L'ULTIMO SALUTO

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10 maggio 2012

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10 maggio 2012

Abbiamo chiesto ai medici di aspettare qualche ora in più prima che Andrea venisse messo in coma farmacologico: volevamo che venissero i fratelli per l'ultimo saluto. Naturalmente nessuno dei tre era a conoscenza della reale gravità della situazione, anche se era evidente che il bambino non stava per niente bene, ma ci sembrava giusto unirli per l'ultima volta tutti insieme. Ne sono stati tutti e tre felicissimi, tanto che quando era ora di salutarsi è stato difficile dividerli. Hanno giocato, disegnato, parlato, visto i cartoni animati insieme. Sorridevano e soprattutto Andrea è stato contentissimo, tanto da ritrovare un po'di energia per passare qualche ora con Michael e Alessia.

Nel primo pomeriggio il bambino è stato anche cresimato dal nostro parroco Don Remo. Quando qualche giorno prima ho proposto ad Andrea di fare la cresima qui in ospedale perché non sarebbe riuscito a farla in chiesa con i suoi amici, spiegandogli che era molto improbabile che venisse dimesso prima di quella data, mi ha stupita rispondendomi subito di sì con un tale entusiasmo che non riuscivo a crederci. Non me l' aspettavo, pensavo che ci rimanesse male, che si sarebbe lasciato prendere un'altra volta dalla tristezza e dalla rabbia per un'altra rinuncia ingiusta. Pensavo che mi rispondesse: "No mamma, la voglio fare insieme ai miei amici" Invece no, forse sapeva che non aveva più tempo, anche perché nell'ultima settimana ho visto mio figlio sereno e in pace con se stesso. Ho letto nei suoi occhi e nel suo modo di affrontare l'ultimo periodo, una pace e una serenità interiore. Sono convinta che lui sapeva il triste destino che l'aspettava e sentiva vicino a sé degli angeli pronti ad accompagnarlo in Paradiso e non voleva andarci senza aver ricevuto la Santa Cresima: per lui era di vitale importanza.

Il nostro caro Don Remo, che ci è stato vicino durante tutto il percorso della malattia, con la preghiera, l'affetto e il sostegno morale e spirituale, nonostante anche lui lottasse contro la morte per lo stesso male, (fortunatamente ce l'ha fatta: è guarito), appena ha saputo che non c'era più tempo, è corso in ospedale insieme alle catechiste, Eleonora, Maria e Anna, per cresimarlo. Il Don l'ha ribattezzato il "campione", un campione di vita, di esempio per tutti, di dignità, di forza e coraggio. Appena il nostro parroco è entrato nella stanza, Andrea ormai privo di forze e in totale sofferenza, lo ha accolto con sollievo chiedendo al padre di spegnere la televisione per poi aggiungere: "Papà ora sollevami". Ha risposto con dignità e partecipazione alla preghiera, al rito della Confermazione e successivamente ha accettato con consapevolezza l'unzione degli infermi, seguito infine da un commovente applauso da parte di tutti i presenti. E' stato il momento più toccante delle nostre vite, carico di un grande insegnamento.

Mio figlio è intelligente, ha capito e ancora una volta sono rimasta stupita come la rabbia e la tristezza si siano trasformate in tranquillità: non c'era traccia di paura nei suoi occhi, ma solo pace e serenità.

Forse sapeva mascherare bene le sue paure, ma io sto male al pensiero che forse mi sbagliavo, magari lui era terrorizzato, cosciente di quello che stava per accadere, forse aveva capito e ne aveva paura. Aveva solo undici anni e tutto ciò che lo circondava era più grande di lui, compresa la morte.

L'ha affrontata in grande stile, dando a tutti noi un esempio di dignità e coraggio.

Successivamente è passata a trovarlo anche Francesca, una dolcissima ragazza leucemica come lui, sapeva che per Andrea non c'erano più speranze, ma non sapeva che ormai era arrivato al termine.

Quel pomeriggio ha sentito il forte bisogno di venirlo a salutare per lasciargli un piccolo pensiero fatto da lei. Avevano una grande sintonia, che solo i ragazzi malati come loro potevano percepire, anche senza vedersi e parlarsi: è la magia di queste dure malattie. Vorrei riprendere un pensiero scritto da lei su Andrea poco tempo dopo:

" L'ho salutato con un bacio sulla fronte e mentre uscivo dalla porta lui sorridendomi disse: "Ci vediamo". Ci guardammo entrambi sapevamo che non sarebbe stato così.".

Ogni volta che rileggo queste semplici righe sento un nodo alla gola e anche ora che le sto scrivendo le lacrime mi rigano il viso.

Accompagno fuori dalla stanza Francesca e sua madre, ci intratteniamo per pochi minuti, giusto il tempo che Francy mi confida una grande verità , che mi teneva nascosta ormai da qualche mese, (circa un paio di mesi prima del trapianto di Andrea), ma a questo punto pensava che era giusto che ne venissi a conoscenza. In un ricovero dove avevamo condiviso la stanza insieme, capitava spesso di dividere le camere con altri pazienti per cicli di terapia, o se non si era in forte aplasia. Andrea ha confidato a Francesca che sapeva che non sarebbe mai guarito, sapeva che non c'è l'avrebbe fatta. L'ha detto anche in un'altra occasione a Salvatore, un'altro bambino leucemico, divenuti grande amici quasi fratello. Venire a sapere una cosa del genere è stata una forte pugnalata al petto, un dolore lacerante, da avere un attimo di svenimento: non potevo credere a quello che le mie orecchie stavano sentendo. Per un anno intero l'ho protetto, gli ho mentito e nascosto la verità sulla sua malattia, l'ho incoraggiavo a non mollare, a continuare a lottare, gli dicevo in continuazione che sarebbe guarito, che avrebbe ripreso la sua vita più forte di prima. Ma lui sapeva tutto, sapeva la reale gravità della malattia, la pericolosità e il rischio di non sopravvivere. Ora riesco a capire i suoi lunghi silenzi, il suo sguardo pensieroso, il suo: "So io", quando gli domandavo qualcosa inerente ai suoi pensieri silenziosi. Lui ha sempre capito tutto, se lo è da sempre sentito, non ha mai detto niente. Forse per proteggere noi genitori, mentre eravamo convinti del contrario. Non lo saprò mai, ma mi piace continuare a credere che il mio Angioletto, è stato come sempre un grande altruista per non farci soffrire ancor di più.


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