57. Assassina

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Abby.

Fuori è buio. Quel genere di buio che ti permea la pelle e ti attraversa le ossa. L'unico colore che riesci a vedere è il nero: per terra, nel cielo, dentro il corpo.

È tutto così oscuro.

Apro gli occhi e mi accorgo che stiamo ancora camminando. Abbiamo finito di scendere le scale che portano all'uscita di emergenza dell'Empire Nexus Hotel e adesso stiamo attraversando la porta in fila indiana. Siamo pochi superstiti, stanchi, feriti, rotti dentro.

Nessuno di noi dice una parola, nel tragitto. La zona portuale di Henver sembra essersi spenta all'improvviso: non c'è più nessuno a passeggiare lungo il marciapiedi. I lampioni si sono spenti, come colpiti da un blackout fulminante, e anche le macchine parcheggiate sul ciglio della strada sono sparite.

Ci siamo solo noi e le nostre ombre.

Accelero il passo e raggiungo il resto del gruppo, che cammina a testa china verso i nostri furgoni. Nessuno osa dire una parola, al punto da farmi pensare che non stiano nemmeno respirando.

«Ragazzi... Potreste andare più piano?» li prego, arrancando sulle gambe «Non riesco a starvi dietro con questo dolore al fianco.»

Le mie parole si diffondono nell'aria con una sorta di strano eco, ma loro sembrano non sentirmi. O forse mi stanno semplicemente evitando. Persino Jared, che è il più distante e capeggia il gruppo.

Sospiro e mi sforzo ad andare più veloce, nonostante le fitte di dolore all'anca. «Ragazzi, per favore...»

Faccio un passo verso Nolan, che cammina dandomi le spalle. Cerco di afferrargli la spalla per farlo rallentare, ma qualcosa si frappone tra me e lui. Qualcosa che casca dal cielo e atterra con un tonfo sordo davanti ai miei occhi.

Spalanco la bocca per urlare, ma mi accorgo che non riesco a spiccicare nemmeno una parola. Il corpo che è atterrato sull'asfalto del parcheggio me le ha tolte tutte, dalla prima all'ultima.

«Oddio...» farfuglio, scattando indietro istintivamente. Mi porto le mani sulle labbra e soffoco un gemito disperato. Vorrei chiudere gli occhi, ma non ce la faccio. L'immagine che ho di fronte è troppo forte da farmi distogliere lo sguardo «No, ti prego, no..

Nolan si ferma e guarda il corpo piombato sul cemento. Sospira e scuote la testa, prima di voltarmi le spalle e riprendere a camminare. «Lo sapevo che sarebbe finita così» si limita a dire.

Io sbatto le palpebre, inorridita dal suo comportamento, e mi getto a terra. «Nolan! Nolan, torna qui! Aiutami!» grido disperata. Sento di nuovo le lacrime pizzicarmi gli occhi ma mi trattengo «Jared! Janise! Per favore, tornate indietro! Possiamo... possiamo ancora salvarla!»

Abbasso il volto verso il corpo della mia migliore amica e inizio a singhiozzare: Paige è volata dal cielo, come un uccello a cui sono state recise le ali. È caduta giù da uno dei piani dell'hotel e adesso è sdraiata sull'asfalto freddo, avvolta in una pozza di sangue scuro.

«Muoviti, Abby. È troppo tardi per lei» mi comunica con freddezza Janise. Si stanno allontanando sempre di più da me.

«Lo sapevo che sarebbe finita così» ripete Nolan, come un disco rotto.

Il mio sospiro trema, mentre afferro il volto di Paige tra le mie mani e provo a cancellarle le righe di sangue che le colano dal naso e da un angolo della bocca. «No... Ti prego, no, no, no...» provo ad avvicinare il mio viso al suo per verificare che respiri ancora, ma non sento nulla. Nemmeno la sua gabbia toracica si muove più «Respira, P. Per favore, respira!»

Hybrid - L'EsperimentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora