CURE DOLOROSE

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 01 luglio 2011

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01 luglio 2011

Sono passati undici giorni dalla dimissione di Andrea, la nostra battaglia contro la leucemia continua in Day hospital.

Quando tutto procede bene ci andiamo tre volte la settimana, ma le complicazioni non mancano mai e succede che le cure e le terapie vengano fatte a giorni continui.

Succede che per due giorni di seguito Andrea debba fare le trasfusioni di sangue, un'altra volta che il suo sangue non coagula e quindi gli fanno la trasfusione di plasma.

Naturalmente ci sono i continui prelievi di sangue e questo per Andrea è un grande motivo di paura con conseguente pianto. A volte, sapendo che deve fare il prelievo, inizia a piangere e a essere triste dal giorno prima.

E poi, per finire, c'è la dolorosissima puntura intramuscolare, l'ervinase, che deve fare a giorni alterni, a cicli di quattordici iniezioni... e siamo solo alla quarta.

I dottori mi spiegano che è dolorosissima... Andrea è disperato tutte le volte che la deve fare.

In questi giorni di day hospital conosciamo il dottor Jankovic, che, a detta di tutti, è il dottore più bravo e dolce. Con lui Andrea ha avuto un colloquio privato, dove gli ha spiegato con parole semplici la sua malattia. Ancora oggi non so cosa si siano detti. Andrea non ne ha mai voluto parlare con noi, giustificandosi che non sapeva come spiegarcelo. Così cerco di avere pazienza con lui e di rispettare i suoi tempi.

Dopo qualche giorno ne parliamo e gli chiedo di spiegarmi con parole semplici cos'è la leucemia. Andrea capisce e, se avesse voglia di impegnarsi, sono sicura che sarebbe in grado di farlo.

Il suo problema più grande è quello di essere un bambino molto chiuso: non ha mai parlato con noi di tutto quello che ha dentro, i suoi sentimenti, ... sia di rabbia, che di paura e tristezza. ... Li ha sempre, fin da piccolo, tenuti per sé, neanche gli anni di terapia logopedica e psicomotoria lo hanno aiutato ad aprirsi un pochino.

Ed ora che si trova di fronte alla sua malattia le cose vanno peggio. Si è chiuso ancora di più: a volte piange per tanto tempo nel suo silenzio e a volte è talmente triste e depresso che non parla con nessuno, nemmeno con noi genitori. Di fronte a qualsiasi domanda o coccola anche dei dottori, degli infermieri e degli psicologi, reagisce facendo scena muta o manifesta rabbia.

Probabilmente si sente anche tanto solo.

A causa delle ravvicinate terapie in day hospital decidiamo perciò di stabilirci per un periodo qui a Monza, dove abbiamo affittato un monolocale a 10 minuti dall'ospedale giusto per stare più tranquilli nel caso in cui si dovesse verificare un'urgenza per Andrea.

Ma lo capisco, sono sua madre: ad Andrea non piace stare qui a Monza, vorrebbe stare a casa sua, frequentare i suoi amici, andare all'oratorio, andare a scuola, fare una vita normale come quella di tutti i suoi coetanei. Invece si trova ad affrontare una grande battaglia, una malattia e le relative terapie solo con me, lontano dalla sua normalità, dalla spensieratezza che un bambino di undici anni ha il diritto di avere.

Da qualche giorno è in aplasia: i globuli bianchi sono scesi a 600 ed è ad alto rischio di infezioni e, di conseguenza, aumenta il suo isolamento dalla vita quotidiana.

5 luglio 2011

Non mi sembra vero: abbiamo trascorso tre giorni di normalità!!

Sabato pomeriggio abbiamo portato Andre a casa perché fino a martedì non abbiamo terapie.

Il bambino è contentissimo di essere tornato alla sua vita, nella sua casa, tra i suoi amici che per tutti tre i giorni ha frequentato ovviamente in casa, perché Andrea , a causa delle terapie dei giorni precedenti è molto debole e stanco: un semplice tiro ad un pallone o il salire le scale per lui sono motivo di spossatezza, anche una semplice passeggiata per lui è motivo di grande fatica.

Ieri mi ha fatto vedere che comincia a perdere i capelli: se li tocca e si trova le ciocche in mano. È dispiaciuto e io con lui, so che non vorrebbe, ma Andrea è consapevole che le terapie che sta facendo per sconfiggere la sua malattia hanno come conseguenza anche questo. Così, per quando torneremo a Monza o in ospedale, mi ha chiesto di mettere in valigia una bandana.

16 luglio 2011

Domani saranno sette giorni che Andrea è ricoverato di nuovo in ospedale. Domenica scorsa eravamo a casa a Jerago: una febbre improvvisa ci ha costretti a correre di nuovo in ospedale., Dopo il prelievo della prima visita la diagnosi è stata immediata: appendicite acuta.

I medici, preoccupatissimi, ci mettono al corrente della complicanza seria e pericolosa: "Andrea è in aplasia ed è ad alto rischio di infezioni. Non può essere operato., Con gli antibiotici e i farmaci di crescita cercheremo di bloccare l'infezione e aumentare le sue difese immunitarie".

Il chirurgo e la dottoressa ci spiegano la gravità della situazione e che dovranno tenere Andrea a digiuno solo per l'eventualità di un intervento d'urgenza.

Sono le ore e le notti più dure e spaventose. Questa è la prima complicanza di cui i dottori ci hanno sempre avvertito, perché non solo la leucemia spaventa, ma fanno ancor più paura le complicanze che le terapie comportano. Io mi sento positiva, e mi fido dei medici, so che Andrea c'è la farà.

Cosi è stato: il terzo giorno il chirurgo dà il permesso ad Andrea di mangiare, non lo opera, perché l'infezione è stata bloccata, i valori del sangue sono ottimi, i globuli bianchi sono in rialzo e non è più in aplasia. Il chirurgo ci spiega che, più avanti, quando la situazione sarà più stabile, si rivaluterà per l'intervento all'appendice, per evitare che le prossime terapie possano nuovamente infiammarla.

In questi giorni di ricovero la chemio è stata sospesa. Il problema però è che Andrea da due giorni ha di nuovo la febbre.

La dottoressa ci rassicura che i suoi valori del sangue sono ottimi, ha solo l'emoglobina bassa, che con due trasfusioni di sangue si risolverà. Non si spiega il motivo della febbre, decide per un'altra emocultura, per vedere se ci sono altre infezioni in corso. Dopo un paio di giorni arrivano i risultati: l'emocultura è negativa e il bambino è dimesso in buone condizioni.


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