35. Domande.

9.7K 669 124
                                    


Jared. 


L'ala della Caserma riservata agli insegnanti si trova nel lato opposto rispetto a quella degli studenti ed è decisamente più intima e ridimensionata. C'è un unico e lungo corridoio, che vede da un lato le stanze degli uomini e dall'altro quello delle donne.

Sono le undici di sera passate, quando mi fermo di fronte alla porta del piccolo monolocale di mia madre. Dallo spiraglio della soglia, trapassa un filo di luce azzurrognola e in sottofondo vibrano delle calde note di musica classica. Di sicuro, non sta dormendo. Anzi, sono piuttosto certo che sia impegnata in qualche sua stramba attività serale.

Sorrido all'idea e busso sulla superficie di legno. Il volume della musica diminuisce, fino ad arrivare a un livello quasi impercettibile. Poi, il rumore di passi increscente verso la porta. La maniglia si abbassa senza fare rumore e dopo qualche secondo mi trovo davanti la faccia un po' confusa di mia madre. Mi sta fissando come se non si aspettasse una mia visita. Per un attimo, un'ombra le oscura il volto, che si vela di paura.

«Jared? Oh, è successo qualcosa a...?» domanda, con il cuore alla gola. Si porta una mano sul collo e mi fissa, con gli occhi sbarrati, stanchi ma vispi.

Mi sbrigo a scuotere la testa. «Janise sta bene, mamma. Non è successo nulla, sta' tranquilla.»

Lei esala un sospiro di sollievo e chiude gli occhi. «Grazie al cielo. Mi hai fatto prendere un accidente» sospira di nuovo, stavolta più a lungo e in maniera più rilassata «Cosa... allora cosa ci fai qui, tesoro? A quest'ora della sera, poi?»

Sorrido per cercare di infonderle un po' più di calma. Le indico l'interno dell'appartamento. «Posso entrare o ti disturbo?»

«No, certo che no. Stavo solo leggendo un libro. Ho passato tutto il pomeriggio a correggere dei test e avevo davvero bisogno di svagare la mente» mi spiega, scansandosi dagli stipiti «Accomodati.»

La seguo nella stanza, che è sempre così calorosa e familiare, e mi siedo direttamente su una delle due poltrone in pelle, di fronte a un caminetto in mattonato. Mia madre si accomoda di fronte a me e poggia le mani in grembo, mentre mi scruta con attenzione.

«Hai mangiato? Ti vedo pallido, Jared» mi rimprovera.

«Sono tornato da poco dal turno di ronda, mamma. Non ho avuto tempo per cenare. Ma non preoccuparti. Ho del cibo avanzato in camera.»

«Non dovresti trascurati così, lo sai. Devi mangiare e riposarti... Non sei invincibile, per quanto David cerchi di inculcarti questa malsana idea nella testa.»

«Mamma, non sono venuto qui per questo» la interrompo a metà predica, alzando gli occhi sul suo volto, preoccupato.

Lei si immobilizza e inclina la testa. «Oh. Lo immaginavo, sai? Quando c'è qualcosa che ti turba, si vede da un miglio» sorride, anche se non lo fa in maniera convincente. Il suo tono è ancora circospetto «Qual è il problema, allora?»

Mi irrigidisco sulla poltrona e afferro i braccioli usurati dal tempo. Ho paura di inoltrarmi in questo discorso, ma se c'è una persona che può darmi delucidazioni, questa è mia madre.

«Ecco, nessun problema, in realtà...» inizio, tentennando «È solo una curiosità, la mia. Pura conoscenza personale.»

«Ti ascolto.»

Mi schiarisco la voce e abbasso gli occhi sul camino, che ha all'interno i residui di un ciocco di legna bruciata. «Tu e papà vi siete innamorati l'uno dell'altra da giovani. Questo è ciò che hai sempre raccontato a me e Janise. Ci dicevi che era l'uomo fatto per te, sotto qualsiasi punto di vista. Lo amavi e, più volte, hai puntualizzato che il vostro fosse un legame solido, unito» rifletto un momento sulle mie stesse parole, poi torno a guardarla «Insomma, un eclatante caso di Iunctura. Uno dei più rari e puri della Caserma. Non è così?»

Hybrid - L'EsperimentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora