31. Tentazione

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ELEANOR

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ELEANOR

Mi sentivo oppressa da uno strano calore. Fu probabilmente quello a farmi sbarrare le palpebre, e impiegai qualche istante per abituare la vista a quella luce accecante che aveva invaso la camera nella quale mi trovavo. Spostai lo sguardo verso la vetrata. Stava ancora nevicando, ma probabilmente la bufera si era placata poiché i piccoli fiocchi bianchi volteggiavano tranquilli sullo sfondo blu dell'oceano.

Provai a sgranchirmi il collo irrigidito, però mi accorsi di non riuscire a muovermi a dovere poiché ero bloccata da qualcosa.

Un respiro che non mi apparteneva mi scivolò sulla nuca e cercai di voltarmi, ma qualcosa mi teneva inchiodata su un fianco al materasso in quella posizione quasi fetale.

In quel momento, mi ricordai di non essere sola.
Hunter mi teneva ferma al centro del letto, un braccio attorno al mio stomaco e l'altro infilato sotto il mio collo, motivo per il quale mi sentivo più indolenzita del solito. Il suo torace era premuto sulla mia schiena, ed era talmente vicino che i suoi capelli mi solleticavano un orecchio.

Ero sorpresa che non fosse andato via mentre dormivo. Avevo creduto che sarebbe scappato non appena mi fossi addormentata, dato che non aveva condiviso il letto con me nemmeno quando avevamo fatto sesso.
Tuttavia, per quanto non mi dispiacesse rimanere così, avevo l'impellente necessità di andare in bagno e svuotare la vescica. Così, gli accerchiai un polso con le dita e provai a spostare almeno il braccio che mi stava circondando il ventre, ma Hunter grugnì qualcosa di incomprensibile e rafforzò la presa, spezzandomi il respiro.

Non volevo svegliarlo, ma la vescica piena che minacciava di scoppiare da un momento all'altro era più importante del suo sonno.

«Hunter...» lo richiamai allora. Facevo perfino fatica a respirare, stretta in quella gabbia di muscoli. «Hunter, devo fare pipì.»

Non servì a nulla. Non si mosse e non si svegliò. L'istinto mi suggerì di provare con una gomitata, però forse sarebbe stata un po' troppo.

«Hunter, levati di dosso. Ti prego», mugugnai, e presi a muovermi tra le sue braccia per cercare di sgusciare fuori.

All'improvviso, si spostò e mi lasciò finalmente libera.
«Ma che cosa...» Lo sentii farfugliare, quindi rotolai sull'altro fianco per guardarlo. Aveva la fronte corrucciata e batteva velocemente le palpebre, con i capelli mossi scompigliati e gli occhi rischiariti dall'annebbiamento dal sonno. Ebbi la sensazione che fosse disorientato e sorpreso in egual misura. Il suo sguardo inchiodò su di me, e non fui capace di decifrare il motivo per cui le sue pupille furono attraversate da un lampo di sconfitta.

«Eleanor.»

La sua voce, ancora più arrocchita del solito, mi provocò una vergognosa scarica di brividi.

«Hunter», lo imitai.

Uno sbuffo gli ruzzolò fuori dalle labbra.
«Merda.»

Mi accigliai. «Ah... be', okay. Grazie.»

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