10. Il Test - parte 1.

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Abby.


Janise mi ha sbattuta dentro una camera polverosa e tetra, nella parte opposta del corridoio in cui si trova l'ufficio del signor Clint. Mi ha detto "Benvenuta nella tua nuova suite, principessa", e senza troppi convenevoli se n'è andata, lasciandomi interdetta di fronte all'uscio. Senza rimuginarci troppo, sono entrata e ho chiuso la doppia porta dietro di me, creando un minimo di privacy.

Fisso attentamente ogni singolo mobile e oggetto presente nella stanza, cercando quel dettaglio che mi farà rendere conto di trovarmi soltanto in un orribile incubo. Ma purtroppo tutto qui dentro sembra essere concreto. E puzza anche.

Mi dirigo verso l'unica finestra della camera, ampia ma sigillata dalle grate, come tutte le altre che ho visto finora, e la apro. Almeno farò circolare un po' d'aria fresca e manderò via la puzza di stantio.

Che diamine, ma non puliscono dalla seconda guerra mondiale?

Provo a sporgermi dal piccolo davanzale, cercando di farmi un'idea di dove mi trovi. Quando mi affaccio, rimango delusa dalla visuale: intorno alla struttura triste e grigia ci sono solo palazzi anonimi. Un punto di riferimento davvero utile per una metropoli.

L'unico dettaglio interessante, lo noto proprio sotto di me: l'edificio, o meglio, la Caserma, ha una forma quadrata, strutturata su più piani. Nella parte centrale e interna c'è un cortile in mattonato, con qualche alberello sofferente e un grande pozzo al centro. Ogni lato è contornato da portici con colonne in cemento armato, che portano all'interno della struttura. Tralasciando in fatto che questo posto mi dà sempre più l'idea di essere una prigione penitenziaria, vedere che sia dotato di uno spiazzo in cui si possa uscire alla luce del giorno mi rincuora.

Mi allontano dalla finestra e torno a ispezionare la mia suite. Al centro, leggermente rialzato dal pavimento in pietra, c'è un letto di dimensioni matrimoniali con coperte pesanti e impolverate poggiate sopra. Spero che sia più comodo della brandina su cui ho dormito ieri, altrimenti inizierò a soffrire di mal di schiena in giovane età. Tuttavia, non mi arrischio a testarlo. Sembra così vecchio che potrebbe rompersi anche con il mio peso piuma.

Sospiro e mi guardo intorno, ancora spaesata. La camera non è nulla di quello che solitamente potrebbe rientrare nel concetto di "ospitale". Non c'è nemmeno un quadro allegro o una carta da parati con tinte vivaci. In realtà non c'è proprio, la carta da parati, ma dato il luogo austero non mi stupisco per niente.

Mentre ispeziono l'esterno di un armadio, abbandonato accanto a un piccolo tavolinetto, vengo percorsa da un brivido. Oltre a essere antica e puzzolente, la mia camera è anche gelida.

Perfetto. Mi prenderò una polmonite in un battito di ciglia. Penso subito di andare a lamentarmi con un inserviente, o qualsiasi persona abbia il compito di rassettare il locale, ma accantono l'idea subito dopo. Non posso permettermi di ridire su qualcosa. A meno che non voglia trovarmi con un pugnale piantato in mezzo al petto. E non mi stupirei nemmeno, visto che tutti, qui dentro, danno l'impressione di gironzolare allegramente con un carico di armi addosso a dir poco illegale.

Mi strofino le mani sulle cosce, nel tentativo di scaldarmi, e mi dirigo verso quello che sembra essere un termosifone. Probabilmente il primo modello progettato nella storia. Poggio la mano sulla lastra e la ritraggo poco dopo, inveendo a bassa voce.

«Razza di spilorci» mormoro, allontanandomi dall'arnese fuori uso «Immaginavo di non stargli molto simpatica, ma potevano uccidermi subito, allora. Non c'era bisogno di farmi morire per assideramento» mi volto di scatto, accigliata, e mi accorgo di una porta chiusa in fondo alla parete, che prima non avevo notato.

Hybrid - L'EsperimentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora