12. Risposte.

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Abby.


Non ricordo in quale preciso momento mi sia addormentata, dopo essere tornata nella stanza. Ho solo l'immagine nitida di essermi sdraiata sul letto, con l'intenzione di riposarmi qualche minuto, prima di andare a fare un bagno rilassante. Ma, evidentemente, sono crollata poco dopo, vinta dalla stanchezza accumulata.

La luce del giorno entra nella camera e illumina il letto su cui sono stesa, ancora vestita. Non c'è il sole, fuori, ma il cielo plumbeo tipico di Henver, che minaccia pioggia per almeno nove mesi l'anno.

Emetto un lamento e cerco di pararmi dalla luce con un braccio. Quando realizzo di essere sveglia, stiracchio le braccia e le gambe intorpidite e sbadiglio, stropicciandomi gli occhi. Mi sento molto più riposata, adesso, anche se non ho eliminato del tutto la stanchezza dal corpo. Mi metto seduta sul letto e guardo il comodino di legno accanto a me. Il piccolo orologio segna le 12.27. Sgrano gli occhi e fisso di nuovo l'ora, stupita. Possibile che abbia dormito così tanto?

Insieme a me, si sveglia anche il mio stomaco, che inizia a emettere gorgoglii imbarazzanti. Da quanto tempo non metto sotto i denti del cibo? Decido di ignorare i morsi della fame e mi dirigo in bagno. Devo lavarmi e rimettermi un po' a posto.

Apro il rubinetto della vasca e mi tolgo il vestito. Quando la vasca è piena, m'infilo dentro fino al collo, assaporando la sensazione di caldo che mi avvolge la pelle. Rimango immobile per almeno dieci minuti, godendo di questo raro momento di relax. Afferro la saponetta e il flaconcino di shampoo poggiati accanto sul bordo della vasca, e mi insapono con cura i capelli, per poi risciacquarli. Sento la sporcizia e il sudore scivolare via dal corpo, per dare spazio a una rinascita fisica. Dopo che essermi asciugata, mi lavo i denti e spazzolo i capelli, di nuovo mossi da qualche onda naturale.

Prima di rivestirmi, osservo con disgusto il vestito sgualcito e buttato a terra, e mi rifiuto di indossarlo ancora. Mi dirigo allora verso la camera e apro le ante dell'armadio, con la speranza di trovare qualcosa di decente da mettermi addosso. Con grande gioia, vedo appese su due stampelle una camicia e un paio di pantaloncini. Indosso la camicia, nonostante mi stia enorme, e arrotolo le maniche sulle braccia. I pantaloni, invece, mi calzano meglio.

Et voilà, pronta per andare a conquistare la Caserma.

Mi guardo allo specchio, reprimendo l'ennesimo brontolio di stomaco. Non sto poi così male. Con il viso riposato e le occhiaie scomparse, sembro di nuovo umana. Anzi, una non umana.

Il pensiero della mia natura mi fa tornare in mente la conversazione di ieri tra il dottore e il capo della Caserma. Devo uscire dalla stanza, mangiare qualcosa e cercare il signor Clint. Non m'interessa se gli altri Guerrieri mi vedranno per i corridoi. Non posso fare l'eremita nella mia camera. Non quando sto morendo di fame e devo ottenere delle risposte che mi rivoluzioneranno la vita.

Carica di buoni intenti, esco nel corridoio e chiudo la porta a chiave. Non so precisamente dove andare, ma di sicuro al piano inferiore si svolgono la maggior parte delle attività ricreative. Spero che anche mangiare sia considerata una di quelle e mi avvio verso la grande scalinata.

Durante il tragitto, ho la sfortuna di scontrarmi per la seconda volta con la sorella di Jared, diretta verso le camere. Noto subito che ha il volto molto stanco e quasi trascina i piedi a terra.

Quando si accorge di me, Janise scatta subito all'erta. «Cosa ci fai qui?» domanda, fulminandomi con un'occhiata truce «Dovresti restare nella tua camera.»

«Ho fame. È più di un giorno che non mangio niente» rispondo io. Cerco di mantenere un tono cordiale, con la speranza di addolcirla in po'.

«Questo non ti dà il permesso di uscire a piede libero per la Caserma. Vuoi veramente essere uccisa?»

Hybrid - L'EsperimentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora