31. Voci.

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Abby. 


Vedo le pareti intorno a me ondeggiare pericolosamente, mentre ci addentriamo nel corridoio che conduce ai dormitori. Sento i nostri passi attutiti, come se avessi le orecchie ovattate. Anche la mano di Jared, stretta attorno ai miei fianchi saldamente, mi sembra un tocco appena percepibile e che mi pro-voca delle vibrazioni sulla pelle. Apro e chiudo le palpebre, cercando di restare con i piedi ancorati a terra, ma il gesto prende via a rallentatore, come anche i battiti del mio cuore, che decelerano passo dopo passo.

Tu-tum, tu-tum.

Di questo passo morirò. Me lo sento. Forse smetterò di respirare all'improvviso, o, più semplicemen-te, finirò per impazzire. E quando succederà, sarò sola. Se c'è una cosa più brutta del morire, è farlo da soli. L'idea che debba affrontare tutto ciò senza avere nessuno accanto mi spaventa più di ogni altra cosa, oltre a farmi sentire annichilita.

«Resisti, siamo arrivati» Jared continua a mormorarmi parole tranquillizzanti a bassa voce da quando ho manifestato il primo cedimento, fuori dal laboratorio del dottore. Non so precisamente cosa mi stia dicendo, ma la mia concentrazione si è dissolta nell'arco di qualche minuto. Quelle pastiglie di Salvia devono essere davvero efficaci, per avermi ridotta in questo stato quasi catalettico.

Annuisco in silenzio, senza trovare la forza per esprimermi a parole.

Non l'ho perdonato, ma non ho nemmeno il coraggio di odiarlo, né una buona scusante per farlo. Io e lui non siamo mai stati niente, se non il Guerriero e l'Ibrido. Il sangue puro Celeste e l'esperimento di un Demone.

Con questi presupposti, non mi sarei dovuta aspettare niente. Jared lo aveva messo in chiaro fin da subito, che tra noi non ci sarebbe potuto essere niente. Nemmeno una blanda amicizia. Ma quel bacio ha rovinato tutto, trascinandomi in un punto di non ritorno. Riducendomi in questo stato.

«Riesci a sentirmi, Abby?» la voce attutita di Jared mi riporta di nuovo alla realtà. Mi guardo intor-no, confusa: siamo di fronte alla porta della mia stanza, in attesa di non so che cosa.

«La chiave. L'hai tu, non è vero?» tende la mano e mi fissa con uno sguardo preoccupato.

Annuisco ancora, perdendomi per un attimo nei suoi occhi, così tanto sinceri, all'apparenza... Tasto con le dita l'interno della tasca dei miei pantaloni ed estraggo una piccola chiave d'ottone. La stringo nel pugno e mi sorreggo alla porta.

«Avevi detto che mi avresti accompagnata fino in camera» gli faccio notare, in un sussurro. Soc-chiudo gli occhi, mentre gli parlo. Sono troppo stanca per affrontare un confronto del genere «Lo hai fatto. Adesso, va' via.»

«Lascia che ti accompagni dentro. Ti prego, Abby. È già abbastanza estenuante vederti in questo stato» ribatte lui, poggiando con un po' troppa forza le nocche della mano sulla porta.

«Vattene» lo imploro, e a ogni parola che aggiungo, la mia volontà di allontanarlo scema sempre di più. Avrei così tanto bisogno di qualcuno accanto, adesso...

Jared sospira frustrato e strizza gli occhi. Quando li riapre, mi prende il volto fra le mani, poggiando i palmi caldi sulle mie guance umide di lacrime.

«Quello che è successo con Dakota è stato un mio errore, e come tale, me ne assumo ogni responsa-bilità. Io... ero spaventato, okay? Quella cosa che c'è stata tra di noi mi ha terrorizzato, al punto da farmi reagire nell'unico modo che ho ritenuto possibile: fingendo che non fosse successo niente» sus-surra, senza distogliere gli occhi dai miei «È stato da idioti, lo so. Sono davvero pentito e, se potessi tornare indietro, non cambierei una virgola di ciò che è accaduto in palestra. Però, ho paura. Sì, hai ca-pito bene, ho paura di quello che potremmo diventare. Ho paura di provare qualcosa per te, capisci? Non l'ho mai fatto con nessuno, prima d'ora, e non ho la più pallida idea di come mi debba comporta-re.»

Hybrid - L'EsperimentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora