IL DONO DI ANDREA

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22 Maggio 2012

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22 Maggio 2012

Sono trascorsi più di dieci giorni da quando non scrivo più il mio diario. Non è facile, tremendamente doloroso e tragicamente ingiusto, mi fa tanto male ripercorrere gli ultimi giorni. Ma lo devo fare, per me e soprattutto per il mio Andrea.

Lui sapeva di questo diario, sapeva che era tutto dedicato a lui e alla sua malattia. Spesso mi chiedeva quando glielo avrei fatto leggere. Gli ho sempre risposto sorridendo: "Quando sarai guarito lo leggeremo insieme".

Purtroppo non andrà così, forse, e ci sto pensando seriamente... lo leggeranno in tanti, persone che non abbiamo mai visto, persone che non abbiamo mai conosciuto, persone che conosceranno Andrea e la sua storia solo attraverso questo diario, ma non lui. Perché lui la sua storia l'ha letta attraverso la sua stessa vita.

Forse il mio diario diventerà un libro, in onore di Andrea, perché tutti conoscano che bambino speciale era, perché molti conoscano che cos'è la leucemia infantile, che dolori e che sofferenza porta a bambini innocenti, che desiderano solo il diritto di vivere, il diritto di essere sani e felici, il diritto di non soffrire più. Perché il suo sacrificio non sia inutile, perché la sua sconfitta contro questo grande male dia la possibilità ad altri bambini di avere una speranza in più di farcela. Perché questo triste diario diventi un libro il cui ricavato andrà interamente alla ricerca scientifica contro le leucemie infantili.

Questo sarà il dono di Andrea per tutti i bambini leucemici.

Per ultimo, ma non meno importante, ci tengo a voler ricordare Andrea, oltre che per il suo carattere buono, gentile, altruista, maturo e rispettoso verso gli altri (non sono solo mie parole, ma il pensiero di tutti quelli che lo hanno conosciuto), anche per il suo impegno scolastico. Nonostante la malattia e il suo fisico molto provato dalla leucemia e da tutte le terapie che è stato costretto a subire, ha continuato gli studi nella scuola in ospedale, tutti i giorni, per un anno intero, tra ricoveri, DH, tra una chemio e l'altra o mentre scorreva nelle sue vene. Nonostante il malessere fisico, la nausea, il vomito, la debolezza, la stanchezza, il dolore, ha continuato a impegnarsi anche quando proprio non ce la faceva. Tra le lenzuola del suo bianco letto d'ospedale prendeva i suoi quaderni, i suoi libri e faceva i compiti in attesa che le professoresse dell'ospedale venivano a fargli una nuova lezione. Anche se con gran fatica fisica, ha continuato a impegnarsi, perché non voleva assolutamente perdere l'anno scolastico, voleva tornare alla pari a scuola insieme ai suoi compagni. Anche in questo è stato un campione, un esempio per tutti i suoi coetanei, un esempio di grande sacrificio fisico con meritata e discreta pagella. Peccato che il secondo quadrimestre rimarrà in bianco. Sono sempre più orgogliosa di te, mio piccolo pulcino.

Ho preso tempo, ritardando il più possibile il tragico e doloroso momento. Mi fa troppo male, è troppo straziante per me, ma è giunto il momento di rivivere le ultime ore del mio adorato bambino.

Siamo nel primo pomeriggio dell'undici maggio 2012, tra il via vai dei medici, infermieri e parenti per l'ultimo saluto, riesco a stendermi nel letto a fianco del mio bambino. Lui è in coma farmacologico profondo, per me invece dorme, come ormai faceva sempre negli ultimi giorni. Il suo respiro è rumoroso, rauco, dovuto al liquido in eccesso che ha nel corpo. Qualche ora prima, con l'aiuto delle infermiere, l'abbiamo lavato e cambiato, toltogli il suo pigiamino preferito senza che se ne rendesse conto: era tutto bagnato di pipì, tanto da dovergli mettere, una volta pulito, un grande pannolone. Con amore, cura e senza che lui si rendesse conto di niente è stato completamente spogliato e lavato con acqua e spugnette, per poi essere rivestito con una vestaglietta bianca. Ho usato tutta la dolcezza e delicatezza che una mamma sa dare. Con le lacrime di disperazione che mi rigavano il viso continuavo senza voler mai smettere a lavarlo ed accarezzarlo, come quando era piccolo e aveva bisogno di tutte le cure e le attenzioni che si danno a un neonato, rattristandomi nel vederlo in quello stato, privato della sua dignità e del suo diritto di vivere. Una volta finito sono rimasta accanto a lui, gli massaggiavo i piedi oramai molto gonfi, come gli è sempre piaciuto, solo che questa volta non si accorgeva e non mi diceva : "Ancora un po', mamma".

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