Capitolo 51

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"Come mai ci siamo fermati?"
"Il traffico signorina"
"Traffico?" chiese allibita.
Aprì il finestrino e guardò fuori...c'era una coda infinita di macchine.
Ritornò a sedersi sul sedile e sentì pizzicare gli occhi.
"Quanto ci vorrà prima che si sblocchi tutto?"
"Non lo so, secondo me anche tre quarti d'ora"
Non ci voleva, lei non aveva tutto quel tempo.
"Non mi arrendo...scusi, quanto manca a
all'areoporto?"
"Circa tre chilometri perché?"
"Se una persona volesse farli a piedi, quanto ci impiegherebbe??"
"Camminando velocemente penso...non so...mezz'ora?"
"E se corressi?"
"Cosa?"
"Dove si trova l'aereoporto?"
"Si va dritto per questa strada fino ad un semaforo, poi si gira a destra e alla fine della strada trova l'edificio, perché tutte queste domande?"
Aprì velocemente lo sportello del taxi e cominciò a correre, correre come non aveva mai fatto.
Mentre cercava di fare più veloce che poteva per gli affollati marciapiedi, si scusava ogni tre secondi con le persone che scontrava.
"Oddio scusi!" urlava senza smettere di correre.
Non aveva più fiato, aveva il cuore che batteva all'impazzata tra lo sforzo e lo stress; al semaforo, si fermò un secondo, non riusciva più a farcela: non le arrivava più abbastanza ossigeno nei polmoni e le gambe sembravano pesantissime.
Controllò l'ora sul telefono, poteva ancora farcela...ma doveva sbrigarsi!
Ricominciò a correre, senza sapere neanche lei quale oscura forza le desse le energie di continuare...girò a destra come le aveva indicato il tassista e di diresse verso il fondo della strada.
Eccolo! L'enorme edificio si ergeva proprio davanti a lei, ce l'aveva fatta!
Era quasi morta, ma ce l'aveva fatta.
Si catapultò all'interno e cercò freneticamente con lo sguardo Federico o Benjamin.
Non riusciva a trovarli.
Chiamò Benjamin ma non rispondeva.
"Sono saliti sull'aereo...oddio sono già andati via...ma aspetta, il monitor! Posso controllare gli orari dei voli"
Il volo per Miami era tra un'ora, magari erano nei paraggi...
Poi lo vide, avrebbe riconosciuto quel ciuffo biondo tra mille.
"Fede! Fede!" cominciò a chiamare.
Era seduto su una delle sedie della sala d'aspetto, alzò lo sguardo e quasi gli cadde il telefono dalle mani.
Lei gli corse incontro.
"Che-che ci fai tu-tu qu-qui?" balbettò confuso.
"Mia madre mi ha detto tutta la verità, schiacciata dal senso di colpa suppongo..."
"Che ci fai qui?" ripetè lui.
"Ho bisogno di dirti alcune cose, anzi in realtà una sola. Sei uno stupido"
"Cosa?"
"Si hai capito bene! Sei uno stupido a credere di poter prendere delle decisioni così avventate senza dirmi nulla! Mi hai mentito, mi hai fatta soffrire. Sei uno stupido, perché non riesci a capire quanto io abbia bisogno di te. Sei uno stupido perché non capisci che la parola felicità, non può esistere nella mia vita se non ci sei tu. Sei uno stupido, perché non capisci quanto io ti...."
Si guardarono intensamente negli occhi e lei alla fine riuscì a trovare il coraggio di dire quella frase.
"...quanto io ti ami. Si Federico Rossi, io ti amo. Ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo, ti amo più della mia vita. E ho bisogno di sapere cosa provi tu. Cosa senti per me?"
Lui era rimasto completamente immobile.
Incapace di parlare.
"Ho preso un treno senza biglietto, poi è passato il controllore e allora mi sono nascosta nel bagno del treno per tutto il viaggio. Poi mi sono catapultata fuori dalla stazione e sono riuscita a prendere un taxi, ma c'era traffico, allora ho corso per tre chilometri scontrando la gente e beccandomi insulti. Poi sono arrivata qui e sono andata nel panico perché avevo il terrore che foste già partiti. Poi grazie al cielo ti ho riconosciuto e ti ho detto che ti amo e tu invece stai zitto e la cosa non fa che farmi innervosire perchè..."
Fede sorrise e non la fece finire di parlare.
L'afferrò per un braccio, l'attirò a sè e la baciò.
Un bacio pieno di bisogno, come a colmare il vuoto di tutti quei baci che non si erano mai dati.
Lei aveva agganciato le braccia attorno al suo collo e lui la teneva per la vita.
Si staccarono solo quando non ebbero più fiato.
Adesso era Giada quella ad aver perso le parole, e Federico rise.
"Beh, non sapevo come farti stare zitta e allora..."
Anche lei rise e lui la baciò di nuovo.
"Ti amo, ti amo, ti amo" continuava a ripeterle tra un bacio e l'altro.
"Cosa mi sono perso?" chiese Benjamin che intanto li aveva raggiunti.
Fede e Giada risero.
"Vabbè tanto ho già capito tutto..."
"Povero budino, ti ho fatto impazzire oggi"
"Direi proprio di sì" disse mettendo il broncio.
Giada gli lasciò un bacio sulla guancia.
"Meglio?"
"Un po'...ora vi lascio soli, ma Fede, tra cinque minuti al massimo dobbiamo andare"
"Si si certo..."
Benjamin si allontanò con valigia in mano e le cuffiette nelle orecchie.
"Quanto starete via?"
"Quattro giorni più o meno..."
"Mi mancherai...." disse appoggiando la testa sul suo petto.
"Anche tu, tantissimo" rispose baciandola, poi appoggiò la sua fronte contro la sua.
"Mi aspetterai?"
"Certo, io ti aspetto qui"
"Insieme, te lo ricordi?"disse prendendole la mano.
"Insieme" disse lei stringendogliela.

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