È DURA FARE FINTA DI NIENTE

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 02 aprile 2012

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02 aprile 2012

GIORNO + 49.

E' dura far finta di niente, continuare a sorridere davanti al bambino e gioire insieme a lui per la dimissione. Mentre dentro di me soffro da morire, a stento trattengo il mio pianto disperato, che se lasciassi sfogare non smetterebbe mai. Sono distrutta dal dolore, ma davanti a lui devo continuare a sorridere e condividere la sua felicità. Ieri abbiamo deciso insieme ai medici di portare Andrea a casa. Quando gliel'abbiamo detto, sprizzava gioia da tutti i pori e, senza nemmeno aspettare il foglio di dimissioni, è sceso dal suo letto, si è vestito in un attimo, pronto per tornarsene a casa con la gioia negli occhi. I risultati della biopsia non sono arrivati, ma, vista la situazione, non ha più senso tenerlo in ospedale, se non quello di renderlo più triste. La dottoressa Daniela L, mi spiega con gli occhi lucidi e rossi, che non ha più argomenti, scuse o bugie da raccontare ad Andrea e che la sua permanenza qui in ospedale potrebbe insospettire il bambino che continua a reclamare il suo star bene. Secondo lui è guarito, i globuli bianchi sono alti, mangia a volontà, ha un midollo sano e tutto nuovo e rivuole la sua vita rubata. La verità invece è che non ha speranze, la massa toracica non è un virus e qualsiasi altra cosa sia non cambierebbe il suo triste destino. Dopo dieci giorni di cure con cortisone e diverse chemioterapie, la massa è ancora lì, anzi, lievemente aumentata. I medici ci dicono che si potrebbe ricominciare con blocchi chemioterapici intensivi, ma il suo fisico ha ricevuto troppe chemioterapie, non sopporterebbe altra tossicità:, ha minime, quasi zero possibilità di farcela. Solo il trapianto era l'arma più vincente che hanno avuto, ma è fallita. Farne un altro a così breve distanza dal primo è impensabile. Qualsiasi cosa io pensi o tenti di chiedere pur di dare una minima speranza a mio figlio viene distrutta e insieme a lui anche la mia vita. Abbiamo chiesto alla dottoressa in che modo evolverà la situazione e quanto vivrà. Le risposte sono state dure, ci ha chiesto se eravamo decisi a sapere, perché non sarà facile e che non eravamo obbligati a vivere questa drammatica situazione da soli. Se non ce la sentivamo erano pronti in qualsiasi momento a riaccogliere Andrea in ospedale, perché anche se il bambino veniva dimesso, rimaneva sempre un loro piccolo paziente. Noi genitori siamo molto decisi, il desiderio di Andrea è quello di tornare a casa sua ed è quello che faremo, siamo pronti a tutto pur di vedere il bambino felice. La dottoressa Daniela L è d'accordo con noi e ci spiega cosa ci aspetterà a casa. Potrebbe morire all'improvviso, se la macchia in un attimo comprimesse il suo cuoricino, oppure essere una cosa graduale. A quel punto potrebbe lamentare di far fatica a respirare, ogni giorno sempre di più, fino ad essere costretti a doverlo mettere in coma farmacologico per non farlo soffrire. E' stato il colloquio più drammatico e devastante che abbia avuto in tutti questi mesi, un colloquio di disperazione e pianto, più di quello della diagnosi, dopo il quale almeno avevamo tante speranze. Sia noi genitori che la dottoressa Daniela L e i medici siamo immensamente provati. Perdere un paziente, soprattutto un bambino, è un dolore che anche loro faticano ad accettare, oltre e che una grande sconfitta. Se questo è il destino di mio figlio, ho chiesto che facciano di tutto perché il bambino non soffra, non si deve accorgere di niente, non deve capire che la sua vita sta finendo, vorrei che voli in cielo con la spensieratezza di un bambino di undici anni.

Siamo pronti per lasciare il reparto, arrivano la gran parte dei medici e degli infermieri a salutare Andrea. Tra sorrisi a quarantadue denti e occhi che fanno fatica a rimanere asciutti, ci sono gli abbracci forti, ci sono le risate e le raccomandazioni, gli "in bocca al lupo", c'è una falsa felicità che nasconde il dolore che tutti proviamo per la verità nascosta. Dobbiamo continuare a fingere, dobbiamo mentire, dobbiamo rendere felice lo sfortunato Andrea.

SERA.

Andrea è felicissimo, gli è tornato il sorriso. Oggi è andato a catechismo, perché ci tiene a fare la cresima, e si è fermato tutto il pomeriggio in oratorio a giocare con i suoi compagni. Adesso è qui a casa, ha portato il suo amico Teo, gioca con lui vivacemente, come un bambino sano.


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