28. Vieni a prendermi

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HUNTER

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HUNTER

Avevo sempre voluto dei fratelli.
Da piccolo, quando osservavo i figli dei miei vicini giocare con i loro fratelli e sorelle mentre io avevo solo una valanga di tate che si susseguivano una dopo l'altra perché tutte incapaci di gestirmi dato che ero un bambino abbastanza vivace, la consapevolezza di essere figlio unico era sufficiente a rabbuiarmi come poche altre cose.

All'arrivo di Damian ero il bambino più contento del mondo. Sul serio, passavo un sacco di notti a guardarlo dormire, promettendogli che mi sarei preso per sempre cura di lui. Ed era ancora in fasce, quindi non capiva un cazzo delle mie parole, eppure io ero convinto che avrebbe compreso quell'amore smisurato che provavo per lui.

Poi era stato il turno di James a completare il bel quadretto familiare che a quel tempo ritenevo ancora felice, e avevo chiesto a mia madre e a mio padre di smettere di sfornare maschi perché volevo una sorella, che purtroppo non era mai arrivata.

Ero convinto di aver fatto tutto il necessario per i miei fratelli. Li avevo difesi quando si era presentato il bisogno di farlo, avevo insegnato loro a scrivere e a leggere, e gli concedevo perfino di nascondersi a casa mia quando si ubriacavano e non volevano che nostra madre li vedesse in quelle condizioni, dato che si sarebbe arrabbiata parecchio. Avevo perfino coperto alcune delle loro scorribande, giusto perché, essendo il maggiore, mi sentivo in dovere di farlo.

In quel momento, però, li avrei voluti lanciare in acqua e riempire di pugni. Tutti e due.

A quanto pareva, però, ero l'unico a non trovare divertente quella situazione. Kim, Alyssa, Candice ed Eleanor avevano fatto gruppo con la maggior parte delle ragazze e, accomodate a bordo piscina, parlottavano tra loro di cose che nemmeno volevo ascoltare, mentre noi uomini ce ne stavamo dall'altra parte e, birra alla mano, le guardavamo e basta.
A parte James e Damian, ovviamente, che si stavano intrattenendo con due delle ragazze, poco lontano da noi.

Zade era riuscito a recuperare Nikita – l'aveva trovata appollaiata su uno dei divanetti della sala cinema in fondo alla casa – e se la teneva in braccio mentre l'accarezzava.

Quella che doveva essere una giornata innocua con lo scopo di mettere Eleanor con le spalle al muro mi si era ritorta contro in un battito di ciglia, ma dovetti ammettere che vederla fronteggiare quell'uomo poco raccomandabile dalla sua stazza minuta e con la sua vocina acuta, aveva reso quell'esperienza qualcosa di surreale.

Ed era stata perfino una scenetta divertente, mio malgrado.

«Ha proprio un bel caratterino», commentò d'un tratto Malcom, ed ero certo che stesse parlando di Eleanor senza neanche accertarmi dove fosse rivolta la sua attenzione.

«Lo so», tagliai corto.

Non mi sarei nemmeno dovuto eccitare ripensando al modo in cui aveva affrontato quell'uomo, era qualcosa di malato, eppure fu proprio ciò che accadde, mentre la guardavo che rideva per qualcosa che una delle ragazze aveva detto.

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