momento, era di pelle tutto lavorato, meraviglioso, lì teneva i disegni che non voleva vendere, i disegni che raffiguravano le sue esperienze e raccontavano la sua vita e di recente aveva molto di cui disegnare. La vita con Koll era la migliore che potesse desiderare, certo era rischioso, in certi posti più di altri, ma Seth era felice perché poteva godere ogni giorno della vista di Koll. Poteva visitare città fantastiche e vivere disegnando come aveva sempre desiderato, libero, su una strada che ormai si stagliava sgombera ed a fuoco davanti ai suoi occhi.

- Ehii Rosso, hai finito? – la voce di Koll che proveniva da dietro di lui portò il ragazzo a ruotare il busto.

- Non dovevi chiamarmi? –

- Ho finito adesso, andiamo a casa? Comincia a fare troppo freddo ... -

- D'accordo – acconsentì – voglio imparare il russo ... e tutte le lingue che conosci tu! – esclamò poi.

- Ti servirà un buon insegnate ... - replicò Koll – uno paziente ... -

- Ne conosci? – risero entrambi.

Così i due si misero in cammino.

Avevano affittato una camera in un motel non lontano dal centro, in un quartiere un po' discutibile, questo era uno di quei lavori in cui Koll doveva tenere un basso profilo così si erano accontentati. Ma Seth non faceva mai caso al posto dove stavano, quello non era importante, esserci lo era.

- Cosa vuoi mangiare stasera? – chiese Koll togliendosi il cappotto.

- Quello che vuoi ... - mormorò l'altro distratto.

- Ci stai pensando? A tuo fratello dico ...- chiarì – da quando abbiamo lasciato South Gate hai quell'espressione contrita molto più spesso ... e per quanto io la adori, mi fai preoccupare –

Koll si avvicinò passando una mano sul corpo magro del rosso che si fece subito più vicino.

- Ci contavo sai ... sul suo egoismo ... contavo che fosse troppo egoista per lasciarlo andare davvero, speravo che si rifacesse vivo, con una scusa o l'altra ... ma niente –

- Non puoi prevedere tutto Seth ... non puoi controllare il futuro, so che ti dispiace per Chris, ma presto o tardi se ne farà una ragione, l'anno prossimo c'è il College e sarà un altro mondo – tentò di rincuorarlo il ragazzo.

- Ma davvero? – chiese più all'universo che a Koll.

Ad un tratto sentii una leggera pressione alla base del suo collo, le labbra del moro gli stavano sfiorando la pelle, a quel contatto l'epidermide di Seth reagì infuocandosi.

- Koll ... - disse in un sussurro – che fai ... -

- Ti distraggo ... - replicò l'altro infilando una mano sotto la sua maglietta e facendo espandere quel calore in tutto il suo corpo.

Seth rise, beandosi di quelle attenzioni che adesso erano solo per lui, Koll era solo suo ormai, le menzogne e la sofferenza erano un ricordo del passato. Koll era suo. Seth era davvero partecipe di ogni parte di lui, della sua vita, nel bene e nel male, nella luce e nell'oscurità di quell'anima tormentata.

A tal proposito nella mente di Seth comparve un altro pensiero – quanto resteremo qui? – chiese fra i baci, mentre osservava Koll liberarsi del maglione.

- Non so ... ne avrò per qualche altra settimana – rispose quello – perché? –

- Sarebbe il caso che andassimo a Singapore – il tono del rosso era sicuro ed il compagno ne rimase per un secondo frastornato.

Non si aspettava quella dichiarazione così di punto in bianco ma capiva anche la sua ragione.

- Ne sei sicuro Seth .... Dopo quello che è successo non preferisci aspettare? –

- Gregor ... è sepolto lì e tu non ci sei ancora stato, non dovresti far passare altro tempo ... - continuò il rosso – per il tuo compleanno ... dovresti prenderti una pausa ed andare lì –

Koll non si era preso ancora quel tempo, quello stacco che gli serviva per elaborare la cosa, Germania, Austria, Francia, si erano subito messi in viaggio e lui aveva volutamente lasciato quel momento da parte. Ma con Seth era impossibile lasciare affari in sospeso, anche quelli che a Koll facevano paura e lui era segretamente grato al destino per essere con Seth adesso, per non dover affrontare quella tomba da solo.

- Ti amo Seth – disse in un sussurro mentre osservava quegli occhi scuri.

Lo stava sovrastando ma contemporaneamente era lui ad essere schiacciato, quel viso e quell'animo lo avevano stregato e messo su un binario che non credeva potesse esistere per lui. Un binario di speranza, dove persino uno come lui, un ombra, uno ai margini, persino un criminale come lui poteva avere qualcosa. Qualcosa per cui vivere, per cui lottare. Tornare a South Gate quell'estate gli aveva restituito più che la sua vita, gli aveva concesso di avere un'anima.

- Smettila di guardami in quel modo – disse Seth – non sono la madonna! –

- Sei sicuro? – rise l'altro, scacciando i brutti pensieri – perché giurerei di aver visto un'aureola sopra la tua testa –

- Sta zitto e baciami, idiota – ringhiò il più giovane – e finisci quello che hai cominciato ... detesto aspettare ... -

- Sì ... anche io -






- Ehi Wayright, ti va di farci una partita a basket più tardi? -

Chris non guardò neppure il viso del ragazzo che aveva avanzo quella proposta, scosse il capo, stringendosi i libri di informatica al petto, non cercò neanche di sorridere per cortesia quando disse che aveva altro da fare.

I suoi amici ci avevano provato a coinvolgerlo durante i primi mesi di scuola, un Wayright dotato come Chris serviva sempre in campo, che fosse quello da basket o di qualche videogioco di gruppo, eppure alla fine, dopo una lunga serie di rifiuti, avevano deciso di lasciar perdere. Era diventato strano, dicevano, troppo snob per farsela con gli amici di infanzia adesso che si stava preparando per entrare nei migliori college d'America.

Chris non faceva totalmente caso a nulla, stava facendo terra bruciata intorno a lui con una meticolosità spaventosa, non aveva voglia di starsene con la gente, ognuno di loro sembrava irritarlo per il semplice fatto che fosse vivo e sorridente nonostante non ci fosse più un cazzo da ridere. Se ne stava da solo, chiuso in biblioteca o nella sua stanza che adesso non divideva più con nessuno. Niente avrebbe potuto distoglierlo dallo studio, l'unica cosa che gli impedisse di pensare troppo a quanto era successo negli ultimi mesi. Studiare era un rifugio e più complicati erano gli schemi, più era felice di averci a che fare. Niente aveva turbato quella strana pace malata che aveva deciso di stipulare con se stesso, eccetto sprazzi di un passato ancora fin troppo presente.

A volte vedeva Rachel, capitava di rado e soprattutto per caso, dopo una lezione o fuori in giardino. Il loro rapporto era cambiato drasticamente, il gelo sembrava essere sceso da ambo le parti, Rachel doveva sentirsi in colpa per quanto era successo mentre Chris non riusciva neanche a fissarla senza rivedere nei suoi occhi azzurri un altro paio di occhi della stessa esatta forma, eccetto per il colore più chiaro ed impenetrabile.

La sua pace veniva meno proprio in quei momenti, eppure riusciva a riguadagnarla in fretta solitamente, si diceva che non aveva senso pensare a situazioni morte da qualche parte dietro di lui e che sarebbe stato meglio continuare a fingere di vivere. Debby era l'unica che riuscisse a strappargli un sorriso di tanto in tanto, si dava da fare ogni giorno per non lasciare che suo fratello annegasse ancora più in fondo nonostante non lo desse a vedere con comportamenti troppo palesi. Jane e Norman non riuscivano a capire cosa fosse successo di tanto grave da incidere a tal punto sul carattere del figlio, sapevano che doveva trattarsi di una delusione amorosa di portata devastante, che le cose con Rachel non fossero finite bene era una certezza.


- Chris, perché non esci? Ti farà bene vedere i tuoi amici ... -


Jane ci aveva provato in ogni modo, prima con le buone, poi aveva perfino alzato la voce, cosa molto insolita per lei. Alla fine il figlio aveva deciso di evitare che si lamentasse ulteriormente ed era uscito davvero. Il suo vecchio gruppo lo accolse, Chris finse di essere la stessa persona di sempre, nessuno ci credette davvero. Trascorse la serata tra false risate e propositi sul rivedersi una di queste sere che non sarebbero mai stati messi in atto.

La verità era che a Chris ancora faceva male vedere la vita scorrere felicemente intorno a lui. Rifugiarsi a casa era un buon metodo per evitare quelle emozioni che sembravano fluire a fiotti tra la gente, lui non le provava, lui era freddo come ghiaccio, vuoto come una casa diroccata.


Così riprese a vivere, niente cambiava, la vita continuava giorno dopo un giorno come uno srotolarsi monotono di eventi che non toccavano Chris neppure di sfuggita. Si rincuorava al pensiero che un'esistenza del genere non avrebbe mai più potuto sconvolgerlo, era quello che voleva, niente problemi, niente situazioni ingestibili o spinose, soltanto lo scorrere di ore calme e prive di significato che alla fine avrebbero composto tutta la sua vita.

Con quei pensieri riusciva a trovare il sonno la notte, con quei pensieri scacciava via quel viso che si rifiutava di sparire ... continuava a vederlo, nel momento della dormiveglia, quando i pensieri si facevano sempre più tormentati e finivano per confondersi con ricordi e speranze. Quel viso bello e sprezzante di chi non ha mai avuto un cuore, lo sguardo freddo ed affilato di un predatore a caccia di vittime, quella risata bassa, di scherno, tipica di chi non aveva più alcuna speranza sulla realtà.

Nonostante questi pensieri Chris stava riuscendo a guarire bandendo ogni speranza dal suo cuore. Era sulla buona strada, doveva soltanto far finta di non credere davvero che quella chiamata del 25 di dicembre provenisse da Tyler, ovunque adesso fosse.

Non si domandò il perché di quella chiamata, ammesso che fosse davvero sua, era meglio così, fingere che non fosse successo, trascinarsi avanti fino a quando poteva.

Chris doveva sopravvivere.




A quell'ora il bagno in comune era deserto, solo un ragazzo stava ultimando di fare la doccia, gli piaceva farla la sera, quando nessuno urlava o rideva, quando il bagno non era affollato di ragazzi sorridenti. Lui si perdeva in quello spazio ricoperto di mattonelle, dove le gocce di condensa appannavano tutto. Matt si piazzò davanti allo specchio e con un gesto della mano pulì la superficie che rifletté il suo viso. A lui parve quello di uno sconosciuto, sì era decisamente qualcuno che forse un tempo gli somigliava quello che lo stava osservando. Il volto scavato, gli occhi vuoti, mai i tratti del suo viso gli erano sembrati tanto spigolosi e maturi. Dov'era il ragazzo? Si chiese una parte della sua mente. Dov'è quello che un tempo conoscevo? Era cresciuto, eccola la risposta dolorosa, era cresciuto bruscamente. Aveva capito che l'innocenza non è la risposta, che l'amore non è la risposta e non c'è niente che valga la pena costruire ed amare, perché tutto viene perduto e schiacciato.



Wes ... per un attimo il pensiero di suo fratello si intromise fra gli altri, com'era preoccupato per lui il suo dolce fratello, ma era solo un uomo come gli altri e non poteva fare niente per aiutarlo. Nessuno poteva. Si guardò distrattamente le mani scarne, quand'era l'ultima volta che aveva mangiato? Forse a pranzo, si disse. Ma a cosa serviva? Quel cibo era come carta bagnata nella sua bocca.



L'unica cosa che di recente riusciva a fare bene era studiare, il college era l'ultima ancora di salvezza prima della pazzia, tenere la mente occupata lo aiutava.



Quando tornò nella sua camera notò che il suo coinquilino non c'era ma in compenso trovò alcuni messaggi di Juri nel cellulare.



" Allora come vanno le cose, cuore solitario?"



" Tutto bene, il tour? Riesci ad iscriverti l'anno prossimo?"



" Il tour va alla grande ... ma non temere ci sarò, non posso lasciare un altro anno il mio Matty abbandonato a se stesso. Li hai mangiati i miei dolcetti?"



"Sì ... erano deliziosi ..."



" Matt ..."



"Juri ..."



" Sono con te ... sono per te ... sono la tua spalla ... ce la farai, non avrò pace finché non rivedrò il mio migliore amico"



" Grazie Juri ... so che tu ci sei sempre per me, sei importante ... ma il tuo migliore amico è solo uno stupido idiota, un sentimentale che non ha visto la caduta nonostante gli infiniti segnali ... io lo odio il tuo migliore amico, lo odio con tutte le mie forze e non voglio che torni mai più ... è morto e sepolto"



"Notte Matty"



"Notte Juri"



Sì, era quella la realtà, Matt Reed era morto, per chi lo aveva conosciuto prima di quell'estate, adesso c'era un altro Matt, uno più forte, uno meno coinvolto, uno che sapeva guardare alla meschinità perché adesso faceva parte di lui e non c'era giorno, o secondo, o istante che non ringraziasse Nikolaj per quello. Non avrebbe mai più permesso a nessuno di avvicinarsi così, non avrebbe mai più concesso a se stesso di innamorarsi. Perché era solo tutta un enorme bugia.



Si mise a letto, rannicchiandosi nelle coperte, crogiolandosi in quella sensazione, stringendo il corpo magro e freddo. Era un uomo adesso, soffrire vuol dire crescere, doveva essere così. Pregò che fosse così.




ANGOLO DELLE AUTRICI: Ed eccoci giunti all'epilogo di questa infinita storia chiamata The Wayright! Una storia che ci accompagna dal 29-10-2014 per chi ha iniziato a leggerla nel momento in cui abbiamo iniziato a postarla. Inutile dirvi quanto siamo state felici del riscontro che abbiamo avuto da parte di tutti voi che ci avete sempre sostenute in ogni modo possibile ed immaginabile, quindi ci teniamo davvero tanto a ringraziarvi ... non avremmo potuto avere dei lettori migliori :)
Detto questo speriamo di sentirvi ancora, siamo consapevoli di quanto questo epilogo sia stato dolceamaro per alcuni dei nostri personaggi quindi presumiamo lo sia stato per voi come anche per noi ... beh, a questo punto ci sentiamo in dovere di sganciare la bomba ...
SORPRESA: Dal momento che siamo delle scapestrate imprevedibili abbiamo una comunicazione da fare, subito dopo la fine di TW abbiamo pensato ad un seguito, incoraggiate da voi ed anche da alcuni personaggi nella nostra storia. E' previsto quindi un seguito di questa storia che non tratterà esclusivamente questi personaggi ma solo alcuni, con l'aggiunta di nuovi elementi ed una nuova location, qualcuno vuole indovinare di chi si tratta? Le notizie sugli aggiornamenti potrete trovarle sulla pagina Fb di Tw, verosimilmente inizieremo con il primo capitolo tra una settimana.

Speriamoche sia un regalo gradito, non temete la lunghezza della nuova storia non èparagonabile a questa XD non abbiate paura e ... alla prossima a questopunto!! *-*


- BLACKSTEEL -

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The WayrightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora