15. Rimozione forzata

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HUNTER

Il signor Theodore Ross era un uomo vecchio e robusto, privo di capelli e alto a malapena quanto Eleanor, con due occhietti piccoli e scuri che mi ricordavano quelli di un capibara.

Il signor Ross somigliava in effetti a un capibara, con quel naso enorme a occupare gran parte del viso grassoccio.

Non aveva smesso un solo istante di fumare quel dannato sigaro che faceva dondolare tra le dita piccole e paffute, e la stanza in cui ci trovavamo era ormai invasa da una coltre grigiastra e dall'odore sgradevole.

«Quindi tu sei il figlio del famigerato Bill Hawthorne», disse, mentre faceva scorrere quegli occhietti su Eleanor.

Perché era ciò che aveva fatto per tutto il tempo: guardare lei. Anche mentre era palese che stesse parlando con me. Eleanor era seduta lontana da me, dall'altro capo del lungo tavolo ovale, con la schiena dritta e i capelli lasciati sciolti che le solleticavano il collo e il viso.

«Sì», risposi. «Ora, sappiamo che lei chiede sei milioni per l'edificio.»

Il signor Ross annuì, senza staccare gli occhi di dosso da Eleanor. Cominciava a innervosirmi. Non perché non stesse assolutamente prestando attenzione a me, ma per il modo in cui la guardava. C'era un concentrato di cose irripetibili nel suo sguardo, e la fissava come se lei fosse una bistecca succulenta e lui un predatore affamato.

Se mio padre non avesse voluto a tutti i costi quel dannato edificio, gli avrei già mollato un pugno con l'intento di rompergli il setto nasale.

«Sì, voglio sei milioni. E non ho intenzione di contrattare.»

«L'immobile però è stato costruito negli anni settanta e necessita di un massiccio lavoro di ristrutturazione», obiettai.

Prese un altro tiro di sigaro e buttò fuori il fumo, che si aggiunse alla nuvola grigia che incombeva sulle nostre teste. «Sei milioni», ripeté. «Questa è la mia richiesta.»

Non avrei mai accettato, nemmeno se mio padre non mi avesse proibito categoricamente di farlo. Il signor Ross aveva fatto fare un breve giro dell'immobile a me ed Eleanor prima di farci accomodare in quella stanza spoglia e malmessa che odorava di umidità e di vecchio, e già da una prima occhiata avevo capito il motivo per cui mio padre non avrebbe mai sborsato la cifra richiesta. Avevo però intuito perché lo volesse così tanto: si trovava in una zona residenziale, poco lontano dalla spiaggia e da tutti i servizi di prima necessità. Probabilmente ci avrebbe ricavato un paio di appartamenti di lusso, come era suo solito.

«Le offriamo un milione, signor Ross», dissi.

Il faccione dell'uomo si contrasse in una smorfia. «Un milione per questo gioiellino? Non ci penso nemmeno.»

«Possiamo facilmente arrivare al milione e mezzo.»

Scosse la testa. «Assolutamente no.»

«Non offriremo sei milioni per questo vecchio rudere.»

La mia affermazione lo fece diventare paonazzo. Eleanor mi scoccò un'occhiataccia dall'altra parte del tavolo, che ignorai.

«Come ti...»

«Signor Ross, scusi se la interrompo», intervenne Eleanor. Quel viscido riportò l'attenzione su di lei e cambiò subito espressione. La voglia di dargli un pungo divenne più impellente. Avrebbe potuto facilmente essere sua nipote.

«Nessun problema, cara. Dimmi pure», rispose lui con il tono affabile e con un sorrisino ambiguo.

Due bottoncini della camicia di Eleanor erano sbottonati, non si vedeva nemmeno l'ombra della scollatura, eppure lui puntò i suoi occhietti piccoli e orribili proprio lì. Strinsi le mani a pugno nel tentativo di non lasciar vincere l'istinto.

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