Capitolo 10

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Capitolo 10

"We fight all the time
You and I...that's alright
We're the same soul
I don't need... I don't need to hear you say
That if we weren't so alike
You'd like me a whole lot more
Listen to me now
I need to let you know

You don't have to go it alone"

U2 - SOMETIMES YOU CAN'T MAKE IT ON YOUR OWN

CHRIS

Erano trascorsi tre giorni esatti dalla bomba che Rachel Bradbury mi aveva scagliato contro ed io ero ancora vivo e in buone condizioni. Sinceramente non credevo che sarebbe stato possibile sopravvivere così a lungo, ma dopotutto c'era poco da festeggiare, dovevo mettere in pratica il consiglio di Wes prima di potermi definire sano e salvo.

La sola idea di dover mettere piedi nella tana dell'orso mi faceva sbiancare, ma sapevo che il signor Bradbury era in casa e questo avrebbe reso Tyler calmo e mansueto o almeno era quello che speravo. Non poteva uccidermi davanti a tutti ... no?

Con questi quesiti in mente mi vestii e scesi in salotto. Non avevo dormito molto, Seth sembrava non avere riposo, si muoveva in continuazione ed io avevo troppi pensieri in testa per poter dormire e non sognare adolescenti incazzati che provavano ad accoltellarmi o decapitarmi con un grosso machete. Alla fine avevo deciso di desistere e adesso mi ritrovavo a fissare i grandi che si preparano per l'incontro con l'avvocato del nonno.

- Torneremo entro pranzo, in frigo c'è tutto quello che vi serve per la colazione. Mi raccomando, tieni d'occhio tuo fratello. So che sta cercando di andar via da qui il prima possibile, ma bisogna che firmi anche lui altrimenti niente eredità, ricordaglielo se inizia a rompere. - la zia Monica parlava concitatamente con Matt che la stava a sentire annuendo di tanto in tanto.

- Ciao ragazzi, fate i bravi. Torniamo presto! - mia madre mi schioccò un bacio sulla guancia e seguì gli altri oltre la porta.

Come sempre Seth e Wes erano gli unici che mancavano quando ci sedemmo a fare colazione riuniti intorno al tavolo della cucina, di dimensioni più modeste rispetto a quello della sala. In realtà era molto più carino ritrovarci senza gli adulti, non facevano altro che parlare di testamenti e clausole ed io non ne potevo più. Capii che non avrei toccato nulla anche quel giorno quando mi ritrovai a fissare lo stesso cucchiaio di cereali per dieci minuti consecutivi. Sentivo i ragazzi parlare intorno a me, ma non riuscivo a concentrarmi sulla conversazione.

Cazzo, vivere era diventato insopportabile da quando Rachel Bradbury aveva gettato merda addosso ad un ragazzo che fondamentalmente se ne stava in giardino a prendere un po' di aria fresca ed era estraneo a qualsiasi evento.

- Fanculo! - gli altri improvvisamente smisero di parlare mentre mollavo tazza e cucchiaio nel lavabo e mi dirigevo impettito verso l'ingresso – sono stufo di aspettare che qualcuno venga a pestarmi, vado da quel bastardo di Tyler a chiarire. -

- Ben detto, cugino! - Matt mi diede il cinque.

- Però se non dovessi tornare entro dieci minuti forse sarebbe meglio chiamare qualcuno ... la polizia, i paramedici ... spero non ci sia bisogno del coroner. - biascicai con una nuova visione di me riverso in una pozza di sangue ai piedi di un temibilissimo Tyler munito di sega elettrica che rideva come un folle.

- Vai tranquillo, vado a sedermi in veranda. Se dovessi sentire delle urla chiamerò qualcuno. - si offrì Kevin e non capii se quella fosse stata una battuta o altro. L'umorismo inglese mi aveva sempre confuso parecchio.

Era inutile perdere tempo, camminai verso la porta costringendomi a lasciare il mio porto sicuro rappresentato da casa per immettermi verso un destino incerto e probabilmente portatore di sventura. Casa Bradbury era davanti a me. Non sembrava il rifugio di due scellerati come Rachel e Tyler, invece ci vivevano davvero lì dentro, sperai di uscirci una volta entrato, quindi alzai la mano quasi meccanicamente e la premetti sul citofono, pentendomene immediatamente.

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